Una mostra imperdibile, fino al 31 Agosto, con gli scatti di Guy Bourdin all’Armani Silos di Milano.
Gli scatti di Guy Bourdin, se fossimo in ambito letterario sarebbero dei racconti, potremmo paragonarli a delle porte che si aprono su un mondo che ignoravamo, capaci di mostrarci delle atmosfere intriganti che lasciano, a noi osservatori, tutta la libertà di immaginare le trame. Non c’è foto di Bourdin che non racconti qualcosa, non c’è scatto che non suggerisca quasi un romanzo giallo o noir, iniziato chissà come e che potrebbe non finire nella foto che stiamo osservando.
TRA HITCHCOCK, HOPPER E MAN RAY
Guy Bourdin amava Alfred Hitchcock e Edward Hopper e soprattutto era stato amico di Man Ray, e non sarà difficile, per chi visita la mostra, ritrovare quanto questi tre artisti abbiano ispirato molte delle foto esposte all’Armani Silos. Ma la maestria di questo artista è proprio nel riuscire sempre a sorprendere. Le foto in bianco e nero, quelle con i colori saturi, i contrasti ricreati, le composizioni con gli oggetti, i manichini e le modelle: ogni foto è una natura viva, tra il surreale e il sublime, in grado di stimolare il subconscio dello spettatore e la sua immaginazione.
GLI ESORDI DI BOURDIN
Tempo fa su uno dei libri più interessanti, tra quelli dedicati alla fotografia, pubblicati in Italia da Einaudi, “Sulle fotografie” di David Campany avevo letto qualcosa a proposito di Bourdin che mi aveva molto colpito. Guy Bourdin era un fotografo di moda tra i più celebri, ma non aveva ottenuto subito il riconoscimento che meritava. A proposito scrive David Campany: “Esponeva di rado le sue foto, preferendo concentrarsi sulle pagine delle riviste per cui erano concepite. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1991, le fotografie di Bourdin hanno iniziato però a essere apprezzate per il loro miscuglio perfezionista di surrealismo classico e colori ipervividi”.
Nel 1976 a Bourdin fu commissionato, per conto dei magazzini Bloomingdale’s, un catalogo di biancheria intima femminile e da questi scatti commerciali nacque un lussuoso opuscolo per le vendite per corrispondenza allegato al “New York Times”. A quanto pare questa fu l’unica pubblicazione prodotta in vita da Bourdin. L’artista Victor Burgin si ritrovò il catalogo tra le mani e lo portò a Londra regalandolo alla scrittrice Rosetta Brooks. Nel 1981 Brooks pubblicò un saggio su quelle foto analizzando “le relazioni tra prodotto e immagine, desiderio e seduzione, arte e commissione, fotografia e caducità – concetti che le immagini autoriflessive di Bourdin sembravano vagheggiare”. Per David Campany il saggio di Brooks è stato il primo studio critico sulla fotografia di moda.
GIORGIO ARMANI SUL FOTOGRAFO
Giorgio Armani ha affermato che questa mostra conferma la sua volontà di fare di Armani/Silos un centro di cultura fotografica contemporanea, “includendo ciò che è prossimo al mondo Armani, ma anche ciò che ne è lontano”. E se ha prima vista il lavoro di Bourdin può sembrare distante dall’estetica di Armani, ciò che ha convinto lo stilista italiano a portare questa mostra a Milano è “la sua libertà creativa, la sua capacità narrativa e il suo grande amore per il cinema”. Nell’epoca in cui ogni giorno su Instagram si pubblicano circa 95 milioni di foto, farsi sorprendere è complicato, ma ogni foto di Bourdin è in grado di nutrire il desiderio di novità dei nostri sguardi e soprattutto di stupire.
Immagine di copertina: Vogue Paris, May 1970 ∏ 2023, The Guy Bourdin Estate