La bellezza dell’imperfezione tra polvere e rovine – URBEX

Inauguriamo oggi una nuova rubrica, dedicata alla riscoperta dei luoghi abbandonati, con il contributo di Pamela Nanetti, fondatrice della pagina Instagram @fighter_urbex, dove condivide i suoi bellissimi scatti e racconta la storia di questi posti incredibili.

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Prima di tutto, piacere di conoscervi. Mi chiamo Pamela, bolognese doc, mi piace girovagare per l’Italia a bordo della mia auto percorrendo chilometri da nord a sud. Sono esploratrice urbana, pratico da circa due anni e mezzo l’urban exploration, urbex ne è l’acronimo. Mi addentro in luoghi abbandonati e decadenti, privi di manutenzione, edifici consumati dal tempo in cui il tempo stesso pare essersi cristallizzato. La riscoperta di essi diventa speleologia urbana, capace di riportare alla luce ciò che l’indifferenza, l’incuria, il degrado e il tempo sono riusciti a nascondere per decenni. Ho la passione per la fotografia, amo l’arte e la storia, questi i tre componenti fondamentali interconnessi tra loro che mi spingono.  

I protagonisti sono discoteche, manicomi, ville, castelli, chiese, dei veri caveaux di tesori nascosti, luoghi di incredibile bellezza, dalle pareti affrescate, bassorilievi, stucchi e sculture consumati e scoloriti.

È una passione rischiosa per la propria sicurezza personale, mai avventurarsi soli, tantomeno improvvisarsi. Sono strutture pericolanti, con la probabilità di cedimenti. Appoggio i piedi su pavimenti di cui non ho la certezza che riescano a reggere il mio peso, a volte col dubbio che il soffitto si possa sbriciolare sulla mia testa. Spesso sono proprietà private, non dovrei essere lì ed esiste l’eventualità reale di essere accusati di violazione di proprietà.

Anche se coperte dalla polvere e dalle rovine, a volte sono spettatrice di vere e proprie opere d’arte, che oramai non sono più visibili perché inghiottiti dalla natura che si è riappropriata degli spazi, il cui unico proprietario ne diventa l’oblio e il silenzio viene rotto dal mio passaggio. Chiedo permesso ogni volta, non rompo niente, non porto via niente (non ho bisogno di souvenir), catturo immagini e lascio solo impronte. Fotografando questi luoghi ho l’illusione di dare loro una seconda vita, la possibilità di essere ricordati o chissà, arrivare a qualcuno interessato a recuperarli. Ogni ingresso è come un portale, un viaggio in una dimensione parallela, nella quale ho la presunzione di giocare con le lancette di un orologio: ne scopro la storia, il loro passato lo racconto oggi (nel presente), condividendo i miei scatti fotografici sui social media (Instagram e Facebook) come se fossero portali nel futuro, perché altri urbexer come me, tramite le loro fotografie, continuano a far parlar di loro. 

Una rete di esploratori che arriva anche oltre confine di altri paesi, Germania, Spagna, Francia, ecc… Nascono amicizie, un modo particolare e unico nel suo genere per condividere sensazioni, emozioni ed esperienze. 

Non mi è sufficiente portare a casa lo scatto fotografico dei luoghi che esploro, effettuo ricerche per conoscerne la storia, aneddoti, curiosità, un modo per dare un contesto e scoprire i personaggi che li hanno vissuti o vi hanno transitato. Ho dato un’interpretazione del tutto personale all’urbex, un accostamento probabilmente azzardato a una delle tre divinità dell’induismo, Shiva, figura ambigua e distruttore per antonomasia: “la distruzione è la via per la trasformazione” scrisse Elizabeth Gilbert. È il percorso di ogni essere umano, che attraversa la giovinezza (il periodo di invulnerabilità) fino a cadere, per poi rialzarsi e proseguire per il proprio cammino nonostante i segni inferti dall’esperienza, malgrado tutto resta in piedi, come accade per queste rovine che appena erette sono nel proprio splendore, vissute da coloro che le abitano e che, ancora oggi, seppur non curate, decadenti, col passare degli anni sono ancora lì a essere fotografate, come mete di pellegrinaggio di noi urbexer.

Ho avuto la possibilità in questi anni di fotografarne molti, ciascuno di loro con una storia propria, ma con in comune l’arte dell’abbandono. Ho scritto due libri sull’esplorazione urbana, l’ultimo dei quali presentato qualche giorno fa, “tra le rovine ritratti dal passato”.

Un fenomeno, l’urbex, che risale circa a due secoli fa, Philibert Aspairt, un portinaio francese di un ospedale, nel 1793 avventurandosi nelle catacombe di Parigi che si perse nelle intricate gallerie sotterranee, nelle quali vi morì e venne ritrovato solo 11 anni dopo. Oggi siamo in molti a praticarlo, è una passione, un mix di adrenalina e curiosità, fame di conoscenza. C’è chi si accontenta di catturare l’immagine, c’è chi cerca di andare oltre lo scatto, risalendo ad eventuali proprietari, ottenendo dalla loro diretta voce racconti inediti, sconosciuti al web, tanto che ogni fotografia diventa ancora più carica di emozioni e sensazioni, quasi come se tra luci, ombre e contrasti, giocando nella loro esasperazione, uscisse un grido dal passato.

Tramite l’autorizzazione di un’Associazione sono riuscita a scattare fotografie all’interno della residenza estiva di un personaggio politico dell’Ottocento, che ha segnato la storia dell’Italia, nella quale transitarono personaggi illustri quali Napoleone Bonaparte, Vittorio Emanuele, Giuseppe Verdi. Accompagnata da due membri di un’Amministrazione comunale mi sono state aperte le porte a un’ex stazione dei treni di una vecchia linea dismessa, di cui tra l’altro ora si sta cercando di recuperare i locali per trasformarla in un centro culturale polivalente, nel quale organizzare attività ludico ricreative, sociali e culturali. Ho varcato i cancelli per accedere a un antico borgo, con castello a torre cilindrica risalente al XV secolo, completamente decadente e tra le rovine, abitato ancora oggi solo da due persone, che dire potrei proseguire nel raccontare ancora e ancora…   

In Italia ci sono molti tesori abbandonati e come riporta la famosa citazione di Thomas Merton “l’arte ci consente di trovare noi stessi e di perdere noi stessi nello stesso momento”.

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