Si è da poco conclusa la mostra “Figures of Speech” presso la galleria aA29 project room che ha ragionato sul tema dell’intimità. Ecco l’intervista ai curatori.
Siamo nella galleria aA29 project room, nel cuore di Milano. I quattro artisti in mostra Clèment Bataille, Giovanni Copelli, Gianna Dispenza, Helena Minginowicz ragionano sul tema dell’intimità e sul concetto di comunicazione toccando corde fragili e profonde dell’essere umano. La mostra “Figures of Speech” è curata da Dobroslawa Nowak e Nicola Nitido con il sostegno dell’Istituto Adam Mickiewicz, Istituto Polacco a Roma, Consolato Generale della Repubblica di Polonia a Milano.
INTERVISTA AI CURATORI
Come avete scelto la tematica da affrontare nella mostra?
Dobroslawa Nowak:
Il mio interesse curatoriale nell’argomento centrale di questa mostra, ovvero l’intimità, e il suo successore, estimità, è una naturale continuazione delle mie ricerche curatoriali precedenti riferite alla psicologia e dinamiche sociali. Tuttavia, oserei dire che non abbiamo scelto questo tema, ma il tema ha scelto noi. Credo che gli artisti attraverso tutte le epoche storiche abbiano espresso i problemi più scottanti del loro presente, anche le questioni sottocutanee, mai diventate visibili sulle superfici delle società o analizzate in termini teorici. Mi piace pensare che tutte le opere d’arte create oggi, in maniera più o meno diretta, descrivano l’oggi, visto come la condizione della società. Credo, dunque, che il tema della mostra si sia presentato da solo, essendo il problema molto attuale che richiedeva l’approfondimento.
Nicola Nitido:
La scelta di questo tema è non solo in linea con le nostre pratiche curatoriali ma almeno per quanto mi riguarda si sente l’urgenza di voler raccontare cosa succede nel momento in cui le opere d’arte realizzate nello studio vengono date in pasto al pubblico. E non parlo solo di social media, ma di partorire un’opera e lasciarla per la fruizione del pubblico. Ci siamo dunque chiesti quale fosse il rapporto degli artisti con queste opere, se vi fosse l’intimità e laddove ve ne fosse, di che tipo fosse.
Qual è il dialogo che è nato tra gli artisti?
Dobroslawa Nowak:
Una gran parte delle opere esposte è stata prodotta quando gli artisti avevano già presente la nostra ricerca teoretica intorno alla mostra, ed è senza dubbio ciò che connette i lavori. Helena Minginowicz e Gianna Dispenza, per esempio, le cui opere erano esposte accanto nella prima sala, si esprimono con linguaggi diversi, ma i loro lavori rappresentano i pensieri comuni e prendono forme analoghe, che poi abbiamo facilmente intrecciato alla mostra. Nei termini espositivi, abbiamo deciso di progettare una mostra classica, per dare massima visibilità, carta bianca, alle opere stesse. Allo stesso tempo non abbiamo rinunciato ai piccoli intrighi curatoriali.
Nicola Nitido:
Abbiamo selezionato due artisti ciascuno, essendo due curatori, abbiamo pensato che la scelta di quattro artisti potesse essere consona ad uno spazio come quello di aA29. dovendosi confrontare con le varie pareti e punti luce, abbiamo cercato di mediare e di allestire le grandi opere strutturali di Copelli, con quelle di Bataille per esempio, più piccole e “innocenti”, meno invasive. Nella prima sala però, si ha un po’ la sensazione di essere coinvolti da tante figure retoriche, visto che è l’unica sala dove sono presenti i quattro artisti. Il fil rouge si può rintracciare nella pittura, medium che non smette mai di sorprendere.