Natale. Una parola che porta con sé profumi speziati e dolci, il calore delle coperte e quel bisogno di rallentare e godersi dei momenti di relax e, perché no, di grande cinema. Quindi, cosa c’è di meglio di un buon film per accompagnare quei momenti? Su Netflix si nascondono piccole e grandi meraviglie, opere imperdibili pronte a trasformare una serata qualunque in un’esperienza speciale. Ecco cinque film d’autore da vedere in questo periodo, ognuno capace di lasciarci qualcosa di prezioso.
Storia di un matrimonio, Noah Baumbach
Un viaggio emotivo, reso incredibilmente reale da Adam Driver e Scarlett Johansson. Noah Baumbach esplora il tema della famiglia disfunzionale come mai prima in Storia di un matrimonio, raggiungendo il culmine di una riflessione iniziata nei suoi precedenti film. Ciò che rende Storia di un matrimonio così autentico e capace di toccare corde universali è l’analisi minuziosa che Baumbach fa del processo di separazione. Inizialmente, i protagonisti vengono presentati come individui ammirevoli e positivi, ma con il procedere del racconto emerge il lato oscuro del divorzio, capace di trasformare anche le persone migliori.
Il regista mantiene uno sguardo empatico e mai giudicante, preferendo rappresentare la complessità del disfacimento di un legame piuttosto che stabilire colpe o ragioni. In questo, Storia di un matrimonio si rivela una rappresentazione intima e dolorosa della fine di un amore, ma anche della persistenza di un’affezione che, pur se nascosta sotto rancori e conflitti, non si spegne mai del tutto.
Roma, Alfonso Cuarón
Guardare Roma è come sfogliare un album di ricordi. Cuarón ci regala un ritratto di rara bellezza, in cui Cleo, la domestica di una famiglia borghese nella Città del Messico degli anni Settanta, diventa il cuore pulsante di una storia che intreccia intimità e storia collettiva. La fotografia in bianco e nero di Cuarón è straordinaria; Roma è un ritratto intimo di una città, di una classe sociale, di una famiglia, ma soprattutto di una donna.
Cleo, interpretata con struggente autenticità da Yalitza Aparicio, è il cuore pulsante del film. Attraverso il suo sguardo, viviamo un mondo di contrasti: la fragilità delle relazioni familiari si mescola alla forza silenziosa di chi si prende cura degli altri, mentre i rumori della vita privata si intrecciano con il fragore della storia pubblica, tra proteste e repressioni. Roma è un’esperienza cinematografica che abbraccia il minimalismo per raccontare qualcosa di monumentale. Cuarón ci ricorda che il cinema non ha bisogno di esplosioni o artifici per colpire al cuore: basta la semplicità di un dettaglio – un sussurro, un gesto, un riflesso nell’acqua – per rivelare la bellezza e il dolore della condizione umana.
Il potere del cane, Jane Campion
Ambientato in un paesaggio mozzafiato e desolato del Montana, il film di Jane Campion si articola come un dramma psicologico che, sotto l’apparenza di una storia western, esplora la tensione tra i protagonisti, intrappolati nelle loro passioni nascoste e nel loro orgoglio. Benedict Cumberbatch offre una performance straordinaria nei panni di Phil Burbank, un uomo tormentato e, allo stesso tempo, inquietante nella sua autorità.
L’opera si distingue per la sua capacità di esprimersi al meglio attraverso il silenzio, i dettagli, il contesto e il paesaggio, una condizione di angoscia esistenziale in cui ogni relazione è tesa, come la corda di un arco pronto a spezzarsi. La solitudine dei personaggi, l’effetto immersivo del romanzo di Thomas Savage, sono tangibili, e rendono l’opera una visione dolorosa, una riflessione sui limiti e le catene dell’amore.
El Conde, Pablo Larraín
Pablo Larraín, regista cileno noto per la sua capacità di smascherare le contraddizioni del potere e le ombre della storia, con El Conde ci conduce in un universo surreale e grottesco. In questo film, Larraín immagina Augusto Pinochet non come un dittatore decaduto, ma come un vampiro immortale, condannato a vagare per il mondo in un’eterna fame di sangue e ricchezza.
Con un’estetica che richiama il cinema espressionista e una narrazione che mescola satira politica e horror gotico, El Conde è un’allegoria feroce e irresistibilmente cinica sul potere e sull’eredità dei dittatori. Girato in un bianco e nero spettrale, il film è un’opera visivamente sbalorditiva, che utilizza il linguaggio del fantastico per raccontare verità storiche anche piuttosto dolorose. Larraín non si limita a condannare Pinochet, ma amplia il discorso verso una riflessione più ampia sulla complicità collettiva, sull’avidità e sulla corruzione morale che permettono a tali figure di prosperare.
Tár, Todd Field
Lydia Tár è una direttrice d’orchestra geniale, senza eguali. Tuttavia, sotto la patina del genio si cela un’umanità tormentata, un vortice di fragilità, ossessioni e paure. Cate Blanchett offre una performance che è insieme virtuosistica e profondamente umana, giocando su registri sottilissimi: ogni sguardo, ogni pausa, ogni gesto sembra trasmettere il peso insostenibile della sua ambizione. Tár si spinge oltre i confini della narrazione convenzionale per esplorare tematiche universali e profondamente attuali.
Al centro del film c’è una riflessione sul potere: il potere di creare, il potere di controllare e, soprattutto, il potere di distruggere. Lydia Tár è sia carnefice che vittima in questo gioco di potere e di poteri; ciò a cui noi assistiamo è un doloroso percorso di autodistruzione, personale e professionale. La dissoluzione di un mito, costretto tra genio e abuso, tra ambizione ed etica, tra arte e vita.