Scopriamo qualcosa di più sull’avventuriero italiano Vittorio Sella, che a cavallo tra ‘800 e ‘900 si spinse ai confini del mondo conosciuto. Anche per quel che riguardava la sperimentazione in campo fotografico.
Nella seconda metà del 1800 la città di Biella non è una città di provincia piemontese come le altre. Le valli, le rive dei suoi torrenti, le pianure circostanti appaiono puntellate di ciminiere e stabilimenti. Biella sta diventando uno dei più importanti poli industriali per la lavorazione della lana in tutta Europa. E’ in questo clima di euforia economica e di grandissimo progresso industriale che nasce Vittorio Sella. Siamo nel 1859.
Anche la famiglia Sella non è una comune famiglia di provincia: risulta infatti occupare la posizione di vertice nella piramide economico/sociale del biellese.
Oggi nota per essere al comando dell’omonimo gruppo bancario fondato nel 1886, quando Vittorio nasce i Sella sono i principi dell’industria laniera italiana.
Figlio dell’industriale Giuseppe Venanzio, Vittorio è nipote del membro più celebre della casata, studiato da tutti noi sui libri di scuola per l’odiata “tassa sul pane” del 1869. Si tratta di Quintino Sella, tre volte volte ministro delle finanze del Regno d’Italia.
E’ proprio dallo zio che Vittorio eredita la passione per la montagna.
Poco interessato infatti alla vita politica ed imprenditoriale che coinvolgeva il resto dei membri maschili della famiglia, Vittorio ama trascorrere le giornate sui suoi monti, lontano dalla vita frenetica dell’industria biellese.
Giovanissimo raggiunge le più prestigiose vette del territorio nazionale, compiendo le ascese simbolo dell’alpinismo italiano quali il Cervino, il Monte Rosa ed il Monte Bianco.
Nei momenti di pausa trascorsi in città, i suoi racconti di montagna, di pericolosissime scalate di cascate di ghiaccio, le descrizioni di bufere di neve sulle creste innevate delle alpi e di ghiacciai vasti quanto grandi laghi, riempiono le sale del club alpino italiano ed emozionano i commensali di importanti cene di gala.
E’ allora che Vittorio Sella prende la decisione che cambierà radicalmente il corso della sua vita, facendolo diventare negli anni una leggenda. Utilizzare l’unica tecnologia allora disponibile, la fotografia, per mostrare al mondo le meraviglie che solo lui e pochi altri avventurieri avevano modo di ammirare dopo lunghissime e sfiancanti spedizioni in alta quota.
Le macchine fotografiche dell’epoca erano ingombranti ed estremamente fragili. Non ancora inventata la pellicola, le fotografie venivano impresse su pesanti e delicatissime lastre di vetro. Il trasporto dell’attrezzatura fotografica durante le spedizioni in territori remoti e selvaggi costituiva una grandissima sfida per l’avventuriero biellese.
Nonostante Sella studiò proprio a tal fine delle modifiche da applicare ai suoi zaini per portare con sé l’attrezzatura fotografica, gli scatti a disposizione per spedizioni di mesi non potevano che essere poche decine, data la dimensione delle lastre, ed il rischio di fallire nell’intento di realizzare fotografie ad alta quota era elevatissimo.
Vittorio Sella si spinse ai confini del mondo conosciuto, portando testimonianza visiva, attraverso le sue fotografie, di luoghi di cui l’uomo occidentale non aveva fino ad allora sentito che avventurose narrazioni, ai confini tra realtà e finzione.
Celebri le sue spedizioni nel Caucaso ed in Alaska, l’avventura in Uganda alla scoperta di popolazioni indigene, la scalata del monte Ruwenzori e l’esplorazione dei suoi ghiacciai, la spedizione in Himalaya e sul K2.
Leggendario il suo tentativo di ascesa del Cervino, culminato in un incidente, tentato all’età di 76 anni.
Vittorio Sella muore a Biella nel 1943.
Sella dedicò buona parte della vita al proprio miglioramento tecnico in campo fotografico. Rispetto ai suoi primi scatti, quelli dei primi decenni del ‘900 sono il risultato dello studio di anni fatto sulle prospettive, sul contrasto, sulle tonalità. Su alcune fotografie delle più recenti si notano addirittura esperimenti riusciti di post produzione fatti in camera oscura.
La sua collezione fotografica è oggi gestita dalla fondazione Sella di Biella. Importanti retrospettive dedicate all’artista si sono tenute in tutto il mondo, dalla GAM di Torino al Sierra Club in California.