UN FILM ISPIRATO CHE RENDE OMAGGIO ALLA CULTURA DEL “BENE COMUNE” E CI FA SCOPRIRE I BAGNI PUBBLICI PIÙ COOL DEL MONDO.
Perfect Days, l’ultimo capolavoro di Wim Wenders, è un film ispirato che riguarda tutti noi. Realizzato con semplicità quasi documentaristica e con pochissimi dialoghi, ci trasporta dentro la vita quotidiana di Hirayama, un umile addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo. L’uomo, invisibile ai più, pulisce le toilettes del quartiere alla moda di Shibuya, vere e proprie micro-architetture che sembrano istallazioni d’arte contemporanea. Il suo lavoro è semplice, ma egli lo porta avanti con grande dignità e con dedizione assoluta. La sua vita pacifica e apparentemente insignificante è scandita da una routine perfetta. Piccoli gesti quotidiani si ripetono sempre uguali, scandendo il ritmo delle giornate di Hirayama, mentre la musica americana anni settanta risuona dalle sue musicassette vintage: Lou Reed, Patti Smith, Van Morrison, The Velvet Underground, Otis Redding, Rolling Stones ecc.
Hirayama vive in un modesto appartamento a due piani situato in una zona abbandonata della megalopoli di Tokyo nei pressi della gigantesca e luccicante Tokyo Sky Tree, la torre panoramica delle telecomunicazioni. Ogni mattina si sveglia allo stesso modo: apre gli occhi, fissa il soffitto, piega il suo materassino e scende le scale. Indossa l’uniforme blu con la scritta “The Tokyo Toilet” e va al lavoro con il suo furgoncino pieno di prodotti per la pulizia. Attraversa il solito incrocio, il solito semaforo, la solita superstrada, il solito fiume, i soliti parchi. Ogni giorno beve un caffè dal distributore automatico sotto casa e consuma il solito pasto su una panchina all’ombra degli alberi. Sembra di vedere sempre lo stesso giorno, ma ogni volta c’è qualcosa di diverso. Non esistono due giorni uguali. Di lui conosciamo solo il presente, un presente replicato all’infinito che è anche una scelta di vita. Egli, infatti, non ha vissuto sempre così.
È un ex manager che un giorno ha ricominciato a “vivere” cogliendo la bellezza fluttuante e magica delle ombre create dalle foglie degli alberi: il komorebi, termine giapponese che indica l’atto di guardare “la luce che filtra tra le foglie degli alberi”. Hirayama adesso possiede solo ciò di cui ha davvero bisogno: poche cose semplici, quelle che sente veramente. Coltiva le sue passioni (la musica, i libri, la fotografia, le piante) accontentandosi di beni essenziali, analogici. Non ha bisogno di un vaso nuovo, né di un cellulare di ultimo modello o di un rasoio elettrico, gli bastano le sue audiocassette ed è felice con il suo libro tascabile da un dollaro. Per fotografare la luce che filtra dalle chiome degli alberi utilizza una vecchia fotocamera Olympus anni Novanta. Si diverte ad usarla alla cieca, caricandola senza guardare.
In Perfect Days la cinepresa si sofferma spesso sui gabinetti e sui lavandini che il protagonista esamina e strofina accuratamente. Questi bagni pubblici impeccabili, realizzati recentemente nel quartiere alla moda di Shibuya tramite il progetto The Tokyo Toilet – TTT, mettono in luce il significato cruciale che il bene comune ha per la collettività giapponese. Non è un caso, infatti, che l’acclamato attore giapponese Koji Yakusho abbia lavorato insieme alle squadre di servizio del progetto per apprendere al meglio le loro procedure di pulizia ed entrare nella parte di Hirayama.
Nonostante in Giappone i servizi igienici abbiano già standard piuttosto alti, soprattutto se paragonati a quelli europei, con il progetto The Tokyo Toilet si è deciso di superarsi, basti pensare che le uniformi blu delle squadre di servizio sono disegnate dal direttore artistico di Kenzo. Nato con l’intento di smentire la convinzione secondo cui i bagni pubblici sarebbero ambienti sporchi e pericolosi, il progetto ha dimostrato che è possibile ribaltare i luoghi comuni facendo architettura di alto livello all’insegna dell’accessibilità e dell’inclusione. Per realizzare queste innovative toilettes, vere e proprie micro-architetture, ognuna con un’estetica diversa, sono state coinvolte star della progettazione nipponica e internazionale del calibro di Kengo Kuma, Shigeru Ban, Tadao Ando, Marc Newson, Toyo Ito.
Il grande architetto giapponese Shigeru Ban, premio Pritzker per l’architettura nel 2014, noto per aver dimostrato al mondo le grandi potenzialità architettoniche di materiali ecosostenibili come il cartone, ha realizzato i bagni più iconici del progetto. Situati all’interno di due parchi, sembrano delle grandi lanterne notturne. Pareti in vetro colorato li rendono trasparenti, così l’interno è perfettamente visibile dall’esterno, consentendo agli utenti di verificarne la pulizia prima di utilizzarli, poi i vetri si opacizzano quasi per magia quando si chiude la porta. In una scena del film Wenders mette in risalto questa tecnologia insolita: una donna straniera si avvicina perplessa chiedendo a Hirayama di spiegarle come funzionano, lui glielo mostra in silenzio. Nel corso del film il protagonista dice pochissime cose, parla quasi esclusivamente tramite il suo volto, in cui si alternano molteplici emozioni, e con i suoi gesti quotidiani.
Tra le toilettes più interessanti quella di Tadao Ando è concepita come una piccola architettura a pianta circolare capace di creare un “luogo” all’interno del paesaggio urbano, situata anch’essa all’interno di un parco pubblico, è circondata da alberi di ciliegio. In Perfect Days Hyaraiama percorre quotidianamente i sentieri che collegano i servizi igienici realizzati con legno di cedro da Kengo Kuma, quasi si trattasse di capanne di un piccolo villaggio all’interno di una foresta. Anche i funghi giganti di Toyo Ito sembrano germogliati da un bosco, quello che porta al santuario di Yoyogi-Hachiman.
Non stupisce, dunque, che quando hanno proposto a Wim Wenders di girare dei micro-documentari sulle architetture del progetto The Tokyo Toilet – TTT, egli abbia invece deciso di girare un film. Questi “piccoli santuari di pace e dignità” non hanno solo qualità architettoniche, ma un immenso valore simbolico per la cultura giapponese.
Grande conoscitore ed estimatore del Giappone, il cineasta tedesco sa perfettamente che in occidente queste attenzioni e queste cure meticolose per il bene comune sarebbero impraticabili. In Italia, addirittura, i bagni pubblici sono una fonte di vergogna, più che di orgoglio nazionale. Sia passa dalla totale assenza a strutture inadeguate che offendono la dignità dei cittadini. Siamo di fronte ad un “limite culturale” che si traduce nell’incapacità di prendersi cura del bene comune.
In una società occidentale in declino, basata su individualismo e competizione, in cui tutti hanno troppo di tutto nessuno sa di cosa ha veramente bisogno, il film di Wenders ci mostra che un nuovo paradigma è possibile. Dietro il personaggio utopico, al tempo stesso poetico e gentile, di Hyraiama, dietro la sua vita invisibile, dietro la sua solitudine appagata, dietro la sua routine giornaliera vi è un profondo senso di libertà che vede nella filosofia zen l’unica felicità possibile.
Hirayama vive ogni giorno in profondità e fa ogni cosa come se fosse la prima volta, perché sa perfettamente che “adesso è adesso, un’altra volta è un’altra volta”.