by Alessandro Romanini
Seconda e ultima parte della nostra indagine sui Padiglioni africani alla prossima Biennale di Venezia. La prima puntata è stata pubblicata qua (Mal d’Africa, la Biennale è sempre più “nera”. Guida ai Padiglioni africani in Laguna – pt. 1). Qui di seguito la seconda e ultima puntata.
Costa d’Avorio
La Côte d’Ivoire, con il titolo The Blue Note, riunisce 5 artisti di diversa estrazione tecnica e stilistica coordinati dal curatore camerunense Simon Njami negli spazi del Centro Culturale Don Orione Artigianelli a Dorsoduro.
Simon Njami, curatore di origine camerunense, è tra i fondatori della famosa rivista “Revue Noire”, prima rivista di critica dedicata alla creatività africana creata nel 1991, curatore tra gli altri degli Incontri Africani della Fotografia a Bamako, di due edizioni della Biennale di Dakar, della mostra Africa Remix ospitata nel 2005 al Centre George Pompidou di Parigi e nel 2007 è cocuratore con Fernando Alvim alla 52° Biennale di Venezia di quello che è considerato il primo Padiglione Africano con la mostra Check List Luanda, che offriva un’interessante panoramica sull’arte contemporanea del continente africano e della diaspora.
Nel roaster degli artisti troviamo lo scultore Jem Koko Bi, i fotografi François Xavier Gbré e Franck Abd-Bakar Fanny, l’artista polimaterica con base a New York Marie Claire Messouma e il pittore togolese ma di stanza a Abidjan Sadikou Oukpedjo.
Egitto
Spostandosi verso il “mare nostrum”, l’Egitto – nonostante la pressione provocata dal conflitto israeliano-palestinese ai suoi confini – partecipa alla Biennale animando il suo padiglione affidandolo a Wael Shawky nel doppio ruolo di artista curatore; celebre per la sua trilogia filmica animata Cabaret Crusades, l’eclettico l’artista egiziano ha scelto per la mostra il titolo Drama 1882, con riferimento alla tragica guerra anglo-egiziana.
Kenya
Edward Mwaura Ndekere con un nucleo di artisti che annoverano Elkana Ong’esa (1944), scultore che ha portato avanti la tradizionale modellazione della “soap stone”, a cui si aggiungono Gerald Oroo Motondi, Robin Okeyo Mbera, John tabul Abuya Ogao, Peter Kenyanya Oendo e Charles Duke Kombo.
Nigeria
Nigeria Imagery curato da Aindrea Emelife, giovane storica dell’arte di base a Londra, nello staff curatoriale dell’Edo Museum a Benin City e autrice del libro A Brief History of Protest Art (2021), riunisce a Palazzo Canal a Dorsoduro per il Padiglione Nazionale della Nigeria un gruppo intergenerazionale di artisti affermati nel panorama artistico internazionale, tra cui spicca Yinka Shonibare (1962) con base a Londra nominato Commander of the Order of the British Empire e membro della Royal Academy, il cui lavoro plastico si è sviluppato da oltre 30 anni su tematiche connesse al colonialismo e al postcolonialismo e l’identità culturale nel contesto della globalizzazione.
Il paese dell’Africa occidentale che si è distinto per il rapido sviluppo economico e soprattutto per l’affermazione della nuova musica evoluzione dell’Afro Beat di Fela Kuti, la produzione cinematografica con epicentro a Lagos (Nollywood) e l’affermazione letteraria internazionale con figure come la scrittrice e giornalista Chimamanda Ngozi Adichie, propone a fianco di Shonibare altri artisti di diverse generazioni.
Ecco i laviori del giovane pittore Tunji Adeniyi-Jones (1992) con base a New York; quelli di Onyeka Igwe, nata a Londra, che si esprime con il video esplorando tematiche di ascendenza sociale.
