Vincenzo Profeta, dalla “Palermo male” alla favola punk color “Viola”. Tra interviste al Messia e amori impossibili

Vincenzo Profeta, già membro, assieme a Marco Leone Barone, del Laboratorio Saccardi, sarà ospite questa sera alla Casa degli Artisti di Milano di Corso Garibaldi 89 alle h.18 per presentare il suo ultimo romanzo, “Viola” (Gog Edizioni). A seguire, la recensione del libro di Paolo Sciortino.

Viola è una storia d’amore bestiale. La Bestia incombe come autore implicito, presenza immanente in ogni scrittore siciliano, ma esplicitamente evocata, anzitutto strutturalmente, dall’editore del romanzo, Gog Edizioni, e poi singolarmente, dall’autore, Vincenzo Profeta, alla terza prova letteraria (dopo B.R. Ammazzate Banksy e La Palermo male), in nome e per conto di tutti gli altri.  “Siamo tutti la Sicilia di qualcuno”, minaccia infatti con portento l’io narrante – che fa da connettivo intertestuale alla terza persona che agisce nel libro – a un certo punto della trama.

Profeta approda finalmente al romanzo, dai gradi precedenti di scrittura che salivano dal saggismo critico artistico e culturale al pamphlet socio letterario, con una prova di scrittura che proviene, come artatamente ispira il sottotitolo, “dal nulla”, ma che invece travolge il lettore in una panoplia frastornante, allegorica e concitata, devastante come la piena di una diga esplosa, lancinante come un assalto di cavallerie spettrali. Altro che “nulla”, è casomai un frammento di universo quello che deflagra per 233 pagine. Il fatto è che si tratta di un frammento ignoto, dunque dalle dimensioni e dalla portata energetica incalcolabile, quasi immane.

Vincenzo Profeta

Viola e Osvaldo (personaggi dai nomi classici, shakespeariani) chattano sfidandosi a morte in un gioco appassionatamente spietato, sfilano su binari paralleli di ragione e di cuore, ma pare che, come le rette geometriche appunto, non si incontrino mai davvero, se non all’incrocio di esclusivi punti di vista, sentimenti e visioni convergenti, introvabili, di solito, nella realtà, ma realizzati nel racconto sullo spunto, e nel rendiconto puntuale, reso anche graficamente nella forma del dialogo digitale, di esperienze reali.

L’amore tra Viola e Osvaldo è comparabile ai modelli di Abelardo ed Eloisa, ma con l’aggravante del sesso, o di Sartre e la De Beauvoir, ma senza l’alibi dell’esistenzialismo. Il loro non è un amore stilnovistico, ma vorrebbe esserlo. Insomma, non è l’amore ai tempi del colera, ma piuttosto ben peggio contaminato dal Moloch delle nuove pandemie invisibili. Tra questi due amanti si frappone la mancata soluzione infinita degli enigmi intellettuali e critici del nostro tempo che essi suscitano a vicenda nello scambio casuale, improvviso, e improvvisamente ogni volta interrotto, sul baratro della comprensione: Dio, Satana, gli omosessuali, le femministe, i climacatastrofisti, i neofascisti e gli intellettuali di sinistra, le ninfomani, i preti perversi e gli artisti diveschi, i criminali e i fanatici del corpo, l’amore, la libidine, la lussuria e la castità.

Viola e Osvaldo intraprendono un dibattimento mentale che defluisce in un’orgia di pensiero e desiderio, dove il pensiero, la materia mentale, la concione, sono essi stessi la forma del desiderio.

Tale processo, godibile letterariamente come prodotto riuscito, è percepito da chi legge in una martellante carburazione a doppio cilindro della scrittura, che attinge al flusso di coscienza e al discorso indiretto libero. La lingua non è diplomatica (e per fortuna), ma altissimamente colta, l’autore parla schietto (e, per grazia di Dio, con lo zampino del demonio), ma non scade mai nella rozzezza, né tantomeno nella banalità, il testo è diabolicamente fatato, scintilla negli incantesimi bluastro violacei (e per forza) di una cruda favola punk.

Tra Viola e Osvaldo poi, segnalazione indispensabile, si intromettono due microstorie, due metanarrazioni ad hoc, a rinsanguare quella vena splenetica, tipica di Profeta, che in tal modo somministra al libro intero dosi quasi soavi di esattezza letteraria: la triste e squallida vicenda di un amore lesbico profanato dalla violenza di un sacerdote nero del Covid, ma soprattutto, in chiusura, una esclusiva intervista al messia, imperdibile. Profeta scripsit.

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