La storia della pittura su lamina di rame

È noto che chiunque cerchi di imbattersi in nozioni relative all’antica tecnica della pittura su metallo rimanga basito dalla poca documentazione a riguardo. Lacunosa e scarna è, difatti, la letteratura scientifica e il presente articolo cerca di dare una prima infarinatura sul tema. Solitamente di dimensioni contenute, le opere su lamina di rame erano destinate per lo più a un utilizzo privato e spesso riproducevano opere di grandi maestri.

È nel XV secolo, in concomitanza con lo sviluppo del gusto manierista, che tale pratica si afferma. Negli stessi anni in cui si assiste alla diffusione dell’incisione per la realizzazione di stampe e al perfezionamento della tecnica degli smalti dipinti, molti pittori iniziano a dipingere su rame paesaggi, nature morte, soggetti religiosi e mitologici, scene di battaglia, di genere e quant’altro il nuovo gusto manierista voleva realizzato su supporti più preziosi e di moda rispetto alle comuni tavole e tele.

Rubens Madonna della vallicella

Tale tecnica viene coltivata da grandi artisti come Domenichino, Guercino, Guido Reni, Caravaggio, Sebastiano del Piombo, Bronzino, ma anche dai moltissimi pittori fiamminghi.

L’invenzione del laminato permise di ottenere, velocemente e senza fusione, lamine molto regolari attraverso tecniche specificatamente studiate che, talvolta, prevedevano il rivestimento con ulteriori leghe con superfici preparate ad accogliere ulteriori metalli.

L’utilizzo del rame nella realizzazione di manufatti artistici risale, però, alla preistoria. Non si conosce, invece con esattezza il momento in cui si comincia a dipingere su questo supporto. Nei trattati medievali compaiono indicazioni riguardati la pittura su supporti metallici chiari e lucenti come oro, argento e stagno, più raramente su rame. Quest’ultimo, di solito, veniva rivestito con foglia oro o argento, oppure dipinto con colori traslucidi a imitazioni di queste superfici più preziose.

Per inciso il primo testo in cui si fa menzione della pittura traslucida su lamina metallica è il Manoscritto di Lucca, risalente all’VIII secolo, mentre nel De diversis artibus di Teofilo, del XII secolo, si riportano invece le indicazioni sulla tecnica di esecuzione.

Sfortunatamente molti manufatti di questo genere sono andati perduti poiché il metallo, essendo un materiale di valore, era spesso recuperato in periodi di guerra per la creazione di armi o utensili più comuni.

Rubens madonna della vallicella

Gli incrementi della sua produzione sono dovuti a diversi fattori: dal miglioramento delle tecniche di estrazione in cava all’invenzione del laminatoio (primi esempi di presse a rullo, alimentate da mulini ad acqua, compaiono nel Codice Atlantico di Leonardo) che, con la battitura meccanica, permise di ottenere velocemente e senza fusione, lamine regolari.

La lamina di rame si mostrava ideale per la pittura ad olio poiché costituiva un supporto non assorbente, rigido, liscio e caratterizzato dalla stessa colorazione rossastra che si usava per le preparazioni dei fondi, e sulla parte anteriore della lamina si poteva incidere il disegno con una punta metallica e applicare poi a pennello i colori vetrificabili; in alternativa si procedeva dipingendo direttamente su una base uniforme di smalto bianco o nero. 

I maggiori centri di produzione di rame, da cui gli artisti italiani importavano il metallo erano Anversa, Amburgo e Amsterdam, in Italia se ne produceva una qualità più scadente. Rimane però il dubbio riguardo al luogo in cui abbia avuto origine tale tecnica. Le ipotesi si restringono all’Italia e ai Paesi Bassi. L’origine italiana è sostenuta dal testo del Vasari, che nella “Vita” di Sebastiano del Piombo menziona l’uso precoce di questa tecnica da parte del pittore. Gli stessi artisti fiamminghi, durante i loro soggiorni italiani realizzarono molte opere su rame, probabilmente apprendendo la tecnica a contatto con gli artisti italiani.

anfranco Annunciazione olio su rame

In ogni caso, dalla metà del XVI secolo, tale supporto fu largamente usato in Italia, Germania e Paesi Bassi come elemento nuovo e prezioso per i piccoli e raffinati dipinti.

Guido Reni, ad esempio, che apprese la tecnica della pittura su rame dal pittore fiammingo Denys Calvaert, usava rivestire il supporto di rame con sottili lamine di argento, oro o di un metallo dall’aspetto simile allo stagno, in modo da ottenere un effetto di estrema luminosità.

La pittura a olio su lastra ramata dunque, vivida e brillante, si dimostrava ideale per la rappresentazione di temi sacri e profani.

Dalla metà del XVII secolo si assisté pian piano al declino della tecnica, a causa dell’insorgere di problemi legati alla corrosione del metallo, alla deperibilità delle opere e alla difficoltà di realizzarne di ampie dimensioni, e gli ultimi dipinti su lamina sono costituiti da piccoli dipinti da studiolo di soggetto storico e mitologico, opera di alcuni artisti rococò fortemente influenzati dal precedente periodo manierista.

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