Le parole-chiave (filosofiche) dell’Intelligenza Artificiale nel saggio di Alice Barale

Giovedì 20 Febbraio alle ore 18.30, la Libreria Città Possibile di via De Amicis 45 a Milano, ospita un dialogo intitolato “L’arte dell’Intelligenza Artificiale”. Interverranno la studiosa di estetica Alice Barale, le critiche d’arte Chiara Canali e Rebecca Pedrazzi e l’artista Martin Romeo.

Durante l’incontro verranno presentati e approfonditi i contenuti del libro “L’arte dell’Intelligenza Artificiale: parole-chiave filosofiche“, recentemente pubblicato da Jaca Book e scritto dalla studiosa Alice Barale, ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano. Questo saggio completa e aggiorna il volume “Arte e Intelligenza Artificiale. Be my GAN” (2020), uno dei primi studi usciti in Italia e dedicati a questa complessa materia,

La tesi della studiosa sostiene che “l’arte possa rappresentare un esempio di interazione con la IA in cui il soggetto non ne sia succube, ma riesca a mettersi davvero in gioco”. 

Tutto il libro, suddiviso in cinque capitoli che corrispondono alle parole-chiave Opera, Autore, Tempo, Memoria e Umano, dimostra come l’uomo, e in particolare l’artista, interagendo con diverse forme di IA (come TTI o chatGPT), non debba assumere un atteggiamento passivo e di sola ricezione. Piuttosto deve continuamente mettere in discussione le risposte ricevute dall’IA, cercando nel rapporto con questa tecnologia nuove sfide e significati. Dobbiamo, dunque, essere cauti nel delegare il nostro giudizio, la nostra volontà o la nostra scelta estetica ad altri.

AICCA Espacio Solo 2023 © Mario Klingemann Courtesy Onkaos

Ciascuna parola-chiave è accompagnata dall’approfondimento di un’opera d’arte, un testo letterario o uno spettacolo teatrale. Ad esempio, il capitolo dedicato alla parola “Opera” analizza l’opera d’arte A.I.C.C.A. dell’artista Mario Klingemann, pioniere nel campo dell’arte generata con Intelligenza Artificiale. La sua installazione Memories of Passersby è stata messa all’asta con successo da Sotheby’s nel marzo 2019.

A.I.C.C.A., acronimo significa “artificially intelligent critical canine” è un cane robot creato da Klingemann, dotato di una telecamera che gli sporge dall’occhio come un monocolo da critico d’arte, che gli permette di analizzare le opere d’arte di fronte a cui si trova e di elaborare un testo critico, grazie al modello GPT al suo interno. Il testo viene poi stampato tramite una piccola stampante posta sotto la coda e viene espulso da dietro, come una sorta di escremento.

Ovviamente, questo critico d’arte canino a volta prende degli abbagli, vede una cosa al posto di un’altra e fornisce false interpretazioni, simili alle “allucinazioni”, gali errori che l’Intelligenza Artificiale genera spesso quando crea immagini. 

Sofia Crespo Shared moments of observation

Un altro esempio è quello dell’artista argentina Sofia Crespo, citata nel capitolo dedicato al Tempo. Nel suo progetto Shared Moments of Observation, l’utilizzo della IA le permette di esplorare i “limiti della percezione” e di fornire una rappresentazione “alternativa” della natura e degli animali rappresentati, che non sarebbe concepibile con gli strumenti tradizionali del fare arte.

Attraverso questi esempi, Barale ci invita a recuperare due momenti fondamentali nel rapporto con l’opera d’arte, in particolare quella generata con l’intelligenza artificiale. Il primo momento è l’osservazione, che non può essere delegata ad altri, men che meno a un robot canino; il secondo è il gioco che si instaura sempre tra uomo e IA. Le risposte di questi strumenti non devono essere accettate come verità assolute od “oracoli”, ma piuttosto come stimoli per interrogare il nostro rapporto con il mondo e per mettere in questione alcuni aspetti con cui l’IA vede e giudica la realtà (come dimostra l’esempio dei Monaci elettrici e il loro problema sulle “credenze”).

Sofia Crespo Critically Extant cortesia dellartista

Per Barale, è essenziale lo scambio dialogico che avviene tra uomo e macchina durante il processo creativo. Per l’artista che oggi si cimenta con le tecnologie AI, l’ “aspetto interattivo” di queste forme è fondamentale: l’opera d’arte finale non è mai il prodotto della sola IA, ma risulta sempre da un’interazione continua e dialogica tra la macchina e l’artista umano. Questo avviene attraverso un procedimento di addestramento continuo, perfezionamento degli strumenti e personalizzazione dei processi.

Il libro non è soltanto un manuale utile per studiosi o studenti interessati a riflettere su importanti implicazioni nell’uso delle AI, come la creazione, l’osservazione, la percezione, l’errore, la memoria e l’inconscio, ma anche una guida pratica per gli artisti contemporanei. Questi ultimi possono utilizzare gli strumenti del TTI e di chatGPT in modo critico e personale, non come una gabbia, ma come una risorsa aperta per riscoprire lo spazio imprevedibile tra parola e immagine. Il libro invita a mettere in discussione la realtà e i suoi cliché, portando alla luce le forme di incomunicabilità tra uomo e macchina.

Come scrive la Barale, alla conclusione del libro, “è in queste «lacune» che può inserirsi il dialogo con la IA, non per colmare le lacune, ma per infittire la «rete», contribuire a «ricordare» quel che di volta in volta sfugge”.

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