Andrea Chénier a Teatro: confortante la tradizione, insipido il cantato

“Andrea Chénier” di Umberto Giordano ha debuttato al Teatro alla Scala di Milano nel 1896, come dramma sociale e di forti passioni, e sono soprattutto queste ultime che il nuovo allestimento del Teatro Ponchielli di Cremona vuole mettere in luce. D’altronde, il librettista dell’opera è Luigi Illica, lo stesso di Giacomo Puccini, della cui morte nel 2024 si è più volte e in più luoghi celebrato il centenario.

La Rivoluzione Francese e l’Età del Terrore sono ben presenti e ritratte, ma diventano lo sfondo del tormentato e disastroso amore tra la nobile Maddalena di Coigny e il poeta Andrea Chénier, che, osteggiati dall’amante respinto Carlo Gérard, trovano nella morte l’unica via di fuga verso la libertà per se stessi e per il loro amore. In quest’opera c’è tutto quello che appassiona il pubblico di fine Ottocento come quello moderno, compresa la romantica dicotomia tra amore e morte, che Wagner, che Giordano molto ammirava, aveva già esplorato nel “Tristan und Isolde”.

Il regista Andrea Cigni sceglie di mantenere l’ambientazione originale per il suo “Andrea Chénier”, ma nel contempo punta a una direzione che sottolinea e sostiene la passione e il lirismo dell’opera di Giordano, sfruttando le pregevolissime scene di Dario Gessati. Dai toni bucolici dell’epoca tardo monarchica francese, si passa al clima duro e violento del Terrore di Robespierre, fino alla scarna essenzialità della scena finale con violente chiusure di sipario, quasi a simboleggiare la caduta della lama della ghigliottina. Ci si addentra, dunque, nel dramma storico e sociale dell’epoca e si vorrebbe esplorare il vissuto psicologico dei personaggi, ma qualcosa non va per il verso giusto. 

La gestione delle masse sul palcoscenico, composte dall’ottimo coro OperaLombardia, diretto dal sempre solido Massimo Fiocchi Malaspina, dalle comparse e dai due ballerini che si muovono sulle coreografie di Isa Traversi, è molto interessante. Di particolare impatto è la citazione del quadro “La libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix sul finire del primo atto.

Il Maestro Francesco Pasqualetti dirige l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali con sicura maestria, dando all’”Andrea Chénier” una lettura solida, vigorosa ed energica, a tratti quasi soverchiante rispetto al palcoscenico. Le sue scelte sottolineano le sfumature e i momenti di tensione per enfatizzare l’estrema teatralità della regia di Cigni, ma la performance dei tre cantanti protagonisti, che pure sono dotati di belle voci e di tecnica, fatica a bucare la quarta parete.

Angelo Villari interpreta un Andrea Chénier che idealmente è da manuale: solido e sonoro nel canto, abile con i toni acuti. La sua voce calda e corposa si espande bene in sala, grazie anche a un fraseggio sicuro e poco sfumato. Il suo è un poeta tutto d’un pezzo, che però pecca nei momenti di maggior lirismo, come per esempio nei duetti con la Maddalena di Federica Vitali. 

Il soprano varesino interpreta una contessina giovane e gaia, ma ancora non ben strutturata, che disgraziatamente non riesce ad affascinare con la sua spensieratezza, né a ispirare un desiderio di protezione con i suoi timori. Gérard / Angelo Veccia tenta di stregare il pubblico già dal primo atto (<<t’odio , teatro dorato!>> ), ma decisamente manca di quella cattiva acrimonia che il servitore dei padroni deve esprimere e chi scrive si aspettava. Il suo dramma interiore, con il ravvedimento finale che giunge, ahinoi, troppo tardi, è appena accennato, o forse troppo controllato.

Di qualità è invece la resa dei personaggi secondari del dramma: Shay Bloch (Bersi), Alessandra Palomba (Contessa di Coigny / Madelon), Alessandro Abis (Roucher), Fernando Cisneros (Pietro Fléville / Mathieu), Marco Miglietta (Incredibile / l’abate poeta), Gianluca Lentini (Fouquier Tinville / Schmidt) e Davide Cucchetti (il maestro di casa / Dumas). 

L’”Andrea Chénier” in scena a Cremona è una produzione assimilabile ai film storici che piacciono al pubblico al momento, confortante nei grandi scenari tradizionali, ma con poca sostanza.

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