5 mostre da non perdere in Emilia Romagna

Passata la “sbornia” di Arte Fiera, che ha portato a Bologna migliaia di curiosi e di “art addicted” da tutt’Italia (e non solo), sono rimaste però, a Bologna ma anche nelle città limitrofe, alcune mostre imperdibili, che è ancora possibile andare a visitare. Dopo averle viste, abbiamo scelto le 5 migliori per i lettori di Artuu. Eccole.

Animali fantastici. Il Giardino delle Meraviglie”, Palazzo Albergati, Bologna

Animali Fantastici, aperta a Bologna fino al 5 maggio, è una mostra imperdibile, stupefacente, coinvolgente, emozionante. Non capita spesso di poterlo dire, ma questa volta lo diciamo senza remore. Ogni sala è una sorpresa, un colpo di scena, una piccola epifania di stupore e conoscenza che i due curatori, Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, hanno imbastito per i visitatori come se stessero mettendo in scena uno spettacolo, tra il circense, lo show e il luna park. Ci sono animali dipinti e scolpiti, elefanti rosa e oranghi arancio, ibridi di tutte le specie, pesci-spada in forma di isola galleggiante, scheletri di dinosauri rosso acceso, e poi gli strani animali metamorfici creati da Dario Ghibaudo, i coccodrilli tautologicamente composti di piccoli coccodrilli di Giovanni Albanese, i branchi di cani di cemento di Velasco Vitali, i volti immersi nelle farfalle di Marco Mazzoni, un coniglio con il volto di teschio di Massimo Giacon e molto, molto altro. Se cercavate una mostra da vedere divertendovi, incuriosendovi, appassionandovi, l’avete appena trovata. (A.R.).

Mimmo Paladino nel Palazzo del Papa”, Palazzo Boncompagni, Bologna

Nella dimora dove visse e si formò colui che divenne Papa Gregorio XIII, conosciuto ai più per aver introdotto il calendario gregoriano, Mimmo Paladino scompiglia (fino al 7 aprile, a cura di Silvia Evangelista) le dimensioni del tempo e dello spazio e lo fa grazie al linguaggio universale dell’arte. Nel cortile e in quattro sale del piano terra del palazzo (ora denominato Benelli) a pochi passi da Piazza Maggiori e dalle Due Torri l’esposizione delle opere procede non in senso cronologico, a ribadire come il tempo sia in certi termini dipendente dal sentito dell’uomo. Troviamo così 13 cavalli in resina che si stagliano in una sala tra stucchi veneziani ed affreschi e tante opere, la maggiormente parte recentissime, senza un titolo, in cui il visitatore può finanche intravedere un significato differente da quello dato dall’artista: icone che richiamano divinità apotropaiche del Sud Italia, vita e morte che si scambiano i ruoli in un dittico dominato dal rosso intenso e dal blu inconfondibile. Una mostra davvero da non perdere. (E.Roncati)

Bertozzi & Casoni, “Tranche De Vie”, Imola

Il percorso artistico di Bertozzi e Casoni inizia negli anni Ottanta, quando i due artisti costituiscono a Imola la società Bertozzi & Dal Monte Casoni snc. La particolarità del duo è quella di collegare la tradizione della ceramica artistica e la raffinatezza del “mestiere” artigianale con le più aggiornate ricerche sui linguaggi dell’arte contemporanea. I due artisti (di cui oggi, dopo la recente scomparsa di Stefano Dal Monte Casoni, rimane il solo Giampaolo Bertozzi) attingono indistintamente dagli ambiti “alti” e “bassi” della cultura, dalla lezione dei grandi maestri della storia dell’arte come dalle arti popolari e minori, in un processo di generale rimessa in discussione dei codici linguistici sia della tradizione artistica contemporanea, sia del “prodotto” pubblicitario e commerciale. Imola dedica oggi ampio spazio al celebre duo artistico, con un evento espositivo che coinvolge tutti e tre i musei pubblici imolesi: Palazzo Tozzoni, Museo San Domenico e Rocca Sforzesca.

