Al Volvo studio Manuele Fior illustra i racconti di Scerbanenco

Fino al 29 giugno, da Volvo Studio a Milano, sono in mostra ventuno tavole disegnate dal fumettista Manuele Fior e ispirate alle opere di Giorgio Scerbanenco. 

È difficile definire Manuele Fior con un’unica parola: fumettista, illustratore, scrittore e architetto. Nessuna di queste può racchiudere il talento di un artista che, dopo aver chiuso con la professione di architetto, si è messo alla prova sia con la storia dell’arte che con la grande letteratura.

Notevole rimane il suo lavoro “Le Variazioni d’Orsay”, pubblicato nel 2015 per Coconico Press, in cui i protagonisti del racconto sono i pittori e i capolavori esposti nella stazione ferroviaria di Parigi trasformata in museo da Gae Aulenti. Indimenticabili sono anche le copertine dei libri su cui Fior ha lavorato come quelle di Cesare Pavese, illustrate per Einaudi, o quelle degli autori russi Bulgakov e Gogol’ per Feltrinelli. Tra i suoi ultimi lavori è impossibile non menzionare “Celestia” con le vicende ambientate in una città costruita sull’acqua molto simile a Venezia, pubblicato da Oblomov edizioni nel 2019.

I Milanesi Ammazzano il Sabato c Manuele Fior per gentile concessione La nave di Teseo editore

Per chi volesse farsi un’idea del lavoro di Fior, fino al 29 giugno, grazie ad una originale idea di Elisabetta Sgarbi, sono visibili in zona Porta Nuova al Volvo Studio di Milano, ventuno tavole che la casa editrice La Nave di Teseo ha commissionato per la ripubblicazione delle opere di Giorgio Scerbanenco.

Allo scrittore nato a Kyiv nel 1911, da padre ucraino e madre italiana, sono legati indissolubilmente le origini del noir italiano e un certo tipo di racconto di Milano, città che più di tutte ha ispirato l’autore di “Venere Privata” e de “I milanesi ammazzano il sabato”. La Milano di Scerbanenco, vista con gli occhi di Fior, è ambigua e sfuggente a tratti incomprensibile, dai contorni sfumati e quindi inafferrabile. È una metropoli ricca in cui si annida il disagio economico, una città aperta dove ci si può sentire estranei. Un posto in cui i grattacieli e le nuove costruzioni si specchiano nel fango delle pozzanghere dei cantieri e dei suoli abbandonati. 

Conferenza Stampa Scerbanenco secondo Fior Volvo Studio Milano

Le tavole di Fior, stampate sulle copertine dei titoli di Scerbanenco, rappresentano bene la soglia che attende ciascun lettore di Scerbanenco, quella porta che si apre per svelare a chi leggerà le atmosfere in cui si muovono il celebre investigatore Duca Lamberti e tutti gli altri personaggi. Cecilia Scerbanenco ha affermato che Fior è riuscito a cogliere “un aspetto della narrazione di mio padre che mi era sempre sfuggito. È il male che si annida dietro l’angolo. Ma c’è anche l’amore, l’unico indefinibile, sfuggente sentimento che può salvarci dal buio dell’esistenza”.

Nel 1966 in un suo testo autobiografico intitolato “Io, Vladimir Scerbanenko”, lo scrittore presenta Milano come se fosse una persona di cui sente l’amicizia e scrive “in certi momenti, non sono le parole scritte che contano. Una voce, una carezza, un gesto di tenerezza, saranno sempre più forti e risolutivi di un miliardo di parole scritte dal più grande poeta di tutti i secoli. Noi viviamo di queste voci, di queste carezze, di queste tenerezze, non di libri”. 

Davanti alle opere al Volvo Studio si comprende bene cosa intenda lo scrittore italo-ucraino con quelle sue parole, i molti dettagli delle tavole in mostra, le atmosfere, gli sguardi dei personaggi, i colori sono un esempio perfetto di quelle carezze e di quei gesti di tenerezza di cui parla Scerbanenco e di cui spesso abbiamo bisogno e tutto questo Manuele Fior lo sa.

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