Feci d’artista è il progetto social che racconta il sistema dell’arte

“Feci d’artista” è il progetto di Eleonora Rebiscini che racconta il sistema dell’arte da un punto di vista giovane e digitale.

“Feci d’Artista” è la prima rubrica fatta dagli storici dell’arte per gli storici dell’arte: nasce su Instagram dall’idea di Eleonora Rebiscini di mettere in comunicazione i ragazzi che lavorano nel settore culturale e diffondere la consapevolezza che, nonostante i gravosi problemi in cui versa il sistema culturale italiano, c’è ancora speranza. Incuriositi da questo progetto abbiamo deciso di fare due chiacchiere con Eleonora, parlando non solo di arte, ma soprattutto delle prospettive che il digitale e i social media potranno offrire agli artisti e a tutti i professionisti del settore.

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Courtesy of Eleonora Rebiscini

Descrivi Eleonora in 3 punti.

Prima di tutto sono una storica dell’arte: ho sempre avuto il pallino per l’arte, fin dalle scuole medie. Prima pensavo che avrei dovuto fare l’artista a causa di una certa predisposizione al disegno. Poi ho capito che l’arte volevo studiarla. Ho una laurea magistrale e l’anno dopo ho vinto una borsa di studio per un Master di Economia dell’Arte e dei Beni Culturali.

Poi sono anche una digital marketer: non mi piace dire social media manager, perché lo trovo riduttivo verso i social media manager. Noi siamo un po’ tutto: sappiamo leggere i dati delle nostre campagne ads e soprattutto, sappiamo gestirle, siamo dei copywriter, abbiamo un certo occhio per scattare fotografie e girare video, siamo anche molto pazienti nel rispondere cordialmente alle domande dei followers, che spesso sono, o potrebbero essere, clienti. Tutto questo l’ho imparato lavorando durante gli anni dell’università – e anche dopo – per l’e-commerce dei miei genitori e oggi per i vari progetti che seguo.

Non so bene come definirmi, ma credo che il terzo aggettivo possa essere “divulgatrice”: sul mio account Instagram non parlo di arte, ma parlo agli esperti (o aspiranti tali) del settore culturale. Parlo di mercato dell’arte, di collezionismo, di lavoro nei beni culturali, di quello che succede spesso per noi che studiamo materie umanistiche all’università e ci sentiamo dire che dopo lavoreremo al Mc Donald’s. In questo contesto che è nato “Feci d’Artista”.

“Feci d’artista”: come nasce questo progetto e in cosa consiste?

Questo progetto nasce per caso: un giorno ho chiesto di fare un takeover a una mia amica. Vuol dire semplicemente che lei ha preso il mio telefono in mano e ha spiegato ai miei followers, con delle Instagram stories, la differenza fra “Exhibition Manager” e “Curatore”. Quella story ha scaturito molta curiosità: in molti non conoscevano l’esistenza di questa figura professionale, effettivamente molto specifica e settoriale, e mi hanno chiesto se ne avessi altre da raccontare.

Da quel momento è nata la rubrica Feci d’Artista: dapprima sulle mie Instagram Stories, un appuntamento settimanale che avevo creato senza troppe pretese. Poi la rubrica è diventata una cosa a sé, anche per il suo taglio molto specifico, e oggi ha una pagina Instagram dedicata, con delle grafiche tutte sue. Su questo progetto adesso siamo in due, io e Marta Pianta, @martaplens su Instagram. Si sono succedute diverse persone su questa pagina e ne sono molto felice: la prima stagione si è conclusa con Jago, che ha dato sicuramente una grandissima voce a tutti noi del mondo dei beni culturali, al momento invece è in atto la seconda. Hanno già partecipato persone come Cristina Giopp, conosciuta come @thegirlinthegallery su Instagram e 2 giovani imprenditori che hanno dato vita a NowArc, un marketplace di antiquariato e modernariato.

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Courtesy of Eleonora Rebiscini

 

Un tuo parere sul ruolo del digitale nel futuro dell’arte e delle sue professioni.

Io credo che il ruolo del digitale oggi sia fondamentale per noi che dal nostro settore stentiamo ad avere dei punti di riferimento: oggi è possibile aprire un marketplace di antiquariato e modernariato, come dicevo prima, di essere un artista noto grazie al proprio talento e al corretto utilizzo dei social, di essere una persona che divulga arte attraverso Instagram. Ho portato tre esempi che sono dentro Feci d’Artista, ma potrei continuare: non vorrei risultare pessimista, ma credo che il digitale, per noi giovani, rappresenti ad oggi l’unica strada percorribile per trovare velocemente un lavoro nel settore culturale. Per fortuna non ci sono barriere di accesso, cosa che invece succede spesso nei musei e nei vari concorsi per accedervi: non ci sono abbastanza soldi e quindi è tutto fermo, macchinoso.

