Il sindaco Sala primo urban artist di Milano

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è il maggior urban artist della città che ha comminato le prime multe per imbrattamento dei muri e del suolo pubblico della storia dell’arte urbana contemporanea in Italia, fin dai lontani ultimi anni Settanta. Atomo, al secolo Davide Tinelli, pioniere milanese della street art, ne sa qualcosa, avendo addirittura incorniciato come ready made della street culture prima maniera una contravvenzione per imbrattamento ricevuta nel 1980. 

Ma oggi, a oltre quarant’anni di distacco da quegli esordi, non ci sono più dubbi: è il Comune stesso il principale artefice dell’arte di strada, ormai il podio più alto dell’espressione artistica pubblica a Milano spetta a lui, al Beppe rinnovato al secondo mandato, per quasi una decade alla guida della capitale morale del Paese dell’arte, da lui trasformata in capitale “murale” (ma soprattutto ciclopedonale). 

Vista dall’alto, Milano sembra la vittima di un flash mob ripetuto, incessante, di una crew aliena di assaltatori creativi dello spazio civico, con sezioni a macchia di leopardo di urban art istituzionale, che tra non molto non avranno soluzione di continuità, e daranno a Milano la trama caotica, in orizzontale, dei “pezzi” ripassati o ricalcati con altre sovrapposizioni che qualifica gran parte delle superfici verticali, ovvero i muri che fanno da supporto alla creatività dei writer, quelli si, ancora clandestini per la legge. 

Incroci che ai quadrati ortogonali di strisce bianche per l’attraversamento a piedi hanno sostituito rebus a chiave (chissà poi quale chiave) stesi a terra con vernici e collanti, o piazzette e piazzole a dire poco spiazzanti, stravolte da installazioni situazionistiche multicolor che non sono più comprensibili né per gli automobilisti, né per i ciclisti e tantomeno per i pedoni. L’effetto estetico artistico è anche apprezzabile (visto dall’alto) ma il risultato per la viabilità, nella vita di sotto, quella della strada appunto, è lisergico. Nessuna delle categorie mobili che attraversano la città rispetta più alcuna regola. Un effetto trasgressivo a catena, pilotato e indotto, per curioso paradosso, dalla massima autorità cittadina.

Mentre il problema dei muri ricoperti a spray ha riguardato in passato le periferie, non luoghi urbani deformabili dall’estro piratesco degli artisti di strada con meno rischio e maggior gloria, l’assalto a sedimi stradali, marciapiedi, rondò e svincoli cittadini è assai protervamente disinvolto da parte delle squadre artistiche sguinzagliate dalla municipalità.

L’ultimo, provocatorio caso, al pari di un manifesto di Oliviero Toscani dei tempi d’oro, o di un cerchio nel grano in piena pianura padana, non meno di una linea di Nazca su un altopiano peruviano, è la segnaletica orizzontale da poco approntata in corso Monforte, nel giro di una notte. Un vero e proprio giro dell’oca disegnato sul selciato che, se appena appena dovesse essere percorso da un ciclista temerario (sempre che non sia colpito da improvviso smarrimento panico nell’orientamento) ecco che si perderebbe avviticchiandosi sulle due ruote in un turbine a risucchio. Provare per credere, se il tracciato astratto geometrico (con varianti dripping) di quell’incrocio in pieno centro, ad altissima densità di traffico, non raggiunge le vette optical urban alla Sten&Lex. Fin troppo, per chi deve solo attraversare una strada e spera di restare vivo.

La street art, poi Urban art, pur rimanendo illegale, è stata “sdoganata” quasi vent’anni or sono in una memorabile, provocatoria e discussa mostra al Pac. Ma oggi il primo cittadino è anche il primo urban artist della città. Milano vista dall’alto meriterebbe un’altra mostra, aerofotogrammetrica, al Padiglione d’Arte Contemporanea. Questa volta sarebbe tutto legale. 

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