A Bergamo una mostra che ci invita a “non entrare”

Non guardarla se non ne hai voglia. È l’invito curatoriale della mostra Non pensare all’elefante rosa alla Traffic Gallery di Bergamo, in collaborazione con Galleria Ramo. Aperta fino al 7 dicembre 2024, l’esposizione si pone l’arduo compito di invitarci a riflettere sulle nostre scelte di vita personali, ragionando su quanto queste siano condizionate dall’esterno. La curatrice Sara Parolini, con la direzione artistica di Giorgia Massari, presenta una mostra bipersonale degli artisti Hyun Cho e Giulio Zanet.

Courtesy Traffic Gallery, Hyun Cho, Giulio Zanet PH Credits Ivano Triolo Studio @ ivanotriolostudio

È  un caso più unico che raro quello in cui siamo invitati a non sentirci obbligati a partecipare attivamente alla mostra. In un periodo storico in cui dobbiamo necessariamente fare tutto, vedere tutto e diventare tutto, è giusto ricordare a noi stessi di fermarci, chiedendoci cos’è che desideriamo veramente. L’obiettivo di Non pensare all’elefante rosa è proprio questo, si pone quindi come una sorta di valvola di decompressione dalla frenesia del mondo esterno in cui non c’è mai tempo neanche per avere un dubbio. 

La mostra è stata allestita in occasione del sabato dell’arte in San Tomaso, iniziativa in cui le gallerie di via San Tomaso, una delle più ricche vie d’arte di Bergamo, inaugurano lo stesso giorno, ognuna nei propri spazi, mostre diverse. Scopo della proposta, oltre all’unione e alla collaborazione dei diversi centri d’arte della città, è quello di poter convogliare un più vasto pubblico, visto il recente interesse turistico per la città, anche grazie alla nomina di Bergamo come capitale Italiana della cultura 2023, avvenuta nel luglio 2020.

Courtesy Traffic Gallery, Hyun Cho, Giulio Zanet PH Credits Ivano Triolo Studio @ ivanotriolostudio

All’interno degli spazi espositivi si susseguono opere pittoriche e installative dei due artisti, le cui storie sono decisamente diverse. La vita di Hyun Cho è costellata da numerosi traslochi: nata a Seoul è partita per studiare arte alla volta di Sidney e New York, portando poi avanti anche uno stretto rapporto con l’Italia. Questo mix culturale l’ha spinta ad avere uno sguardo decisamente aperto, rendendola una vera e propria figlia del mondo.

L’iconografia urbana insieme ai simboli della pop-culture sono elementi centrali nella sua arte, sicuramente influenzata dalle grandi città in cui ha vissuto, come lei stessa ha dichiarato. Interessante è come nei lavori di Cho la segnaletica assuma totalmente un nuovo significato, allontanandosi da quello originario. Ritroviamo spesso il simbolo della freccia, le ruote di uno skate o le insegne dei negozi sempre illuminate, che l’artista ricompone in oggetti scultorei il cui significato muta in base alle personali credenze di chi li osserva.

Courtesy Traffic Gallery, Hyun Cho, Giulio Zanet PH Credits Ivano Triolo Studio @ ivanotriolostudio

Di tutt’altra serie ma altrettanto importanti sono quelle che si potrebbero definire le sculture di parole di Hyun. Si tratta di slogan provenienti da testi di canzoni punk-rock che l’artista proietta in loop su strisce LED, tipiche delle breaking news. È così che ci scorrono davanti iconici messaggi come Ask your daddy. L’installazione RIP Orange, ad esempio, si interroga sull’abuso della parola urgenza e lo fa proiettando provocatoriamente proprio la scritta Urgency.

Giulio Zanet, classe 1984, fin dall’inizio della sua carriera artistica si interessa alla pittura aniconica, alla scultura e all’installazione ambientale. Alla Traffic Gallery presenta otto opere realizzate negli ultimi due anni. La pittura di Zanet è lo specchio delle sue percezioni e se ad un primo sguardo può risultare astratta, analizzando la sua ricerca possiamo scoprire come in realtà non lo è affatto. Stilisticamente parlando non è certamente figurativa ma a livello di contenuto la si può considerare come tale. L’artista infatti, semplicemente trasforma in pittura il suo punto di vista sul mondo che lo circonda, esprimendo il racconto attraverso colori vibranti.

Courtesy Traffic Gallery, Hyun Cho, Giulio Zanet PH Credits Ivano Triolo Studio @ ivanotriolostudio

Il lavoro di Zanet è stato esposto in gallerie e spazi pubblici sia in Italia che all’estero, da Milano a Shangai, da Genova a Francoforte. Il punto focale di tutti i suoi lavori è certamente la libertà interpretativa dello spettatore, motivo per il quale la maggior parte della sue opere è untitled. In questo modo l’artista mette il fruitore nella condizione di dover ragione, trovando un suo significato o più precisamente una declinazione del messaggio nella propria storia personale. In molte suo opere si ritrovano pattern ricorrenti come motivi militari o animalier, un esempio dei quali è esposto in mostra. 

Fondamentale nel progetto sono due performace, la prima tenuta in occasione dell’inaugurazione, mentre la seconda chiuderà l’esposizione la sera del 7 dicembre. È stato Valerio Eliogabalo Torrisi ad inaugurare Non pensare all’elefante rosa. L’artista, catanese di origine, si trasferisce a Milano nel 2016 dove prosegue i suoi studi artistici all’Accademia di Belle Arti di Brera, conseguendo la laurea magistrale in Fotografia. Nei suoi lavori il tema dell’identità è centrale e lo restituisce appieno nella long performace alla Traffic Gallery Oro ai nostri polsi, piombo ai vostri orecchi.

Valerio Eliogabalo Torrisi PH Edoardo Bonacina

Il titolo è chiaro, senza sottintesi se non addirittura un vero e proprio manifesto del mondo contemporaneo. Torrisi ci racconta una storia che risale agli anni quaranta del Novecento ma che è spaventosamente attuale. Siamo nella primavera del 1941 a Carbonia, in Sardegna, quando un certo Vincenzo suona le campane che ha ai polsi, al collo e alle caviglie. Vincenzo non è solo, insieme a lui ci sono altri considerati dagli abitanti del villaggio gli strani, i diversi, i gay, gli ambigui che insieme al ragazzo, la cui unica colpa è amare Nicola, il figlio del fornaio, fanno risuonare il tintinnio delle loro campane che li ha marchiati come emarginati, reietti della società. La santa purezza della gente normale non poteva essere contaminata, era giusto che i cittadini normali sapessero quando gli strani stavano arrivando. Torrisi capovolge le sorti della storia.

L’artista distribuisce a tutti i visitatori delle campanelle dorate, man mano che la gente aumenta, il tintinnio si fa sempre più forte. Stiamo arrivando e non saremo clementi! È il grido silenzioso di questa performance, un grido di battaglia alla libertà in ogni sua forma, un grido all’essere quello che si è senza dover nascondersi, un grido alla diversità degli uomini e dei corpi. 

Rossana La Verde, classe 1997, è un’artista la cui poetica è estremamente legata all’infanzia.
La Verde chiuderà l’esposizione con la sua performace Il mio soliloquio con la pancia di mia madre e noi non possiamo fare altro se non invitarvi ad andare a vederla negli spazi della Traffic Gallery. 

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