Un tuo consiglio a chi vorrebbe intraprendere una carriera professionale nel mondo dell’arte.

Dipende molto dal ruolo che si vuole intraprendere. Ad oggi ritengo comunque che una buona comunicazione social serva anche per la propria brand identity: io, ad esempio, utilizzo Instagram anche per i miei clienti. E’ così che riesco a fare consulenze per gli artisti e per i piccoli business legati all’arte: alcuni mi contattano direttamente dal social, altri li incontro di persona ed è lì che mostro come lavoro grazie alla mia pagina, nella quale faccio vedere i miei dati insights e dimostro subito le mie capacità di relazionarmi con gli interlocutori, che posso insegnare anche a loro.

Ho fatto l’esempio su me stessa perché credo che ognuno di noi, quando esce dall’università, sia formato in qualcosa: basta dirlo con le dovute accortezze e Instagram può diventare il nostro biglietto da visita migliore. Siamo storici dell’arte, quindi l’occhio vuole la sua parte, ma siamo anche bravi a scrivere e a portare esempi concreti di quello che abbiamo studiato: ormai siamo tutti rintracciabili sui social, tanto vale usare a nostro vantaggio tutto questo. Un curatore indipendente ad esempio, o aspirante tale, potrebbe usare Instagram in modo attivo (ovvero come produttore di contenuti anziché fruitore): in questo modo potrebbe allargare il giro dei suoi contatti. Tutti noi passiamo molto tempo sui social: basta convertire questo tempo in un altro modo.

Un altro consiglio è iscriversi a Linkedin e imparare ad usarlo: questa piattaforma ti permette di trovare persone che non immagineresti mai cercandole per azienda o altri criteri molto interessanti. Non sai mai quello che può capitarti, e ad oggi ho stretto diverse amicizie interessanti.

 

 

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Perché i Millennials stanno cambiando il Mercato oggi, non domani↓ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ La generazione di Netflix e Amazon ha tutto a portata di mano. Non deve aspettare niente se non i tempi di consegna, può permettersi di scegliere la soluzione più vantaggiosa con una manciata di click. E’ la generazione che vede i prezzi ovunque, e li pretende anche in una Galleria d’Arte. 💥BOOM E’ questa la vera differenza, la principale, che esiste fra il collezionista di ieri e quello di oggi. La “price transparency” è una politica ancora poco diffusa in tutto il mondo, che secondo @artsy influisce positivamente sull’acquisto online nei maggiori Marketplace legati all’arte e negativamente nelle gallerie offline. I nuovi collezionisti possono essere raggiunti seguendo questi parametri: – spedizioni gratuite – prezzo visibile – transazioni online sicure ed immediate – accesso a tutto l’inventario della Galleria Qual è il problema allora? Che non è mai stato fatto, e come tutte le cose mai fatte, necessitano di tempo prima che possano realmente influire sullo stato attuale del mercato. Nel 2019, una Galleria ha investito in media 1300$ nella comunicazione sui Social Media, ma in pochi millennials hanno comprato effettivamente. Il motivo? Non c’erano sufficienti informazioni online a convincerli e a farli sentire sicuri del loro acquisti. In altre parole: non c’era un e-commerce. ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ Adesso ho una domanda per voi: siete mai entrati in una Galleria d’Arte che aveva i prezzi esposti accanto alle proprie opere❓ Io sì, ma ve ne parlerò un’altra volta. ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ Fonte: Report Artsy 2020 Location: @galeriasenda . 📸 by @instartstories . #galeriasenda #contemporaryart #barcelonagallery #talkingalleries #contemporaryart #modernart #artcollector #contemporaryartist #artexhibition #galleryart #artcontemporain #artcollectors #contemporaryartcurator #interiorart #artwatchers #artadvisor #artbuyers #artconsultant #artnow #contemporaryartwork #contemporaryartcollector #artcurators

Un post condiviso da Art Strategist (@eleonorarebiscini) in data:

Quest’anno hai partecipato a Barcellona a Talking Galleries, il noto appuntamento dedicato alla riflessione sul mondo e il mercato dell’arte internazionale. Cosa hai appreso sull’attuale situazione del sistema dell’arte?

