Casa degli Artisti in collaborazione con Building e Moshe Tabibnia, inaugura la mostra e intitolazione dell’atelier all’artista Hidetoshi Nagasawa
Le sue opere sono soprattutto di natura monumentale. Architetture ambientali, giardini e poi le sculture di metalli preziosi (oro, marmo, bronzo) che sottendono alla leggerezza, come Libellula, Compasso di Archimede, Groviglio di quanta, Colonna, Casa del poeta, Barca, ma anche i bozzetti e i disegni con rame. Hidetoshi Nagasawa (1940-2018) nasce in Cina (Tonei, Manciuria), ma è di origini giapponesi. Dopo aver vissuto in Giappone e viaggiato tra Oriente e Occidente in bicicletta (perché lo considerava una modalità “molto umana” di muoversi), si stabilisce in Italia alla fine degli anni ‘60. Sebbene inizialmente la sua pratica è legata alla corrente più concettuale, sviluppa successivamente un approccio scultoreo (spesso di grandi dimensioni), e architettonico (del resto il suo percorso di studi era orientato proprio all’architettura e al design).
Compasso di Archimede (1991) è un’opera che pare propendere alla leggerezza, nonostante il peso della materia ferrosa. La gabbia centrale vuota è sospesa in un rigoroso equilibrio da tre barre che la sorreggono. Le dinamiche dello spazio e delle forze sono oggetto dell’interesse dell’artista, così come al concetto del vuoto, il “Ma”, che nella filosofia orientale è spazio di energie e possibilità. Una retrospettiva imponente e elegante, quella di Hidetoshi Nagasawa curata da Giorgio Verzotti, organizzata intorno a tre sedi, da Building Gallery, Galleria Moshe Tabibnia e Casa degli Artisti per l’ultimo appuntamento.
Proprio a Casa degli Artisti (alle origini Casa dei Pittori), fondata nel 1978 da Hidetoshi Nagasawa con Luciano Fabro e la storica dell’arte Jole de Sanna, è appena stato intitolato l’atelier che utilizzava durante quel periodo. Undici gli spazi che venivano destinati agli artisti (ma anche a liutai e artigiani) che sono passati in quell’epoca, e dagli abitanti occasionali che nell’ultimo ventennio del ‘900, avevano occupato una parte dell’edificio.
Un luogo di incontro e di ricerca voluto dai fratelli Aristodemo e Ferruccio Bogani agli inizi del secolo scorso, che avevano realizzato un progetto avanguardistico anche dal punto di vista architettonico, con la prima esperienza in cemento armato in Italia, insieme all’uso del vetro e del ferro. Una storia stratificata tra gestioni precedenti e successive, quella di Casa degli Artisti, un luogo descritto agli inizi del ‘900, come un «una vasta ortaglia in cui è fiorito mezzo secolo di pittura lombarda», come ricorda Jole De Sanna (in un articolo del 2003 pubblicato su Casa Vogue).
Insieme all’intitolazione, l’atelier ospita al suo interno una piccola mostra (fino al 4 giugno), che racconta l’articolata e complessa ricerca dell’artista giapponese, e il suo metodo di lavoro a partire dai molti disegni e bozzetti. Un piccolo allestimento museale tra teche di vetro che contengono i suoi schizzi, tra cui quelli per Libellula e Casa del Poeta. O ancora le maquette di Albero e di Barca. Ma anche due opere su carta appese alla parete, e un video nel piano inferiore con le esperienze più performative di Nagasawa. Nel lavoro dell’artista emerge l’idea della leggerezza che la materia è in grado di dare, di quel vuoto che non è mai tale, ma anzi è espressione e rappresentazione di un altrove. Ma anche la ricerca dell’equilibrio (interiore e degli oggetti), e dell’incontro tra la cultura originaria orientale e quella d’affezione occidentale.