“Dipingo in prosa ma qualche rima scappa via” sono le parole di Valerio Adami per descrivere la sua arte, che troviamo anche nella personale Valerio Adami. Pittore di idee al Palazzo Reale di Milano. Non si potrebbe usare frase migliore per descrivere il suo modo di fare arte. Il legame tra pittura e scrittura è sempre stato evidente nei lavori di Adami e la mostra lo restituisce appieno.
L’istituzione milanese ospita fino al 22 settembre 2024, oltre settanta quadri e circa cinquanta disegni del pittore bolognose, dal 1957 fino ad oggi. Cuarata da Marco Meneguzzo con il coordinamento generale di Valeria Cantoni Mamiani, presidente dell’archivio Valerio Adami, la mostra è un’antologica che celebra i sessantacinque anni di carriera e ricerca di uno dei maggiori artisti italiani del dopoguerra.
Nato a Bologna nel 1935, si trasferisce presto a Milano con la famiglia, città che lo ha accolto e adottato. Sarà però Oskar Kokoschka a segnare un’importante svolta alla vita di Adami. L’artista ha infatti dichiarato di aver scoperto grazie a lui che “la pittura è molto più che la pittura.” Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera, espone tra Milano e Roma e partecipa addirittura a una rassegna di giovani artisti italiani in Giappone. Degna di nota è sicuramente la partecipazione a Documenta III nel 1964 a Kassel, Germania, con una sua sala personale.
Tra la fine degli anni sessanta e la metà degli anni ottanta, la vita del pittore è costellata da una lunghissima serie di viaggi insieme alla moglie Camilla Cantoni Mamiani, anche lei pittrice, esponendo le sue opere in varie città tra cui New York, Israele, Città del Messico, Los Angeles, Parigi e l’Avana.
Esposte a Palazzo Reale sono infatti una serie di fotografie, in bianco e nero e a colori, che ritraggono Valerio e Camilla in giro per il mondo, restituendoci tutta l’intimità di una giovane coppia di artisti. Insime alle foto con la moglie non mancano quelle dell’artista nel suo studio o in compagnia degli amici. Questa sezione fotografica ci restituisce il lato privato e confidenziale di un personaggio così celebre come Adami, spesso sovrastato dalla fama che lo precede.
Le opere sono presentate attraverso una suddivisione sia cronologica che tematica. Le prime tre sale rispettano infatti l’ordine temporale, esponendo i primi lavori dagli esordi alla fine degli anni sessanta e quelli realizzati negli anni settanta. La quarta sala è invece tematica e presenta infatti la sezione di ritratti di personaggi celebri che l’artista ha scelto come esempi di vita e di arte.
Si tratta di una serie iniziata da Adami nel 1966, inaugurata con quello di Nietzche e portata avanti a più riprese nel corso degli anni. Oltre ai capolavori pittorici di grande formato che catturano il nostro sguardo, di enorme importanza sono anche i ritratti su carta. In mostra ne troviamo alcuni realizzati dal 2018 principalmente con grafite e inchiostro. Tra i volti più noti Gandhi, William Shakespeare, Giorgio de Chirico, Mozart, Paul Valéry, Francis Bacon e Giacomo Leopardi, suo lontano antenato da parte di padre.
Di una serie molto più ampia, qui vengono proposti solo alcuni disegni, presentati all’interno di una sorta di “cappella” di devozione, dalle pareti nere, la cui disposizione ricorda il modo in cui Adami li espone nel suo studio. I disegni dallo stile ritrattistico più libero, ricordano il tratto del maestro Kokoschka, la cui influenza su Adami è indiscutibile. Ne è un esempio la pittura Penthesilea del 1994, dove le figure rimano per contrapposizione, la forma circolare del sole si contrappone infatti a quella cruciforme dell’ambulanza.
La sezione dei disegni è fondamentale in quest’esposizione ma in generale per comprendere l’arte di Valerio Adami. Se infatti viene generalmente considerato un “pittore del colore”, dalle campiture piatte e dalle tonalità accese, in realtà anche il disegno che vi sta alla base è essenziale nei suoi lavori. Il disegno è la vera chiave di lettura, il punto di partenza di ogni suo quadro, il centro del suo pensare l’arte. La scelta curatoriale di esporre non solo le famose pitture di Adami ma anche i disegni preparatori delle stesse, è in questo caso più che opportuna ma soprattutto esplicativa. “Centinaia di forme e pensieri girano su un foglio di carta, il disegno li arresta al momento in cui il visivo diventa pensiero e il pensiero torna visivo” annota Adami in Disegno & confessione, suggerendo che per lui il disegno non assume un mero valore strumentale ma suscita invece processi di immaginazione – prosegue ancora – “Disegno e immaginazione sono fratelli gemelli. La matita e la gomma l’affermazione e la negazione.”
La personale Valerio Adami. Pittore di idee coglie anche un altro aspetto fondamentale della sua pratica artistica: la relazione con la scrittura. Già dagli anni settanta, nelle sue opere la parola assume un ruolo sempre più importante, fino a includerlo tra i maggiori esponenti di quella “figuration narrative” francese, in cui si identifica solo parzialmente. “Io stesso introduco parole nei miei quadri, quando non ho bisogno della forma dell’oggetto ma del suo nome” scrive Adami.
Un esempio ecclatante è sicuramente l’opera Attentato II del 1972, dove il figurativo cede totalmente il posto alle parole, con l’indestinguibile calligrafia dell’artista. Con quest’opera e la di poco precedente Attenato I, Adami introduce nella sua pittura temi politici e sociali in cui soffoca il tragico dell’evento sotto la grazia dei colori tenui e sotto il controllo della linea. Quando gli venne chiesto se si definisse un pittore impegnato, lui rispose “È evidente che io sia un pittore impegnato, ma impegnato verso me stesso. Non credo che attraverso la pittura si possa intervenire direttamente sulla vita sociale, il pittore non può modificarla, non può fare niente. […] La pittura può modificare la vita sociale indirettamente, può modificare un linguaggio, e così può arrivare a modificare il terreno su cui si costruisce la morale di una società. […] Non credo a una pittura impegnata, né alla pittura politica. La pittura è sempre impegnta in quanto azione, atto stesso del dipingere.”