Andare a Barcellona per me è stato molto terapeutico perché ho avuto la conferma di quanto letto in questi mesi dai nostri amici inglesi e americani: il mercato dell’arte cambierà inesorabilmente per una questione generazionale. I cosiddetti boomers hanno dei comportamenti d’acquisto che legittimano l’elitarismo e la mancanza di trasparenza delle gallerie: non ci sono informazioni online riguardo le opere, molto raramente in galleria si ha facile accesso ai prezzi delle opere d’arte – basti pensare che non vengono mai esposti e vengono inseriti in un listino prezzi su richiesta. Queste caratteristiche cozzano molto con noi millennials nel modo in cui percepiamo il mercato: prima di effettuare un acquisto siamo abituati a fare delle ricerche online, se non troviamo informazioni di base (prezzo, fotografie, caratteristiche principali) molto difficilmente ci scomoderemo ad arrivare fino in negozio, quando non abbiamo la possibilità di acquistare online.
Tutto questo si riverserà anche nell’arte molto presto: l’esperienza culturale tendiamo a farla in galleria durante il vernissage, ad una fiera d’arte o al museo, ma quando acquistiamo, vogliamo farlo comodamente dal nostro divano. In molti potranno dire che è una questione di comodità e di vezzi: potrà esserlo, ma se tutti i settori si stanno attivando su questi fronti (se non lo hanno già fatto), il mercato dell’arte è ancora molto indietro.

Si è parlato moltissimo anche della comunicazione social, che comincia a servire ai vari protagonisti del settore: molti collezionisti cominciano a cercare gli artisti direttamente su Instagram, a volte bypassando il gallerista. In questo senso le gallerie sono le più colpite dai nuovi sistemi ma anche quelle che possono dare vita ad un mercato migliore, se vogliono.

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Quando si parla di Social, si parla di numeri. Tutto ciò è sbagliato e svilisce il motivo per cui i social stessi sono nati: le persone. Coltivare relazioni nel tempo e fare in modo che diventino la tua rete di contatti nella vita reale: vale nell’arte come nella vita. @jago.artist ha usato Instagram in questo modo, e oggi comincia a vederne i risultati. Tu cosa ne pensi? Instagram è un buon trampolino di lancio per un artista? 💩🤳🏽 . . . . . . #eleonorarebiscini #fecidartista #progettazioneculturale #conlaculturasimangia #culturagenerale #merdadartista💩 #storiadellarte #economiadellarte #culturarte #marketart #jago #socialartist #scolpiscitestesso #sculpture #socialarte #artesocial

Un post condiviso da Feci D’Artista 💩 (@fecidartista) in data:

Due parole sull’importanza dei social media per la carriera di un artista.

Questo è un argomento controverso, su cui io stessa ho cambiato opinione nel corso del mio lavoro. Penso che il social serva sempre ad un artista, ma, a seconda del momento della sua carriera, deve essere declinato in maniera diversa: è fondamentale agli inizi, motivo per cui i miei clienti sono tutti molto giovani. All’inizio, infatti, il giovane artista ha bisogno di acquistare credibilità, mostrare il suo lavoro agli altri e farsi conoscere dalle persone giuste (non importa quanti followers hai, dico sempre ai miei artisti, quello che conta è avere quelli giusti). Nel momento in cui l’artista raggiunge un livello di carriera tale che, per fortuna, non avrà molto tempo da dedicare alla sua comunicazione, tendenzialmente si possono seguire due strade: si continua ad avere una strategia social molto personale, in cui le foto sono homemade e le instagram stories consentono un rapporto diretto con il pubblico, oppure si può passare ad un progetto più definito con dei professionisti accanto. Io sono sempre una grande fan del primo approccio, perché ritengo che ormai il social sia un’estensione della nostra vita e utilizzarlo in prima persona sia la cosa più giusta da fare, ma ho conosciuto tanti artisti terrorizzati dall’idea di dover dedicare il proprio tempo a qualcosa che non fosse la propria arte. Una posizione legittima e anche condivisibile, che è giusto che esista e che soprattutto, permette ai social media manager di crescere sempre di più!

Ci dai un’anticipazione sul prossimo ospite della rubrica “Feci d’artista”?

Cade proprio a pennello:  il prossimo ospite sarà un artista che ho avuto il piacere di conoscere qualche anno fa. Gli ho fatto la fatidica domanda: riesci a vendere le tue opere grazie ad Instagram? Vediamo cosa ci risponderà…

 

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