Sapete perché Corpo e Fotografia sono la dicotomia più importante in questa prima parte di ventunesimo secolo? Perché entrambi hanno raggiunto il massimo del potenziale mediatico durante l’ascesa dei social media, dilatando le proprie nature originarie in un complesso sistema di matrici e codici digitali.
Questa trasformazione metabolica ha esteso le manipolazioni virtuali fino al parossismo delle metamorfosi impossibili: e la fotografia da device ne è stata artefice e testimone sensibile, al punto da svuotare di aura la vecchia prassi del diario fotografico. In questo sistema liquido di immateriale dispersione, ecco che la dicotomia in oggetto torna al centro di un ragionamento selettivo e antagonista, un modus riflessivo che sia formula di qualità privilegiata, testimonianza di una metafisica oltre la cronaca, resistenza militante per preservare le radici analogiche di un umanesimo oltre l’antropocene.
Marcel Swann fotografa corpi. Femminili. Dionisiaci. Catartici. Usa la fotografia in maniera minerale, seguendo le correnti cellulari che fanno vibrare luce, grana, consistenza, dettagli. Il suo nuovo libro, dal titolo Bible, si presenta con una cover nera dai caratteri rossi e sanguinanti.
La resilienza si nota fin dal tenore editoriale: grafismi raffinati, copertina cartonata e quel senso tattile ma anche olfattivo per le preziosità cartacee da conservare. Al suo interno vivono le parafilie di alcune donne che hanno scelto di incarnarle davanti al suo obiettivo inquieto ed elettrico. Il risultato è un groviglio dei sensi capovolti, una centrifuga prospettica che trasforma le posture in un caleidoscopio agonistico, tra contaminazioni e combinazioni, dissonanze muscolari, esibizionismi complici e complicati, rivelazioni endorfiniche…
Marcel Swann è brasiliano ma parla toscano. Vive in Italia e segue traiettorie di sfida censoria e giusto peso morale. Perché il tema Corpo/Fotografia è oggi, prima di tutto, un argomento topico contro la censura nei social media. Dopo il mancato successo di Tumblr (unico big social senza alcun vincolo censorio) il corpo digitale è ripiombato nel cuore dei tabù secolari, facendo arretrare il ragionamento al tempo delle commissioni statali per i divieti ai minori. Alimentare qualità e progettualità è diventata, per resistenza necessaria, la grande sfida della fotografia digitale; ed è questa la sfida della crew King Koala, marchio editoriale milanese e aggregatore filiaco che ha pubblicato il suddetto Bible, oltre ad un magazine e ad ottimi libri d’artista.
Assieme ad Alessandra Pace, Luca Matarazzo e Luca Loreti troviamo Marcel tra i fautori attivi del magazine “Bad Seed“. Ad oggi sono usciti cinque numeri che aggregano disegnatori, fotografi e pittori in un efficace sistema vitruviano del corpo rivelato, compresso, eccessivo, sporcato… il numero più riuscito ha raccontato il pissing nelle sue molteplici valenze individuali e sociali, evitando le scivolosità del porno, spostando il confine espressivo ad un livello di sana laicità visiva, nel cuore dei temi emotivi che diventano simbologie di una pulsione politica contro il senso di forzata pudicizia sociale.
Luca Loreti ha pubblicato un fumetto anomalo dal titolo IO. Pensato per tavole ad alto coefficiente pittorico, il suo stile elimina quasi completamente il testo scritto e gioca per slittamenti fetish del suo alter-ego con crestina bionda. Grande ironia, estreme verità come ci insegna Miguel Angel Martin, stile sintetico con perimetri marcati e quel valore universale del disegno narrativo, figlio delle invenzioni di Roy Lichtenstein e delle elaborazioni di Raymond Pettibon. E poi non dimentichiamo la grande tradizione italiana del fumetto erotico, un ambito del disegno che ci porta alle eccellenze di Guido Crepax, Vittorio Giardino, Roberto Baldazzini, Giovanna Casotto…
Alessandra Pace ha pubblicato un libro dal titolo Ocean Atmosphere. Sfogliando i suoi ritratti pensavo che proprio negli universi leather e latex si alimenta un trucco che spacca la censura digitale: basta non mostrare i capezzoli e i genitali per aumentare il pathos erotico e sfidare i toni del divieto implacabile. Il sistema algoritimico si sfalda non appena si aggirano i loop matematici e l’intelligenza resiliente trova nuove angolazioni della storia. Che qui diventa parafilia ad alto coefficiente emotivo, dove il ritratto implica nuovi sistemi relazionali e altre risoluzioni del voyeurismo domestico, senza nudità ma con giuste fessurazioni e sottolineature, coprendo dove non servirebbe e rivelando dove lo sguardo capta l’ulteriore.
Luca Matarazzo ha pubblicato un oggetto editoriale diviso in cinque colori che, a loro volta, splittano i racconti di cinque universi erotici femminili. Qui la fotografia si spezzetta fino al suo margine cartaceo, diventando collage analogico e digitale, incrocio di corpi e oggetti, tra cuciture disegnate e astrazioni gassose, sovrapposizioni e dissolvenze, come se il diario cromatico assorbisse le sensazioni liquide delle ragazze ritratte.
Grazie davvero a questa crew idealistica e al contempo effettiva, coraggiosa e spudorata, antagonista e al contempo agonistica. Il loro king koala è la riprova di quanto sia importante il ragionamento creativo senza preclusioni, svincolato da regole morali che nascono per essere aggirate e riattivate nel modo giusto. Perché il corpo, prima di essere materia sociale, è la perfetta incarnazione della proprietà privata, dissolubile e altamente individuale.