AIntropocene all’ETHMilan, Lino Strangis e Debora Hirsch coniugano tecnologia e ambiente

“L’esposizione AIntropocene nasce con l’intento di mostrare come gli artisti contemporanei, attraverso la loro arte, ci guidano non solo verso una fruizione estetica – sempre fondamentale e imprescindibile – ma anche verso una riflessione profonda sulla crisi climatica. L’impiego di IA “riutilizzate” di Lino Strangis hanno dato vita a Golden Bees e la ricerca di Debora Hirsch sulle piante in via d’estinzione sono alla base del virtuoso progetto artistico Plant”.

ph Ambra Parola

Queste le parole della curatrice Rebecca Pedrazzi alla chiusura della mostra AIntropocene, che ha fatto da splendente vetrina a ETHMilan, la più grande conferenza italiana sui temi della decentralizzazione, blockchain e web3. Sede dell’esposizione dal 26 al 27 settembre la Palazzina dei Bagni Misteriosi, con accesso anche dal Teatro Franco Parenti di Milano. 

Così Rebecca Pedrazzi prosegue: “Il pubblico aveva la possibilità di interagire con l’installazione multimediale e immersiva di Lino – uno sciame di api dorate – muovendo un grande fiore, riflettendo sull’impatto delle nostre azioni sull’ecosistema. Le opere Plantalia di Debora, che preservano le piante a rischio dall’oblio, erano corredate dai Tableaux de Recherche per approfondirne la ricerca. Abbiamo inoltre allestito un percorso multisensoriale grazie alle essenze realizzate dall’Italian Perfumery Institute ispirate a cinque fiori della serie Plant. L’intento è stato anche quello di creare una cornice attorno alle opere: il corridoio centrale è stato pensato come una connessione dei lavori degli artisti: oltre 1000 fiori di carta realizzati con la collaborazione delle donne della fondazione Arché e le api in stampa 3d su disegno di Lino che posandosi sui fiori danno un messaggio di rinascita dell’ecosistema”.

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Un allestimento studiato nei minimi dettagli: il corridoio di un vecchio spogliatoio dalle emblematiche pareti a mosaico separava le opere multimediali dei due artisti, Lino Strangis e Debora Hirsch. Un angolo di natura all’interno della Palazzina dei Bagni Misteriosi, un ambiente confortevole dove lasciarsi trasportare dall’elegante polimorfia delle specie vegetali, dalla danza delle api e da note musicali persuasive.

AIntropocene è nata da un’idea di Rebecca Pedrazzi, curatrice e storica dell’arte, figura consolidata nello studio dell’intelligenza artificiale e dell’arte digitale. Al suo fianco, la preziosa collaborazione della project manager Alessia Cuccu, una sinergia ben riuscita, frutto di un’attenzione ai minimi particolari.

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Debora Hirsch è attualmente presente con le sue opere in esposizione fino al prossimo 20 ottobre anche a Genova nella mostra personale Echoes of the Mediterranean in Terrazza Colombo. Anche qui è presente il simbolo della sua recente produzione, Plantalia, proiettato sul maxischermo del grattacielo in fasce orarie quotidiane. Una selezione di fiori e piante della macchia mediterranea e, in particolare, del territorio ligure richiamano l’attenzione verso una maggiore sensibilità da parte dell’uomo nel rapporto con la natura e con la biodiversità.

L’opera iconica Plantalia e il progetto Plant proseguiranno il loro iter oltreoceano con la personale di Hirsch alla galleria Hutchinson Modern & Contemporary di New York dal 21 novembre. Ma in occasione di AIntropocene l’artista ha messo sul campo due novità: i “Tableau de Recherche” e la collaborazione con l’Italian Perfumery Institute. I pannelli espositivi, abbinati alle opere, permettono al pubblico di analizzare il lavoro dell’artista e approfondire la storia delle varietà in questione. Altrettanto importante è l’abbinamento delle opere a profumi inediti, scelti dal naso certificato di Andrej Babicky, abbinando elementi naturali a essenze sintetiche sulla base della sua raffinata conoscenza nel settore.

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Così Debora spiega la scelta di introdurre una nuova attivazione sensoriale nella connessione tra lo spettatore e i propri lavori: “L’olfatto è il senso più primitivo e diretto che abbiamo. L’odore del mare e l’odore della foresta mi riportano a una connessione istintiva con la natura. Credo che ignorare i nostri sensi significhi ignorare la nostra appartenenza al mondo naturale. Solo quando smettiamo di considerare la natura come una merce da sfruttare possiamo ristabilire un equilibrio sostenibile tra noi e l’ambiente. L’olfatto, per me, non è solo un senso, ma un mezzo di connessione profonda con il mondo. Alcuni profumi riescono a evocare stati d’animo e spazi interiori che la parola non può catturare. Non sono legata a un singolo profumo, ma trovo che le fragranze abbiano un potere evocativo straordinario. Questi profumi hanno il potere di trasportarmi in luoghi lontani o in momenti significativi della mia vita”.

A questo impegno ambientalista si associa in lei un background ingegneristico ed entrambi gli aspetti incidono sulla sua virtuosa carriera da artista. C’è da chiederle quale sia la sua lettura sull’utilizzo dell’AI nel mondo dell’arte e su quali possono essere i vantaggi, le prospettive e i limiti.

Ed ecco il parere di Debora Hirsch: “L’intelligenza artificiale è uno strumento potente, ma non fa arte. Può elaborare dati, creare variazioni, e persino sorprendere, ma non può sostituire l’artista. Il vantaggio dell’AI? Espandere possibilità e poter utilizzare una moltitudine di riferimenti. Il limite? Non può immaginare, non può sentire, non ha esperienza. L’arte è una questione anche di visione, e la visione resta prerogativa dell’artista. L’AI non è un sostituto, è un’estensione. Se pensiamo il contrario, rischiamo solo di produrre variazioni su un tema già visto e di avere una ricerca poco autentica. C’è il rischio di una standardizzazione della creatività, dove l’originalità può venire compromessa da processi automatizzati. Insomma, l’AI non può sostituire la sensibilità umana, l’intuizione e la profondità emotiva che si manifestano in un’opera d’arte“.

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Dall’altro lato della sala, Lino Strangis dà voce a uno sciame di api, simbolo della crisi climatica. Le api sono tra le principali vittime dell’agricoltura industriale, e il loro moto “a gruppi”, accuratamente coreografico, a qualcuno ricorda quello delle onde del mare, a qualcun altro le fiamme di una combustione in atto.

“Mi interessa proporre – sostiene Lino Strangis – forme di interattività che definisco problematiche. Esperienze sensoriali intense, immersive, ma anche differenti, alternative e perturbanti, per comunicare con l’inconscio delle persone, a monte del pensiero razionale. Le mie opere sono esperienze metaforiche nelle quali cerco di stratificare diversi livelli di senso, cercando però di lasciare, al contempo, questa proliferazione di significanti il più possibile aperta a ulteriori e personali interpretazioni. Cerco, dunque, di segnalare in modo poetico alcuni argomenti che per me sono estremamente rilevanti, come in questo caso la questione ambientale simboleggiata dalle api d’oro e il loro ecosistema virtuale. Evitando, quando possibile, di essere didascalico e lasciando autonomia all’esperienza soggettiva“.

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