“Camminare sulle uova”, “rompere le uova nel paniere”, “gallina dalle uova d’oro”, “cercare il pelo nell’uovo”, quanto hanno a che fare le uova con la vita umana? L’uovo come simbolo di nascita, scrigno di un nuovo essere, nella sua forma primaria assoluta.
Anna Maria Maiolino (Scalea, 1942) – Leone d’Oro alla Carriera 2024 – aveva pensato ad una passeggiata tra le uova quando, nel 1981 a Rio de Janeiro decise di mettere in atto la sua interpretazione della difficile situazione politica brasiliana segnata dall’ascesa al potere del Generale João Figueiredo.
Diventa allora così chiaro interpretare Tra le vite [Entrevidas]* come espressione artistica di vivere lo spazio come un campo minato, sorprendendosi (oppure no?) della fragilità delle vite che si incontrano lungo il tragitto, che siano la nostra o quella di coloro che ci circondano. Il senso di precarietà unisce colui che sovrasta e i vessati: le vite come le uova, che dipendono dall’equilibrio di chi si destreggia tra loro, che al tempo stesso rischia di inciampare rovinosamente.
In assenza di parole, assistiamo alla coreografia di danzatori mentre ci chiediamo se sia presente o meno una logica dietro alla successione di passi, o solo una fortunata coincidenza di idea e movimento. D’altronde questo è anche il quesito che ci tormenta: vi è una logica nel nostro percorso di vita o semplicemente una sequela di eventi più o meno fortunati? È la vita stessa che sceglie, o siamo noi messi di fronte alla vita che scegliamo?
Anche la danza, come l’uovo, è simbolo di vita. Se pensiamo alla serie de “La Danza” di Henri Matisse (1909-1910), le cinque figure antropomorfe protagoniste volteggiano innocentemente sul confine tra terra e cielo, tra finito e infinito, tra la dimensione del corpo e la dimensione dell’idea. Riconosciamo la stessa precarietà dei movimenti dei piedi nudi dei cinque nei passi dei nostri danzatori tra le uova che, se nell’opera del maestro francese diventa vortice incessante e desideroso di proseguire, nella performance di Maiolino può continuare all’infinito facendosi spazio tra le vite sottostanti.
La lotta tra la vita e la morte così poeticamente inscenata trascende il suo primo significato di contestazione politica ed è ancora oggi simbolo di resistenza tra le asperità in una coreografia improvvisata, ma necessaria.
*La performance è stata riproposta al Castello di Rivoli lo scorso 18 Maggio 2024 con la collaborazione della Compagnia EgriBiancoDanza e il Dipartimento Educazione del museo, nell’ambito dell’International Museum Day 2024 promosso da ICOM (International Council of Museums).