La fiera d’arte più glamour d’Europa – anzi, del mondo – apre i battenti e la città di Basilea decide di dare ai visitatori un benvenuto ecofriendly: una nuova edizione di Wheatfield – a Confrontation, la performance più iconica di Agnes Denes.
Novantatré anni compiuti a fine maggio, ungherese di nascita ma riparata in Svezia durante la Seconda Guerra Mondiale e poi cresciuta negli Stati Uniti, Denes è una di quelle figure difficilmente collocabili e per questo penalizzata. “Non mi sento a mio agio in nessuna categoria”, dice infatti. “Forse per questo il mio lavoro non è mai stato del tutto capito: perché non c’erano precedenti”. In effetti se a grandi linee le sue azioni si possono ascrivere alla Land Art, alla poesia leggera (e per certi versi anche un po’ inconcludente) delle passeggiate di Richard Long o delle sculture di sabbia di Robert Smithson, Denes aggiunge un pragmatismo stringente, quasi un utilitarismo, che però spesso si veste anche di eleganti giochi matematici e geometrici, figli della sua passione per la scienza che unisce alle conoscenze di storia, filosofia, antropologia, poesia (inizia come poetessa, ma le sembra che la parola sia troppo limitata per esprimere tutto quello che ha dentro) e psicologia.
Wheatfield – a Confrontation è un’azione visionaria che nel 1982 coinvolge un’ampia area posta a New York tra il compianto World Trade Center e Wall Street, nel cuore pulsante dei grandi movimenti di denaro. Denes si fa dare in uso per qualche mese, tra la primavera e l’estate, una discarica piena di detriti, una specie di ferita dentro la città, e con il solo aiuto economico del Public Art Fund (nemmeno immenso, peraltro: 10.000 dollari) riesce a realizzare un miracolo. Gli 8.000 metri quadri vengono sgombrati di rifiuti e detriti, ripuliti, ricoperti di tonnellate di terra da coltivo e viene anche creato un sistema di irrigazione per dare vita a una coltivazione di grano. I video dell’epoca – dove appare una Denes cinquantenne in camicia a quadri e gonnone con l’aria risoluta della pioniera – raccontano di volontari che dissodano il terreno con le mani e via via di una messe dorata che cresce, apparentemente indifferente alle quinte di cemento che le fanno da sfondo, alle sirene delle ambulanze e della polizia e ai rumori del traffico.
Alla fine dell’estate vengono raccolti circa 450 chili di grano che saranno in parte distribuiti e in parte utilizzati per altre coltivazioni in una sorta di catena virtuosa.
Nel 1982 il mondo non aveva ancora compreso quello che l’umanità stava facendo a se stessa. Cinque anni dopo, Oliver Stone, con il suo squalo Gordon Gekko, avrebbe fotografato in una pellicola diventata cult il vampirismo di Wall Street e le sciagurate storture del capitalismo. Eppure Denes aveva già capito tutto, e vaticinava una fine del secolo e un inizio del nuovo millennio come portatori di una serie di problematiche pesantissime per l’ambiente e per la psiche dell’umanità. Il suo Wheatfield, con il cortocircuito visivo che crea nel cuore stesso di Manhattan, è uno schiaffo di cui non tutti riescono pienamente a leggere la portata.
Nel 2015 la performance approda a Milano, a tingere d’oro il grandioso cantiere della futura Porta Nuova. Dove adesso c’è la Biblioteca degli Alberi, su 50.000 metri quadri di terra, Denes ricrea il suo campo di grano. E ora, più in piccolo, la sua Land Art visionaria e anticipatoria conquista anche Basilea, pronta ad accogliere la crème della contemporary art con i suoi tacchi-scultura e con gli occhiali da sole da 5.000 euro, muovendo corde che certamente – almeno, si spera – oggi sono molto più sensibili di quanto potevano esserlo quarant’anni fa. Nella Messeplatz, a un passo dalla Fiera e sotto lo sguardo un po’ inquietante del grande oblò firmato da Herzog & de Meuron, 10.000 metri quadri di piazza saranno riservati a una nuova coltivazione di grano che oggi va sotto il titolo Honouring Wheatfield – a Confrontation e che porterà a fine agosto un nuovo raccolto.
Il senso delle performance di Denes, del resto, sta nell’essere ripetute, diffuse il più possibile, oppure di restare intoccabili, come la sua Tree mountain – a living time capsule, realizzata negli anni Novanta a Ylöjärvi in Finlandia. Una foresta artificiale dove gli alberi sono stati piantati secondo un modello matematico, una visione dove si mescolano la casualità della natura e l’altrettanto naturale perfezione dei frattali che sarà legalmente protetta per i prossimi quattrocento anni.
“Siamo la prima specie che ha la possibilità di alterare consapevolmente la propria evoluzione”, dichiara Agnes Denes, richiamando il mondo a una reale presa di responsabilità. E aggiunge: “Credo che il ruolo dell’artista sia di creare un’arte che vada oltre la decorazione, che inneschi e ravvivi il pensiero”.
E va certamente oltre la decorazione – e forse oltre l’arte stessa – il suo progetto per la creazione di campi coltivabili verticali, che un giorno, in mancanza di spazio, potrebbero essere fondamentali. Così come potrebbe essere una soluzione a tanti problemi il suo lavoro sulla realizzazione di città del futuro: unione tra foresta e metropoli che si nutrano a vicenda.