Dal 26 ottobre al 10 novembre 2023 la Fabbrica del Vapore ospita presso Alveare Culturale The Ballad of Human Mutations, la prima personale dell’artista Aliteia.
La mostra, curata da Alisia Viola, è un inno alla libertà di essere se stessi nel proprio corpo.
Questo concetto di emancipazione e libertà individuale è alla base di tutto il progetto artistico di Aliteia, che attraverso la malattia della Charcot-Marie-Tooth, ci apre gli occhi sulla bellezza della diversità. La CMT è infatti la più comune delle neuropatie ereditarie, colpisce il sistema nervoso indebolendo i muscoli di mani e piedi soggetti a deformazione.
Artista poliedrica, Aliteia attraverso vari medium artistici, spaziando dalla fotografia, alla performance fino alla scultura, ci permette di entrare nella sua storia familiare, segnata dalla presenza di questa patologia, rompendo il silenzio socialmente accettato su tutto ciò che è fisicamente diverso. Si tratta quindi di un racconto estremamente intimo e personale, che viene qui esposto con grande cura e rispetto, non solo nei confronti delle persone che si sono esposte mediante le fotografie che qui li ritraggono, ma anche nei confronti di un argomento così sensibile.
Aliteia e Alisia, grazie per averci dato la disponibilità per questa doppia intervista. Vi chiedo subito come vi siete conosciute e cosa ti ha spinta Alisia, a curare la prima personale di Aliteia.
Alisia Ci siamo conosciute un anno fa presso uno dei master dove insegno. Aliteia volva capire come integrare l’arte digitale all’interno della sua ricerca artistica. Ho deciso di seguirla a livello curatoriale poiché sono riuscita subito a cogliere la sua innata urgenza di comunicare il nostro tempo; allo stesso tempo, ho dei miei punti fermi che cerco di rispettare e seguire nel mio lavoro di curatrice è sicuramente la riconoscibilità dell’artista attraverso un suo linguaggio e una sua cifra stilistica. Ho amato sin da subito la sua scelta di non legarsi ad un medium in particolare, ma la sua sapiente capacità di fruizione di vari linguaggi sulla base del singolo progetto. Le opere di Aliteia hanno un timbro riconoscibile, nonostante non sia legata ad un linguaggio artistico specifico. Non possiamo infatti definirla pittrice, scultrice o fotografa, è un artista completa, senza confini. Il medium passa così in secondo piano, quello che conta realmente è la necessità narrativa. Questa multidisciplinarietà è alla base della sua ricerca, l’espressione artistica muta e si evolve adattandosi in base all’obiettivo del progetto, con il costante obiettivo di raccontare la verità che si cela dietro ogni cosa.
Aliteia, qual è l’obiettivo dell’esposizione? Ci puoi raccontare lo scopo dietro al tuo processo artistico?
Aliteia Il mio obiettivo artistico è quello di riuscire a dare un’ispirazione, in modo che chi guarda possa trovare la propria strada essendo veramente se stesso, per com’è e per come si sente. È un atto di condivisione, un processo di liberazione. La mia speranza è che sia anche una condivisione di coraggio.
Prima mi raccontavi che nasce tutto dal Cerchio, la performance da cui si sviluppa la tua arte. In cosa consiste questa pratica performativa?
Aliteia Il Cerchio è una pratica performativa da cui io parto per la realizzazione delle mie opere, che sono sempre diverse. È un momento di condivisione della propria intimità, quindi insieme a me ci sono solo le persone che hanno deciso di partecipare al cerchio e nessun altro. Per questo motivo la prima cosa che dico è sempre “tutto quello che nasce nel cerchio resta nel cerchio.” Durante questi momenti affrontiamo varie tematiche in base all’obiettivo di partenza, come ad esempio in questo caso specifico la non identificazione di sé nella malattia.
Le 20 fotografie in mostra, parte di una raccolta molto più ampia, sono infatti scatti dell’artista immediatamente successivi al cerchio. Non si tratta quindi di pose precostruite ma di movimenti molto spontanei, quasi sinuosi. Questa fluidità dei movimenti si riscontra anche nella relazione tra le singole opere, che generano quasi un movimento corporeo infinito, una sorta di ballata. Da qui deriva il titolo dell’esposizione.
Com’è nato il titolo della mostra e perché avete scelto proprio questo?
Alisia, “The Ballad of Human Mutations” è la chiave di lettura di questo progetto artistico. Vediamo esposte in mostra parti del corpo di persone affette dalla Charcot, mani e piedi che si intrecciano, dialoganti tra loro come se appartenessero ad un’unica persona, affinché possiamo tutti ritrovarci e abbracciare le nostre infinite fragilità. Sono in continua relazione le une con le altre, creando una sorta di ballata carica di immensa poesia. “Human Mutations” è invece legato alle diverse forme esistenti della Charcot-Marie -Tooth e allo stesso tempo si riferisce al cambiamento in merito alla percezione e all’accettazione della malattia. Quando una persona si guarda e si specchia nelle fotografie di Aliteia, si vede immediatamente sotto una luce diversa. In questi scatti viene risaltata la forza e la bellezza della persona al di là della malattia, poiché la bellezza viene intesa come un costante equilibrio tra le non-perfezioni.
L’esposizione indaga anche “sull’estetica del diverso”. Cos’è per te la bellezza e cosa rende bella un’opera?
Aliteia La bellezza sei tu. Sei tu nella tua espressione, nella tua personalità, nella tua caratteristica. Io credo che la vera forza e la vera bellezza stiano nella fragilità e il mio imprinting artistico mira proprio a questo racconto.
La mostra vuole quindi integrare nuovi valori estetici nella società contemporanea, facendo riflettere gli spettatori sulla diversità corporea, sul fatto che il corpo non è solo uno standardizzato e la Charcot-Marie-Tooth è il tramite con cui questo viene raccontato.
Io mi sono sentita addosso una responsabilità molto forte – racconta Alisia – per la prima volta mi sono dovuta approcciare ad una tematica estremamente delicata e personale, che mette profondamente in relazione arte e scienza, malattia e bellezza. Un progetto che parla di unicità partendo da una condizione individuale, in quanto ogni persona con la CMT accetta e vive diversamente la malattia. Mi sono dovuta tuffare in un mondo che apparentemente non mi appartiene, ma ho sentito sin da subito una forte urgenza di portarlo alla luce mediante l’arte e in qualche modo l’ho sentito anche mio.
Ultima domanda, perchè avete scelto di non esporre le didascalie?
Alisia Per questo progetto abbiamo scelto di non inserire una narrazione didascalica affianco a ciascuna opera poiché si tratta di un racconto corale; ogni progetto va letto nel contesto in cui è inserito e in questo caso è fondamentale la visione d’insieme che mostra sin da subito il linguaggio di Aliteia e la tematica trattata. È un racconto a più voci, per quanto ogni opera sia un mondo a sé stante. È anche una scelta legata all’allestimento, abbiamo voluto dare libero respiro al progetto espositivo e maggiore libertà di fruizione, preferendo l’utilizzo dell’apparato digitale, dove sono presenti le varie spiegazioni in merito alla mostra.