Curata da Diego Galizzi, direttore di Imola Musei, l’esposizione si sviluppa in tre sezioni: la prima è ospitata nei sontuosi saloni di Palazzo Tozzoni, dove le opere di Bertozzi & Casoni dialogano con gli ambienti originali del palazzo, creando un’installazione corale che mescola realtà e finzione in un “laboratorio del dubbio”. La seconda sezione, “In nuce. 1980-1997”, al Museo San Domenico, racconta il percorso artistico dei Bertozzi & Casoni prima della loro fama attuale, mettendo in luce le loro ricerche e fasi espressive fino agli anni Novanta. La terza, “La morte dell’eros”, ospitata nella Rocca Sforzesca, è una scenografica rappresentazione del suicidio dell’eros, oltre che una sorta di memento mori contemporaneo. Una mostra veramente “immersiva”, scenograficamente impeccabile, stupefacente, in una parola imperdibile.

“Indispensabile”, Giovanni Morbin al Museo Civico Archeologico, Bologna

Protagonista ad Arte Fiera dello stand della viennese Galerie Michaela Stock, che lo aveva presentato anche in altre edizioni, Giovanni Morbin espone cinquanta opere anche in pieno centro a Bologna, nella mostra “indispensabile” a cura di Daniele Capra. Lo straordinario percorso di uno dei più importanti body artist italiani viene riassunto in una ricognizione che si dipana tra testimonianze di performance e scultura, a partire dagli Anni Ottanta fino a nuove realizzazioni site specific, al piano terra e al primo piano del Museo. Una sorta di evoluzione della body art che è partita dalla fascinazione stessa di Morbin per alcuni reperti custoditi proprio nelle teche dell’istituzione bolognese. In particolare determinati attrezzi che l’essere umano ha realizzato fin dalla preistoria per ovviare alle esigenze vitali che via via si presentavano. Al contrario gli “strumenti” di Morbin sfuggono alla classificazione: sono mezzi impropri senza scopo concreto, che si sottraggono alla logica funzionale per cui ogni manufatto è stato realizzato fin dalle epoche più remote. Indubbiamente una personale intensa. (E.Roncati)

CaCO3 & Davide Maria Coltro, “Dalla materia la luce”, Raccolta Lercaro, Bologna

“Dalla Materia alla Luce” è un progetto artistico che si concentra sul tema del mosaico come spazio di mutamento e di trasformazione attraverso la percezione di mutabilità del colore e della luce, luogo fisico e mentale dove la materia si evolve verso la luce e il tempo si rivela attraverso il continuo gioco di riflessi e bagliori. L’arte musiva diventa così un terreno fertile per l’esplorazione di concetti fisici e spirituali, trasformando l’esperienza della luce in una necessità esistenziale che rivela la bellezza e la dignità della materia. La mostra, a cura di Luigi Codemo e Giovanni Gardini, vede la collaborazione tra due artisti: i CaCO3 (un collettivo formato da Âniko Ferreira da Silva, Giuseppe Donnaloia e Pavlos Mavromatidis) e l’artista Davide Maria Coltro, che da molti anni lavora con la fotografia digitale e con il video su temi quali l’identità, la rappresentazione del paesaggio naturale, la spiritualità, giocando non solo con la nostra capacità di percepire e trasformare il reale, ma, attraverso il “quadro mediale” e il suo perenne movimento, con il concetto stesso di tempo in relazione alla fruizione artistica. I CaCO3 reinterpretano l’antica tecnica del mosaico, allungando le tessere oltre i confini tradizionali e creando andamenti dinamici che giocano con la luce, emanando bagliori inaspettati; Coltro esplora invece i concetti di movimento e di rapporto con lo spazio-tempo attraverso l’esperimento del quadro mediale, trasformando così i pixel in tessere cromatiche che riflettono la vitalità del colore in un continuo processo di metamorfosi visiva. Emozionante.

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