Luigi Mascheroni: “Ecco la rivista della Biennale di Venezia. Per capire il presente e immaginare il futuro”

Lo abbiamo incontrato nei giorni scorsi al Museo Nazionale del Cinema di Torino in occasione dell’inaugurazione della mostra “#Serialmania. Immaginari narrativi da Twin Peaks a Squid Game“, che ha curato con Luca Beatrice: giornalista e scrittore, Luigi Mascheron è il nuovo direttore della storica rivista edita dalla Biennale di Venezia, risorta oggi a 53 anni dalla sua ultima pubblicazione. Il numero 1/24, a cadenza trimestrale, si intitola Diluvi prossimi venturi / The Coming Floods.

Noi di Artuu lo abbiamo intervistato per sapere di più su questo nuovo prodotto editoriale, che nasce in un contesto storico in cui la cara vecchia carta è in affanno ma, pure, resiste insieme a noi come un potenziale oggetto feticistico per collezionisti e “bibliofolli”: perché, come ci ha anticipato il nuovo direttore, “in un’epoca in cui la carta è spesso sostituita dal digitale, una rivista che esce sul mercato solo in edizione cartacea, e con carte speciali, di tipi e formati diversi a seconda della sezione, con una grafica curatissima e delle foto d’arte, diventa non solo un “mezzo” di informazione culturale, ma un oggetto fisico e simbolico”.

Luigi Mascheroni con in mano la rivista de La Biennale di Venezia

Dopo oltre mezzo secolo rinasce la rivista della Biennale: qual è l’obiettivo e la sfida nel rilanciare un progetto editoriale così a lungo rimasto fuori dai radar?

L’idea di fare rinascere la rivista (che venne pubblicata fra il 1950 e il 1971) e di rilanciarla, trasformandola, per farne uno strumento di discussione e riflessione culturale, nasce dal presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, una di quelle figure in cui il manager culturale e l’intellettuale coincidono. Poi il progetto è stato sviluppato dallo staff della Biennale e in particolare da Debora Rossi, responsabile dell’Archivio storico della Biennale, nella cui attività si innesta la rivista. E infine arrivo io, che sono un giornalista, chiamato a fare il direttore responsabile. Ed è una avventura straordinaria. Difficile, ma straordinaria. La rivista è trimestrale, internazionale e interdisciplinare, nel senso che vuole far dialogare le discipline proprie della Biennale di Venezia (arte, architettura, cinema, danza, teatro, musica, moda…) con tutti gli ambiti del Sapere: scienze, letteratura, filosofia, teologia, antropologia… E ogni numero è monografico, nel senso che si sceglie una parola chiave che viene poi affrontata in tutte le declinazioni possibili. Il primo numero, che è uscito il 24 ottobre, per esempio, ha come tema l’ACQUA: come costruire sull’acqua, come recuperare l’acqua nel deserto, e poi le guerre per l’acqua, la letteratura come oceano di storie, la memoria del ghiaccio… Hanno scritto premi Nobel, come Orhan Pamuk, la marocchina Aziza Chaouni, docente di Architettura all’Università di Toronto che interviene con alcuni casi concreti di progettazione di tecnologie sostenibili per i climi aridi, registi premiati con il Leone d’oro come Peter Weir che racconta la sua ossessione per l’acqua a partire dal suo film Master & Commander; poi scienziati, fotografi, ingegneri cinesi, una artista saudita… Il secondo numero avrà invece come parola chiave ARCHIVIO, non tanto come memoria ma come ciò che dà ordine al caos… E in questo senso la rivista “La Biennale di Venezia” rinasce con lo stesso spirito e natura che la contraddistingueva sin dalla prima edizione, ovvero sorretta da una parola guida, “ricerca”: vuole essere uno spazio di riflessione e discussione intorno all’oggi ma sempre con la prospettiva di meglio comprendere e immaginare il futuro. E non solo il domani, ma – come dice Buttafuoco – il dopodomani.

