Collectors Night di Pietrasanta, la carica degli artisti italiani (pt. 2)

Continua la nostra indagine per raccontare, in esclusiva per i nostri lettori, le proposte delle gallerie partecipanti alla Collectors Night di Pietrasanta, che si svolgerà la sera di sabato 6 luglio nella cittadina toscana conosciuta ovunque per l’ampia proposta di opere d’arte contemporanea. Nelle puntate precedenti, abbiamo raccontato gli artisti stranieri presenti nelle 9 gallerie partecipanti all’evento di quest’anno (qui la Pt. 1 e qui la Pt. 2), oltre alla prima parte dell’inchiesta sugli artisti (la potete leggere qua). Qua si seguito, ecco la seconda e ultima parte dell’inchiesta, sempre dedicata agli artisti italiani. 

Cominciamo con la bella mostra di opere di Giò Pomodoro, presentata dalla Galleria Secci negli splendidi spazi del Battistero del Duomo, in via Garibaldi, aperta fino all’8 settembre. Intitolata “Segni elementari” e curata da Enrico Mattei, la mostra è incentrata su alcune opere selezionate del maestro, la cui ricerca nel campo della luce e della tensione della materia costituisce un unicum nella scena della scultura italiana del secondo Novecento.

Significative ed estremamente selezionate le opere scelte per presentare la ricerca di Pomodoro sulla luce, tra cui spiccano Folla e Tensione Verticale, che evidenziano, coniugandola ogni volta in maniera differente, l’importanza della tensione e della torsione nello spazio, come sottolinea il curatore, mentre la splendida Figlia del Sole, al centro del Battistero, richiama il dipinto, eseguito tra il 1366 e il 1369 e custodito all’interno del Duomo, che rappresenta la Vergine con il Bambino tra i Santi Giovanni Battista e Giovanni Apostolo, venerato a Pietrasanta come simbolo di luce e di amore, intitolata appunto la Madonna del Sole. Quello di Pomodoro può essere letto come “un omaggio ai segni solari che la civiltà umana ha lasciato da sempre verso le quattro direzioni astronomiche”, come ha scritto anni fa l’artista a proposito del proprio lavoro: “segni comuni a razze e civiltà diverse, lontane e prossime, nel tempo e nello spazio… segni fondanti la geometria, lo sviluppo e la crescita del mondo vegetale e animale e minerale astrale”. Nella mostra pietrasantina, le opere dialogano con lo spazio e gli elementi decorativi dell’edificio, giocando con la luce del sole che penetra all’interno dello spazio del Battistero.

Molte, invece, le proposte di artisti italiani presso le due sedi della Galleria Poggiali, sia all’interno dei bellissimi e ampi spazi dell’ex fonderia di via Marconi 48 che nello spazio centrale in via Garibaldi 8. Tra gli altri, ecco le sculture di Fabio Viale: nato a Cuneo nel 1975, Viale vive a Torino ed è conosciuto per il suo virtuosismo tecnico nel modellare il marmo, realizzando copie di celebri statue classiche e sovrascrivendovi nuovi significati e simbologie contemporanee, attraverso la rimozione di parti, la focalizzazione su parti del corpo ingigantite come una mano o un torso o un volto, e mediante la tecnica della tatuatura sul corpo del soggetto. Le sculture tatuate, presentate dalla Galleria Poggiali, richiedono un processo meticoloso, simile al tatuaggio umano, dove il colore penetra in profondità nel marmo, un procedimento lungo e preciso che non ammette errori. Il David di Michelangelo, il Laoconte, Amore e Psiche vengono tappezzati di tatuaggi. Nel corso degli anni, Viale ha esplorato i temi dell’ambiguità e della mimesi del materiale, riproducendo in marmo materiali quali gomma, legno, plastica, polistirolo e carta. “Vedo nella materia”, ha detto l’artista, “una possibilità di cambiamento e trasformazione”.

Anche le opere di Giovanni Frangi sono presenti nella mostra allla Galleria Poggiali. Nato a Milano nel 1959, lavora principalmente sul tema della natura usando linguaggi e tecniche artistiche differenti: la pittura, il disegno, la scultura, le installazioni. Boschi, mari, fiumi e campagne vengono rappresentate tra figurazione e astrazione, in un mix che si situa tra la raffigurazione della natura e un’idea di paesaggio interiore. Sebbene il punto di partenza sia sempre apparentemente realistico, Frangi adotta uno stile espressionista e una tendenza verso la pittura informale che lo portano a ricreare una realtà trasfigurata e immaginaria, con una pennellata inconfondibile e di grande potenza espressiva. L’artista si muove tra un avvicinamento al dato naturale e un continuo allontanamento verso i territori del fantastico, creando così un ponte tra realtà e immaginazione che caratterizza profondamente il suo lavoro.

Giovanni Frangi Giardini pubblici 2015 olio su tela cm 200×300 Courtesy Galleria Poggiali

Tra gli italiani, invece, ma alla galleria The Project Space all’ex Marmi di via Nazario Sauro 52, all’interno della mostra The Space in Beween, ecco poi le opere di Filippo Tincolini, artista che unisce passione per la tecnologia e amore per la libertà nella sua pratica scultorea. La sua produzione artistica riflette una continua ricerca di innovazione ed espressione, grazie a una profonda conoscenza storico-artistica e a una padronanza delle tecniche e tecnologie moderne. La scultura, per Tincolini, non è solo un mestiere, ma una forma di pensiero e di esplorazione dell’esistente. Il marmo, materiale prediletto dall’artista, diventa per lui un materiale da mescolare con le più innovative tecnologie, creando un dialogo continuo tra passato e presente.

