Jerūiyq, l’utopia gentile del Padiglione Kazako

Tra i Padiglioni Nazionali presenti alla Biennale di Venezia, merita sicuramente un approfondimento particolare quello del Kazakistan, ospitato nell’inedita sede del Museo Storico Navale. La mostra, intitolata “Jerūiyq: Viaggio oltre l’orizzonte”, intende raccogliere a piene mani il patrimonio culturale kazako e proiettarlo in una dimensione futuristica e decoloniale, in un perfetto sum-up del pensiero filosofico kazako utopistico dagli anni 70 ad oggi.

Jerūiyq infatti, nella tradizione kazaka, è una terra leggendaria, un’utopia che ha radici profonde nelle narrazioni orali tramandate attraverso le generazioni. Questa terra promessa, descritta nei racconti del filosofo del XV secolo Asan Kaigy, è un luogo ideale libero da malattie e carestie, dove gli uccelli tessono i loro nidi sul dorso delle pecore e il tempo concede la vita eterna. Jerūiyq rappresenta l’aspirazione umana verso un luogo di perfetta armonia e abbondanza, una metafora della ricerca di conoscenza e di un futuro migliore.

La mostra del Padiglione Kazako si inserisce in questo contesto leggendario, reinterpretandolo alla luce delle sfide contemporanee. Il percorso espositivo, curato da Danagul Tolepbay e Anvar Musrepov, parte da Jerūiyq per arrivare a un futuro in cui umani e non umani convivono in armonia, passando in un presente di ferite non ancora rimarginate e causate proprio dalle moderne utopie. In un immaginario in cui i racconti fantascientifici sono incentrati su una colonizzazione planetaria eurocentrica e militartistica, gli artisti kazaki cercano invece di scoprire mondi fragili da proteggere, in un’indagine che risulta prettamente scientifica e non finalizzata allo sfruttamento delle risorse.

<em>Terra e Tempo Kazakhstan<em> Kamil Mullashev ph Ilaria Zago

Tra gli artisti in mostra, Kamil Mullashev, con il suo trittico “Terra e Tempo. Kazakhstan”, ci trasporta in un’epoca di esplorazione spaziale, evocando i sogni di conquista dei pianeti che animavano la gioventù kazaka durante l’era sovietica. Mullashev riesce a catturare l’essenza di un’utopia spaziale, intrecciando la realtà della steppa kazaka con la fantasia cosmica, creando un’opera che è al tempo stesso radicata nel suo contesto culturale e aperta a orizzonti universali.

<em>New Child Rebirth<em> Yerbolat Tolepbay ph Ilaria Zago

Yerbolat Tolepbay, con il monumentale “New Child. Rebirth”, ci presenta una visione di rinascita che va oltre le barriere ideologiche e temporali. La sua arte, profondamente influenzata dall’esperienza personale e dalle tradizioni spirituali del Kazakistan, si pone come un ponte tra il mondo materiale e quello spirituale. Tolepbay, attraverso un linguaggio pittorico potente, ci invita a riflettere sulla condizione umana e sulla possibilità di un futuro libero da conflitti ideologici.

Saken Narynov, con opere come “Six Lives of One Soul” e “The End of the Beginning and the Beginning of the End”, affronta le grandi domande sull’origine e la natura dell’universo. Le sue sculture, ispirate a oggetti topologici paradossali, ci portano a esplorare nuove dimensioni della realtà, sfidando la nostra percezione del mondo e delle sue leggi.

L’approccio innovativo di The2vvo (Eldar Tagi e Lena Pozdnyakova) in “Presence” combina tecniche vocali tradizionali con componenti digitali, creando un’esperienza multisensoriale che esplora l’interazione tra natura e cultura nell’Antropocene. Questo progetto mette in discussione le visioni antropocentriche, proponendo una rivalutazione delle tradizioni vocali indigene alla luce della crisi ecologica contemporanea.

Installation view Ilaria Zago

Infine, “Alastau” di Anvar Musrepov ci trasporta in un futuro distopico dove le ultime tribù nomadi del Kazakistan praticano antichi rituali per sopravvivere in un mondo senza sole. Questo video speculativo, profondamente radicato nella cultura e nella mitologia kazake, offre una parabola mistica sulla resilienza e la capacità umana di adattamento, proponendo una prospettiva decolonizzata delle narrazioni future.

L’Utopia Kazaka afferma dunque non solo l’identità culturale di un paese giovane, ma ci prepara ad un futuro condiviso, dove le diversità culturali non sono barriere, ma ponti verso una comprensione più profonda e universale.

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