Toyin Ojih Odutola (1985) espone un ciclo di suoi disegni che esplorano attraverso il genere del ritratto la complessità del concetto di identità, mentre Abraham Oghobase (1979), nato a Lagos ma residente a Toronto, Canada, nelle sue fotografie esplora le declinazioni dell’identità in relazione alle condizioni socio-economiche. Ci sono poi i lavori di Precious Okoyomon (1993), poetessa, artista e chef di stanza a New York, e, a completare il team artistico, quelli di Fatimah Tuggar (1967) artista eclettica che si esprime senza soluzione di continuità con installazioni interattive, collage e video.
Senegal
Il Senegal ha affidato la sua rappresentanza all’artista Alioune Diagne (1985), con il suo stile figuro-abstro con cui illustra la vita quotidiana in Senegal e sperimenta nuove soluzioni per la ritrattistica africana, come illustra la mostra ospitata all’Arsenale.
Il paese dell’Africa Occidentale quest’anno in concomitanza con l’evento lagunare ospiterà la 15° edizione della Biennale di Dakar (16 maggio – 16 giugno), di cui fa parte come membro dello staff organizzativo il curatore e critico d’arte, docente alla Cheikh Anta Diop University, Massamba Mbaye, a cui viene affidata la cura del padiglione senegalese in laguna all’insegna del titolo Bokk – Bounds.
Seychelles
Per valutare le possibilità di un’isola citando il famoso libro di Houllebecq, ci avviciniamo al Padiglione Nazionale della Repubblica della Seychelles ospitato all’Arsenale, dal titolo Pala, curato dal decano Martin Kennedy che seleziona una line up di ottimo livello, che vede in prima fila Jude Ally (1979) con la sua pittura astratta materica ad alto tasso simbolico, Ryan Chetty (1991) vincitore dell’edizione 2022 della Biennale delle Seychelles, Danielle Freakley, artista con base in Australia, con un discreto standing internazionale, la cui pratica si caratterizza per lo sviluppo di installazioni interattive, performance, sculture e perfino il suono e Jadez alias Juliette Zelime completa il team artistico.
Sud Africa
Nel 30° anniversario delle prime elezioni a suffragio universale del post-apartheid, che videro la vittoria del padre spirituale Nelson Mandela, il Sud Africa si presenta all’Arsenale con una mostra dal titolo Quiet Ground-Terra Muta.
Al curatore indipendente Portia Malatjie è affidato il Padiglione Nazionale, coordinato e supportato dall’Institute of Creative Repair che vede il collettivo artistico MADEYOULOOK composto dall’artista di Johannesburg Molemo Moiloa e il videomaker Nare Mokgotho realizzare appositamente per l’occasione un’installazione sonora dal titolo Dinokama, che indaga le possibilità d’integrazione sociale dello straniero.
Uganda
We Are One è il titolo che campeggia alla Bragora Gallery, a Castello, per accogliere il visitatore nel Padiglione Nazionale dell’Uganda; il paese africano che si era ben distinto nell’edizione 2022 della biennale lagunare, guadagnando una menzione speciale, torna con una squadra di alto livello, capitanata dalla curatrice Elizabeth Acaye Kerunen, poeta, scrittrice, performance artist, che è stata la prima artista donna ad esporre in un padiglione nazionale ugandese (nella Biennale del 2022) e fondatrice e direttrice del KEBU Forum.
Il gruppo Artisan Weaver’s Collective conferma il grande interesse di questa edizione della Biennale per la lavorazione dei tessuti e l’utilizzo di tecniche artigianali in chiave espressiva, Sana Gateja, Taga Nuwagaba, Xenson Ssenkaba, Jose Hendo, Odur Ronald completano la squadra degli artisti che attraverso diverse tecniche e stili illustrano il tema.
Zimbawe
Alla curatrice Fadzai Veronica Muchenwa, specialista degli archivi, di tematiche di giustizia sociale e pratiche artistiche relazionali, operante fra Harare e Makhanda in Sud Africa, è affidata la cura del Padiglione Nazionale della Repubblica dello Zimbawe, ospitato a Santa Maria della Pietà.
Muchenwa coordina un team di artisti capitanato dal veterano Gillian Rosselli, riuniti intorno al tema del titolo, Undone; Kombo Chapfika, Moffat Takadiwa, Sekai Machache, Troy Makaza e Victor Nyakauru completano la squadra degli artisti.