L’universo personale di Tincolini si nutre di una varietà di mondi e tematiche: dalla mitologia ai fumetti e alla narrazione fantasy, dalla letteratura alla filosofia, dall’antropologia alla natura. Questo melting pot culturale si traduce in un linguaggio artistico altamente suggestivo, in cui convivono simbolismi della cultura alta e della pop culture, la conoscenza dell’arte classica e dell’underground, il cinema d’essai e i blockbuster, la poesia e i comic strips. Attraverso le sue opere, Tincolini afferma l’importanza di una cultura visiva fluida, che non pretende di offrire verità assolute, ma si impegna a rispondere alle domande fondamentali dell’essere umano con ironia, gioiosità e leggerezza. Nella serie “Flowered Soul”, esposti da The Project Space, Tincolini esplora il legame tra l’umanità e la natura, rappresentando foglie e fiori che emergono dai corpi e dalle tute degli astronauti. Questi elementi naturali simboleggiano la forza vitale e reclamano il loro primato anche nello spazio. La natura, in questo contesto, non è solo un ritorno alle origini ma un compagno di viaggio nelle avventure del mondo a venire, ricordando però sempre di non dimenticare le proprie radici.

Non potevano invece mancare, tornando alla collettiva di Poggiali, le grandi e suggestive tele di Luca Pignatelli. Milanese, classe 1962, Pignatelli è famoso per i suoi teloni ferroviari su cui sono riprodotte, con un linguaggio di grande suggestione che trae spunti dalle sperimentazioni delle seconde avanguardie, all’astrazione classica, alle ricerche sui materiali di Burri fino a quelle dell’Arte povera, icone della cultura classica come Veneri e teste di eroi, come paesaggi newyorchesi, aerei, navi. Pignatelli gioca con gli stili, le epoche e i riferimenti vuoi alla classicità antica o alla classicità del Moderno con straordinaria consapevolezza e un non comune senso del dramma e della storia.

Roberto BArni Impresa 2005 bronzo cm 450x240x100

Ancora da Poggiali, ecco poi le sculture di Roberto Barni: pistoiese, classe 1939, Barni è famoso per le sue sculture dalla forma allungata, di grande eleganza e leggerezza formale, il cui protagonista è sempre l’uomo. Un omaggio alla figura umana caratterizzata sempre da un senso di precarietà, da un senso di solitudine e di precarietà, dal mioviumento e dal viaggio come metafore dell’esistenza. “Nel tempo mi si è imposta sempre di più”, ha detto l’artista, “la figura dell’uomo che cammina e che viene a trovarsi in un rapporto precario e instabile con gli oggetti che lo circondano”.

Eliseo Mattiacci Senza titolo corpi celesti 2008 disegno a china su carta cm 735×535

Infine, sempre nella collettiva di Galleria Poggiali, ecco tre protagonisti indiscussi dell’arte contemporanea del secondo Novecento: Eliseo Mattiacci, Gilberto Zorio ed Enzo Cucchi. Scomparso nel 2019, Mattiacci è stato uno dei grandi artisti italiani che hanno rinnovato il linguaggio scultoreo a partire da un ragionamento sulla forma, spesso di taglio monumentale, i cui elementi principali sono l’energia, il movimento, la trasformazione, il gioco e il bilanciamento della forma pura. “Amo l’esserci fisicamente nelle cose”, scriveva l’0rtista nel 1969, “poggiarci le mani, analizzarle e comprimerle, attraversarle: perché esistono. Per questo i materiali che uso sono vari: mi interessa vedere come reagiscono, come si piegano. Mi piace vedere una materia compressa da un peso, osservata in trasparenza, assistere a come si muove e varia nell’aria, nel sole, nella pioggia… Le dune di sabbia formate dal vento, oppure trattenute da membrane trasparenti, e le azioni improvvise e instabili, l’incontro fortuito”.

Gilberto Zorio Stella Africa 1983 terracotta su pelle cm 160×296

Gilberto Zorio è invece protagonista storico dell’Arte Povera sin dalla metà degli anni Sessanta. Il suo lavoro si caratterizza per l’energia, l’alchimia, la manifestazione della processualità e l’attenzione alle forme in potenza insite nei materiali. Attratto dai processi chimico-fisici, Zorio crea opere in costante azione e mutamento, come se avessero una propria forza vitale. Utilizza elementi chimici come zolfo, cobalto e fosforo in combinazione con materiali come eternit e ferro, esplorando il dialogo tra la stabilità e l’instabilità, tra le materie naturali e i prodotti industriali. Le sue opere mostrano la tensione e la trasformazione continua a cui sono sottoposte. Zorio attiva processi le cui reazioni possono essere parzialmente controllate, lasciando che il tempo, gli agenti chimici, fisici e atmosferici modellino l’opera. La sua ricerca sui materiali è legata a una componente simbolica, rappresentata da elementi come la stella a cinque punte, la canoa e il giavellotto, che diventano archetipi e immagini energetiche, evocando tensione e vitalità.

Enzio Cucchi Il vesuvio 1994 Matita e carboncino su carta cm 23×3050

Infine, Enzo Cucchi: straordinario affabulatore del segno, del colore e della materia, Cucchi è uno degli artisti più prolifici e innovativi della scena contemporanea, noto per la sua libertà di pensiero e il suo approccio controcorrente. Figura centrale della Transavanguardia dalla fine degli anni Settanta, Cucchi combina elementi della cultura popolare e della mitologia in opere che spaziano dalla pittura alla scultura. La sua arte è caratterizzata da una ricca iconografia e una forte componente narrativa, spesso utilizzando simboli esoterici e temi spirituali. Cucchi fonde parola scritta e immagine, creando mondi visivi complessi e suggestivi che continuano a ispirare nuove generazioni di artisti.

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