Ugo Mulas, a Palazzo Reale la retrospettiva di un “fotografo totale”

“Ugo Mulas è stato un punto di riferimento fondamentale per mettere a fuoco le modalità espressive di un linguaggio “ambiguo” che, allora, doveva ancora trovare un posizionamento tra mestiere e arte: da una parte i processi di documentazione e racconto tipici del reportage, dall’altra l’autonomia autoriale riconosciuta agli artisti”. Da queste parole di Denis Curti, curatore con Alberto Salvadori della mostra “UGO MULAS, L’OPERAZIONE FOTOGGRAFICA“, partirei con un’analisi dell’ampia e dettagliata retrospettiva che Milano dedica a uno dei suoi più importanti artisti nelle sale di Palazzo Reale, in mostra fino al 2 febbraio 2025.

Ugo Mulas, in effetti, è stato forse il vero anello di congiunzione di questo dualismo, addirittura superandolo attraverso una caleidoscopica capacità di unire diversi ambiti in una narrazione unica, che la mostra ripercorre in 14 sezioni organizzate sotto l’emblematico titolo L’operazione fotografica. Oltre 300 immagini, documenti, libri, varie pubblicazioni e filmati, sono solo una sintesi dell’excursus su quella “qualità umana” di cui questo geniale autore è stato alla continua ricerca durante la sua breve ma intensa carriera. 

Un “narratore del mondo generoso, inclusivo, sperimentatore, fintamente perplesso, ma solo per lasciare spazio a nuovi sentimenti” lo definisce ancora Curti, ben oltre il suo essere fotografo di arte e artisti. Tra i primi a percepire il sostanziale cambiando di pelle della produzione artistica del suo tempo, Mulas ama contraddire una ad una le regole della fotografia pur essendone grande conoscitore.

Ugo Mulas Roy Lichtenstein New York 1964

La sua predilezione verso l’imperfezione fotografica non è solo una cifra stilistica che lo rende riconoscibile, ma un approccio verso la vita e verso il tempo che scorre in fotografia diversamente rispetto a tutti gli altri ambiti dell’arte come la letteratura e il cinema, una “dimensione astratta”, la definisce lo stesso Mulas, anticipando quel modo di essere e leggere la realtà dei giorni nostri. Nella serie Verifiche, progetto del 1968 che apre la mostra, è la fotografia stessa il soggetto, in una sperimentazione in cui le immagini creano se stesse in “fotografie non fotografie” che rappresentano uno dei più celebri tentativi di fotografia concettuale, dove l’idea prevale su tutto, dove non vi è ricerca dell’effetto, priva di alcun compiacimento.

Unitamente alle Verifiche sono esposti anche gli studi che le precedono, a formare un vero e proprio testamento che ancora oggi ci fornisce le chiavi di lettura per entrare nell’universo estetico e concettuale di Mulas, tanto importante da ispirare lo stesso titolo di questa approfondita mostra che lo riguarda: “Operazione fotografica”, appunto.

Foto Giorgio Galimberti

Lungo il percorso espositivo si ripercorre l’intera produzione di Ugo Mulas: dal teatro alla moda, dai ritratti di artisti internazionali, protagonisti della Pop Art americana, a quelli di intellettuali, architetti e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo tra i quali, per citarne solo alcuni: Dino Buzzati, Giorgio de Chirico, Marcel Duchamp, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Arthur Miller, Eugenio Montale, Louise Nevelson, Salvatore Quasimodo, Giorgio Strehler e Andy Warhol, ritratto nella sua Factory di New York. 

Ugo Mulas_Edie Sedgwick e Andy Warhol_New York_1964

I più celebri artisti del suo tempo avrebbero fatto carte false per essere ritratti da Mulas, il quale meglio di chiunque altro era in grado, in quel momento storico, di coglierne l’essenza. Celebre e particolarmente interessante è la sua “ricostruzione” studiata a tavolino con Lucio Fontana del processo creativo delle Attese, in una sequenza fotografica che, nonostante la loro apparente spontaneità, è uno dei più nobili esempi di dichiarata “messa in scena d’autore”, in quanto Fontana non avrebbe mai potuto realizzare un’Attesa a favore di obiettivo, ne sarebbe stato sminuito il concetto filosofico e spaziale alla base: “Ho bisogno di molta concentrazione. Cioè, non è che entro in studio, mi levo la giacca, e trac! faccio tre o quattro tagli. No, a volte la tela la lascio lì appesa per delle settimane prima di essere sicuro di cosa ne farò, e solo quando mi sento sicuro, parto, ed è raro che sciupi una tela; devo proprio sentirmi in forma per fare queste cose” (Lucio Fontana, tratto da Ugo Mulas. La scena dell’arte, 2007). 

Da qui la ricostruzione del processo che scatto dopo scatto, pur essendo finzione, rappresenta sicuramente una delle più efficaci documentazioni visive dell’opera di Fontana.  

Ugo Mulas_Lucio Fontana_L’Attesa_Milano_1964

Non mancano poi importanti protagonisti del design, dell’architettura e dell’arte del secondo Novecento, legati alla città di Milano, tra i quali Gae Aulenti, Giulio Castelli, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Vittorio Gregotti, Bruno Munari, Gio Ponti, Ettore Sottsass, e diverse immagini dell’artista Fausto Melotti, scultore, affezionato amico di Ugo Mulas, cui è dedicata un’intera sezione. 

“Con Mulas non si registra mai il desiderio del possesso del soggetto da trasformare in oggetto simbolicamente posseduto. Non esiste in Ugo Mulas nessuna forma di vanità. Ciò che veramente importa non è tanto l’attimo privilegiato, quanto individuare una propria realtà; dopo di che, tutti gli attimi più o meno si equivalgono”, sostiene Alberto Salvadori.

Nel suo affrontare temi diversi, dalle varie città visitate fino al nudo e ai gioielli, la mostra dedica ampio spazio al profondo legame di Mulas con la città di Milano offrendo ai visitatori la possibilità di immergersi nel prezioso contributo alla comprensione della storia culturale e artistica del capoluogo lombardo nel secondo Novecento, del suo fervore economico e sociale, come testimoniano i primissimi scatti del 1953 del quartiere di Brera e del celebre bar Jamaica, luogo di incontro di straordinarie personalità come Piero Manzoni o Luciano Bianciardi, o le fotografie delle periferie, della stazione Centrale, dei dormitori e dei momenti quotidiani. 

Ugo Mulas_Bar Jamaica_Milano_1953-1954

A questo viscerale legame è dedicata l’iniziativa diffusa Ugo Mulas in città, nata dalla collaborazione di Marsilio Arte (editore del catalogo della mostra) e la città, con l’obiettivo di raccontare e celebrare il lavoro di Mulas attraverso l’esposizione delle sue opere nei luoghi, nei musei e nelle istituzioni significative per il suo percorso biografico e artistico. Ne nasce un ampio circuito museale tra la Pinacoteca di Brera, Palazzo Citterio, il Museo del Novecento, Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, Museo Poldi Pezzoli e la Fondazione Marconi che ospiteranno una selezione di fotografie di Ugo Mulas, proponendo un itinerario intellettuale che ripercorre e unisce i luoghi fondamentali per la ricerca artistica di questo “fotografo totale”. 

Una mostra ricca, complessa e articolata in più location, che prevede un impegno sicuramente maggiore rispetto ad una comune mostra retrospettiva, ma assolutamente da non perdere.

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