Arte e Territorio: Hypermaremma si racconta al MAXXI

Al Maxxi di Roma un documentario celebra sei anni di Hypermaremma, il progetto d’arte diffusa che ha trasformato il territorio della Maremma Toscana in un museo a cielo aperto.

È stato presentato ieri, 8 ottobre, al museo Maxxi di Roma il cortometraggio che ripercorre la storia di Hypermaremma, il festival di arte diffusa che da sei anni anima le estati della Maremma Toscana. Nato dall’idea visionaria di due galleristi, Giorgio Galotti e Carlo Pratis, e di un collezionista Matteo D’Aloja, il progetto è cresciuto al punto tale da diventare realtà ormai consolidata nel panorama dell’arte contemporanea italiana.

Il programma propone ogni anno una serie di installazioni, temporanee o permanenti, performance e mostre che coinvolgono artisti italiani e internazionali in un dialogo costante con la memoria storica dei luoghi e con le loro caratteristiche naturali. L’intuizione vincente è stata quella di considerare questo territorio non solo come sfondo, ma come parte attiva del processo creativo. Qui, l’arte non è mai contemplativa, ma parte integrante del paesaggio perché ogni opera è pensata per essere inserita armoniosamente nel contesto naturale e per essere sostenibile. In un’epoca in cui l’ambiente è al centro del dibattito globale, Hypermaremma ha scelto di lavorare nel rispetto del paesaggio, valorizzandolo senza alterarne l’equilibrio ma anzi innescando una profonda riflessione sull’impatto dell’uomo e delle sue scelte. 

Ne abbiamo parlato con Giorgio Galotti, co-fondatore e co-curatore di Hypermaremma, che, a partire proprio dal cortometraggio presentato al MAXXI, ci ha raccontato le origini del progetto e la sua evoluzione. 

Davide Rivalta <em>Gorilla<em> courtesy the artist and Hypermaremma photo Daniele Molajoli

È stato presentato al MAXXI di Roma un cortometraggio che ripercorre i primi sei anni di vita di Hypermaremma, il progetto di arte pubblica in Maremma di cui sei co-fondatore e co-curatore insieme a Matteo D’Aloja e Carlo Pratis. In primis, come è nata l’idea del documentario?

Al quinto anno ci siamo chiesti se potesse avere senso, soprattutto per noi, fare mente locale su quello che avevamo costruito. Da qui è venuta l’idea di riordinare tutto in un video che potesse diventare un documento per il futuro per non dimenticarci i passaggi fondamentali di questo percorso.

Sei anni rappresentano una temporalità sufficiente per fare il punto dello stato dell’arte rispetto all’idea iniziale. Da progetto nato, un po’ per caso (almeno questa è l’impressione dal di fuori) tra tre amici nel loro posto del cuore, oggi il vostro profilo ha assunto una dimensione sempre più istituzionale. Come è evoluto il progetto rispetto alle vostre aspirazioni iniziali? E quali sono stati i momenti chiave in questo percorso di crescita?

Mi piacerebbe parlare di “resistenza”, un termine e un concetto che spesso passa per essere scontato, e che ha un po’ dettato le regole di questo progetto sin dall’inizio, quando è nato in modo talmente naturale, autonomo, a volte scoordinato, che solo il tempo avrebbe potuto stabilizzare.

Io vedo il 2020 e il 2022 come anni chiave. Il primo quando il pubblico, obbligato a viaggiare nei confini nazionali e non avendo la possibilità di entrare nei luoghi deputati all’arte, si è trovato di fronte a un messaggio immerso nella natura: SPAZIO AMATO, diventato poi di tutti.

Il 2022 per aver coinvolto alcuni artisti già ampiamente riconosciuti, a sfidare la storia e la natura dei luoghi. Penso a Maurizio Nannucci con la sua opera rivolta ai naviganti, installata sulla facciata di una fortezza medievale a picco sul mare, o a Claudia Comte con il suo messaggio di 110 metri di tronchi di pino dell’Amiata, che è diventato un po’ un mantra e che la natura stessa, di cui parla l’opera, ne ha dettato la durata. La resistenza al tempo.

Mauro Staccioli <em>Prospettiva Cielo<em> 2004 2024 Courtesy Archivio Mauro Staccioli e Hypermaremma

La Maremma è un territorio meraviglioso ed estremamente affascinante, ma anche, per sua natura, complesso, difficile. Il grande merito di Hypermaremma è, secondo me, la capacità di aver costruito un paesaggio diverso, un immaginario naturale fortemente connotato dall’arte contemporanea in un territorio che ne era scevro. Quali sono state le maggiori difficoltà nel riuscire a integrare l’arte in un ambiente così carico di storia e natura?

Il più grande limite dell’arte pubblica è la burocrazia, quando una visione di un artista rischia di passare per essere un abuso edilizio, devastando completamente la poesia e il significato di quel gesto.

Hypermaremma è riuscito a portare l’arte contemporanea fuori dai centri urbani, creando un polo culturale innovativo in un’area meno battuta. Pensi che questo modello possa essere replicato in altre regioni d’Italia o all’estero?

Assolutamente si, e credo sia già in atto questo processo di decentralizzazione di produzioni culturali fuori dalle metropoli. Non solo in ambito visivo. Noi abbiamo solo ereditato una buona pratica, già attivata in passato, in un momento storico in cui viene anche percepita e si tramuta in partecipazione, comunità.

Massimo Uberti Spazio Amato

Guardando al futuro, quali sono i vostri piani per Hypermaremma? Fino a dove desiderate spingere il progetto?

Il programma è nato con una focalizzazione prevalentemente estiva ma stiamo provando a renderlo il più esteso possibile attraverso la permanenza delle opere oltre questo slot temporale. Come ho accennato in precedenza e’ il territorio che detta le regole per noi e quel pubblico pronto a recepire o meno quello che facciamo.

Cosa speri che Hypermaremma lasci come eredità non solo agli appassionati d’arte, ma anche al territorio e alla comunità locale?

Una comunità più curiosa, sensibile e meno frenetica, oltre a un nuovo patrimonio. Il nostro è un continuo gesto d’amore. Agli avventori offriamo nuove vie di immaginazione e agli appassionati di arte contenuti a fruizione libera, quindi ognuno di loro sceglierà cosa portarsi dietro e cosa dimenticare.

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