Il Buco 2 è in realà un prequel: recensione e spiegazione del finale

A sorpresa, Il Buco 2 non è un sequel ma un prequel, ambientato prima degli eventi del primo film. La pellicola ci riporta al “Centro di Autogestione Verticale”, ma in una fase precedente, rivelando dettagli sulle origini del crudele sistema. Trimagasi, personaggio già noto, è mostrato in uno dei suoi primi periodi di prigionia, e il film ci fa comprendere come il regime si sia evoluto. Questo prequel esplora le dinamiche di potere e il progressivo decadimento dell’esperimento, offrendo una nuova prospettiva.

Nel prequel vediamo come il carcere sia governato da leggi ancora più rigide rispetto al caos mostrato nel primo film. Un leader tirannico, Dagin Babi, e il suo gruppo di prigionieri fanno rispettare un nuovo regime, che impone ai detenuti di consumare esattamente il cibo che hanno richiesto, pena punizioni severe. In questo contesto, il personaggio di Perempuan, inizialmente obbediente, diventa una ribelle, sfidando l’autorità.

Come nel primo film, il tema del sacrificio emerge nel finale, quando Perempuan si sacrifica per salvare un bambino al livello più basso. Questo gesto richiama l’azione di Goreng nel primo film, sottolineando il ciclo di disperazione e redenzione in cui sono intrappolati i prigionieri. La discesa finale di Perempuan, che incontra gli spiriti di altri prigionieri, conferma che la fuga dal sistema è impossibile, ma la redenzione personale attraverso il sacrificio è ancora possibile.

Dal punto di vista stilistico, Il buco 2 mantiene la stessa estetica opprimente e claustrofobica del primo film, ma approfondisce ulteriormente la narrazione con un approccio più introspettivo e simbolico. Il regista Galder Gaztelu-Urrutia utilizza inquadrature strette e spazi angusti per amplificare la sensazione di isolamento dei protagonisti, mentre il ritmo lento e carico di tensione riflette il deterioramento psicologico dei prigionieri. L’uso dei simboli è centrale: il cibo, la gerarchia dei livelli, e soprattutto i bambini, rappresentano la decadenza morale e il fallimento delle strutture sociali. I colori freddi e spenti, alternati a scene più cupe e violente, sottolineano l’atmosfera distopica e senza speranza del film. Ogni dettaglio visivo serve a evidenziare l’inevitabilità della corruzione del potere e la natura ciclica del sacrificio, creando un’allegoria sociale potente.

A livello narrativo, Il Buco 2 inserisce dialoghi minimali e scarni, che pongono l’accento sulla condizione psicologica dei personaggi, costretti a un’esistenza di sopravvivenza brutale. L’assenza di un contatto diretto con l’autorità esterna, che rimane invisibile ma onnipresente, sottolinea l’idea di un controllo superiore disumanizzante e ineluttabile, rafforzando il messaggio sul fallimento delle strutture sociali e l’impossibilità di cambiamento.

Il finale di The Platform 2 ruota attorno al sacrificio di Perempuan, la protagonista, che decide di salvare un bambino bloccato al livello più basso del sistema. Questo gesto riprende il tema del sacrificio e della redenzione già visto nel primo film, dove Goreng aveva cercato di mandare un “messaggio” attraverso una bambina. Perempuan muore mentre cerca di sollevare il bambino dal baratro, suggerendo che, anche se non si può sfuggire al sistema, è possibile trovare redenzione attraverso l’atto altruistico finale​.

Con The Platform 2, il regista Galder Gaztelu-Urrutia approfondisce l’universo distopico creato nel primo film, mostrandoci le origini di un sistema già corrotto. Questo prequel non solo aggiunge nuovi strati alla storia, ma esplora in modo più profondo i temi della corruzione del potere, del sacrificio e della redenzione, rendendo l’esperimento sociale del “Centro di Autogestione Verticale” ancora più inquietante e simbolico.

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