È con il beneplacito di Picasso, e della sua celebre frase (“rubata” poi a sua volta da Banksy) che i buoni artisti copiano, mentre i grandi artisti rubano, che si apre la mostra di Stefano Banfi, milanese, classe 1974, a Galleria Vik Milano di via Silvio Pellico 8, con una quindicina di opere che “fanno il verso” alla grande storia dell’arte, riproponendone le icone più note attraverso il filtro della linea e della luce.

Si intitola “Borderline” la mostra, curata da Alessandro Riva, dell’artista milanese, con una formazione di designer e grafico pubblicitario e l’invenzione di uno stile estremamente stilizzato e lineare, che ripercorre a volo d’uccello le immagini più iconiche della storia per ridurle a un puro gioco di linee, luce e colore, attraverso un procedimento di scarnificazione e di sintesi che ne traccia il perimetro e la struttura, traducendole in immagini completamente nuove, con uno stile che sembra richiamare i tratti della miglior grafica d’avanguardia ma anche delle sperimentazioni degli anni Settanta dell’arte cinetica e programmata.

Linee vettoriali, tracciati, puntinature digitali servono infatti all’artista per costruire immagini che, pur mantenendo la “memoria” iconica delle opere d’arte da cui provengono, appaiono nuove, del tutto eccentriche, stranianti e originali, oltre che estremamente vive e tridimensionali, grazie all’effetto luminoso che le caratterizza.

Ecco allora l’immagine dei Coniugi Arnolfini del pittore fiammingo Jan van Eyck trasformata in un bizzarro ritratto caleidoscopico dai tratti quasi robotici, l’Urlo di Edward Munch prendere la forma di una stravagante visione lisergica, