Un artista senza limiti. Jean Cocteau alla Collezione Peggy Guggenheim

Cineasta, pubblicitario, romanziere e drammaturgo. Ma anche pittore, abile disegnatore, amante della musica e della poesia, designer di gioielli e abile creatore nelle arti applicate. 

Jean Cocteau. La rivincita del giocoliere, a cura di Kenneth E. Silver, con 150 lavori esposti si propone come la prima retrospettiva in Italia dedicata all’artista, mostra che è ospitata negli spazi della Collezione Peggy Guggenheim a Venezia fino al 16 settembre.

<strong>© Photo Matteo De Fina<strong>

Un giocoliere senza paura e senza limiti, capace di interpretare la complessità del suo secolo, il Novecento, come un equilibrista in grado di reggere insieme le diverse possibilità di espressione, senza risparmiarsi e, soprattutto, senza censurarsi sia nell’atto creativo sia nella vita. Jean Maurice Eugène Clément Cocteau nasce in Francia nel 1889 e diventa un uomo chiave della sua contemporaneità, con le contraddizioni, le nuove libertà e gli eccessi che lo hanno contraddistinto e al contempo, lo hanno segnato negativamente dalla critica.

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La mostra si colloca perfettamente nel contesto della Collezione Peggy Guggenheim essendo Cocteau il primo artista presentato dalla mecenate americana nella sua carriera di espositrice. Peggy infatti, su suggerimento di Marcel Duchamp espose dei disegni di Cocteau alla sua prima mostra a Londra nel 1938. Da allora nacque una stretta amicizia tra la Guggenheim e l’artista, tanto che per lungo tempo egli sarà ospite a Palazzo Venier dei Leoni a Venezia dove, inoltre, innamorato della città, frequenterà la Mostra del Cinema e la Fucina degli Angeli. 

Abile disegnatore ed illustratore, Cocteau viene accusato di copiare nei suoi disegni Picasso e Matisse, nonostante siano evidenti nei suoi lavori i rimandi oltre che al Cubismo anche al Surrealismo e al Dadaismo. Il percorso espositivo della mostra si articola percorrendo i temi della sua opera artistica: il legame con la figura mitologica di Orfeo e con la poesia, il classicismo e l’eros, l’amicizia con Peggy, il cinema e il design, la moda, i gioielli e le arti applicate. 

<strong>© Photo Matteo De Fina<strong>

Attraverso un’attenta selezione, il curatore ha cercato di dare spazio a tutti gli ambiti creativi vissuti dall’autore. Si racconta Cocteau attraverso le sue opere, dunque, e non partendo dal già detto o da un’ideologia storica già preesistente sull’artista.

Si impegna sin da subito verso il raggiungimento dell’ideale del «racconto poetico», uno stile che rispondeva al gusto della sua epoca, insieme all’interesse per i miti classici e per il simbolismo surrealista. Dopo il debutto come poeta ed un primo periodo di vicinanza alle avanguardie, Cocteau si ispira ai classici, riscrivendo le grandi tragedie di Sofocle come Antigone e Edipo re, tra 1922 e 1925. Nasce poi la pièce Orphée (Orfeo) del 1927, l’analisi del mito classico dal punto di vista della psicoanalisi, in cui l’artista si sperimenta con le parole giocando con l’ironia e con un linguaggio onirico. 

<strong>© Photo Matteo De Fina<strong>

Nel contesto dei salotti borghesi parigini, Cocteau si contraddistingue per la sua spregiudicatezza e grande libertà d’espressione. Gravitano attorno a lui artisti come Josephine Baker, Coco Chanel, Sergej Djagilev, Edith Piaf, Pablo Picasso e Tristan Tzara. Tuttavia, la sua dipendenza dall’oppio e la sua omosessualità, oltre che le sue molteplici sfaccettature in campo artistico, lo pregiudicano.  Cocteau si incarna quindi nelle contraddizioni di un’epoca che lascia intravedere modernizzazione, libertà ma anche eccessi e pregiudizi bigotti. 

In mostra è presente anche il disegno oltraggioso che fu oggetto di sequestro dalla dogana britannica proprio durante la prima mostra organizzata a Londra da Peggy Guggenheim con il supporto di Duchamp. È la stessa Guggenheim nel suo libro di memorie Una vita per l’arte che racconta l’accaduto. A causa della “spregiudicatezza” del soggetto, un ritratto dell’attore Jean Marais che compariva con i peli del pube scoperti, gli ufficiali britannici costrinsero la collezionista ad esporre l’opera solo all’interno del suo ufficio in galleria. Successivamente il disegno venne portato nella sede veneziana della collezione della Guggenheim per poi essere. venduta e donata al Phoenix Art museum in Arizona. 

© Photo Matteo De Fina

La volontà di riesporre oggi alla Collezione Peggy Guggenheim proprio questo disegno, La Peur donnant les ailes au courage (La paura dona le ali al coraggio), è testimonianza ancor più incisiva della volontà di raccontare tutte le vicende che hanno coinvolto questo artista poliedrico e provocatore.

Nel percorso finale dell’esposizione, dopo le sale dedicate ai manifesti pubblicitari e cinematografici, una sezione è dedicata ai gioielli disegnati da Cocteau, in particolare per Schiapparelli e, soprattutto, per Cartier, con l’esposizione de La spada d’Accademico di Jean Cocteau (1955) realizzata per lui a partire da un suo disegno. 

La spada è un vero e proprio gioiello: oro e argento, con smeraldi, rubini, diamanti, avorio (in origine), onice e smalto che racchiudono il profilo di Orfeo, simbolo della ricerca artistica dell’artista, insieme alla lira e una stella, anch’esse ricorrenti nelle sue opere. Il lussuosissimo oggetto, oltre che un valore economico e artistico ha anche un valore storico, poiché venne utilizzata nel 1955 per il conferimento a Cocteau del titolo di Accademico di Francia.

Da questa retrospettiva veneziana si evidenzia quindi l’omaggio doveroso a Jean Cocteau, finalmente libero da pregiudizi e censure, in cui l’autore viene raccontato al pubblico in tutta la sua eclettica personalità. Attraverso la sua ricchissima e variegata produzione artistica vengono carpiti anche gli aspetti più umani, contraddittori e per questo, incredibilmente contemporanei dell’enfant terrible del secolo scorso.

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