La redazione de La Biennale di Venezia

Il titolo di questo numero, “Diluvi prossimi venturi”, richiama le questioni ambientali di cui si parla oggi o è una suggestione per riferirsi ad altro?

Entrambe le cose. Si parte anche da questioni ambientali, ma pur essendoci articoli come quello del professor Andrea Rinaldo, una delle massime autorità mondiali nel campo delle scienze idrologiche, che ha vinto il Premio Nobel dell’Acqua 2023 per le sue ricerche sulle reti fluviali e che qui ci parla delle “Venezie del futuro”, cioè dei rischi che corrono molte città di mare nel mondo e come si può affrontare l’emergenza; o articoli come quello dell’architetto e paesaggista cinese Kongjian Yu che ci spiega il progetto delle “città-spugna” in Cina per regolamentare meglio le acque del Paese; la rivista in realtà allarga molto il tema dell’acqua, dall’ambito teologico (il cardinal José Tolentino de Mendonça, il “ministro della Cultura” del Vaticano, fa un parallelo fra l’aridità climatica e quella spirituale) a quello letterario (il poeta australiano John Kinsella dialoga con Davide Brullo sulla letteratura come oceano di storie…) a quello scientifico: Giulia Foscari che scrive dei ghiacci dell’Antartide o la fisica Elena Pettinelli, in dialogo con lo scrittore e chimico Piersandro Pallavicini, che illustra il progetto che dirige e che ha l’obiettivo di trovare l’acqua sui satelliti di Giove… È una rivista internazionale ma anche “interstellare”…

Com’è strutturata la rivista?

La rivista è di grande formato, di oltre 170 pagine. Il progetto grafico è a cura di Tomo Tomo, un fantastico studio di design della comunicazione fondato a Milano da Davide Di Gennaro e Luca Pitoni. Ogni numero è monografico ma diviso in “capitoli”. Gli articoli possono essere nella lingua madre di chi scrive, oppure in inglese se sono più “tecnici”, e tutti comunque sono tradotti in italiano e inglese in un’appendice in fondo alla rivista. I contributi sono vari, e l’idea è di coinvolgere artisti, scrittori, scienziati, filosofi, architetti e personalità del mondo culturale italiano e internazionale. Ci sono interventi di specialisti, reportage, dialoghi tra giornalisti e scrittori… Un aspetto fondamentale poi è l’apparato iconografico, che per noi è importantissimo: per illustrare i vari servizi possiamo attingere al ricchissimo archivio storico della Biennale oppure affidarci a servizi di grandi fotografi.

Dove la possiamo trovare?

La rivista è in vendita nello store online della Biennale (labiennale.org/it/acquista-online) e nelle principali librerie. E poi sarà presentata in vari luoghi e manifestazioni sul territorio, in giro per l’Italia e all’estero. Dopo l’anteprima veneziana ci saranno altre grandi città italiane; e poi andremo all’estero

Con ogni probabilità la rivista diventerà un oggetto da collezione per bibliofili e “bibliofolli”. Per citare Pietrangelo Buttafuoco, in un mondo dove la comunicazione è dominata dai social è già un “feticcio”.

Infatti. È così. In un’epoca in cui la carta è spesso (forse troppo spesso…) sostituita dal digitale, una rivista che esce sul mercato solo in edizione cartacea, e con carte speciali, di tipi e formati diversi a seconda della sezione, con una grafica curatissima e delle foto d’arte, diventa non solo un “mezzo” di informazione culturale, ma un oggetto fisico e simbolico. Da collezione, appunto…

Guardando al futuro, quali sono le tue aspettative per questa pubblicazione? Pensi che possa diventare uno strumento per avvicinare un pubblico più ampio e variegato alla Biennale di Venezia, ampliando il dialogo tra arte, cultura e società?

Sì, la rivista può servire ad avvicinare un pubblico più ampio alla Biennale di Venezia; ma anche a portare la Biennale Venezia – e l’eccellenza della sua storia, del suo archivio e dei suoi collaboratori – ancora più in giro per il mondo.

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