Cinque artisti che vivono un momento d’oro nei musei statunitensi

Se avessimo la possibilità di guardare direttamente nella Zeitgeist curatoriale negli Stati Uniti, cosa vedremmo? Una possibile risposta a questa domanda risiede nell’osservazione degli artisti presentati contemporaneamente in mostre temporanee nei musei di tutto il paese.

Nelle ultime settimane ho analizzato il programma espositivo di 200 musei statunitensi, cercando di individuare i nomi che ricorrono maggiormente. Sebbene sia quasi impossibile essere completamente esaurienti e l’analisi comporti necessariamente una certa soggettività, vi posso assicurare che l’esercizio è parso utile, una sorta di espresso curatoriale.

Prendendo in considerazione l’ampiezza dell’influenza, non ho differenziato tra istituzioni grandi e piccole. Ho dato maggiore importanza alle retrospectiva di carriera, seguite da mostre personali, commissioni speciali, apparizioni biennali e infine inserimenti in mostre tematiche di gruppo.

Nonostante le inevitabili limitazioni dell’esercizio, ho ritenuto utile rendere visibile lo stato di artisti la cui presenza altrimenti potrebbe non essere notata. Di seguito, ho deciso di mettere in evidenza cinque artisti per i quali sembra esistere una solida presenza e attenzione.

I musei attualmente sembrano concentrarsi nell’elevare le voci delle minoranze, un tema centrale presente. Si percepisce una forte retorica dell’engagement comunitario e dell’educazione storica. Importante sottolineare come né la tradizionale pittura su tela né i nuovi media siano centrali in questo contesto; questi artisti si orientano principalmente verso l’installazione e la scultura, lavorando con materiali che hanno connotazioni simboliche alla comunità e alla tradizione.

Marie Watt è un esempio emblematico di questo fervore artistico. Di origini Seneca e formata a Yale, l’artista con base a Portland, in Oregon, crea opere che affrontano la storia e la conoscenza indigene, spesso lavorando con coperte e altri tessuti. Le sue opere sono visibili in tutto il paese, da Anchorage ad Austin.

In secondo luogo, segnaliamo Jess T. Dugan. L’artista di St. Louis è nota per i suoi teneri ritratti fotografici di soggetti queer e transgender. Le sue opere sono presentate in diverse mostre, facendo capire alle persone cosa significhi vivere come un individuo queer o transgender.

Ovviamente, queste sono solo alcune delle voci emergenti nel panorama artistico statunitense attuale. È interessante ed edificante osservare come i musei e le istituzioni d’arte stiano dando sempre più spazio a voci diverse e meno rappresentate, creando un dialogo artistico sempre più inclusivo e variegato.

Assistiamo dunque ad una Zeitgeist curatoriale che non solo tende ad elevare le voci delle minoranze, ma anche ad integrare nel discorso artistico forme espressive tradizionali, come l’installazione e la scultura, ampliando così la comprensione di cosa significhi essere un artista oggi.

È fervente il desiderio di scoprire quali saranno le prossime voci che emergeranno in questo panorama in continua evoluzione. Nel frattempo, ci godiamo il vento di cambiamento che sta soffiando nei musei statunitensi, arricchendoli di storie nuove e affascinanti da raccontare.

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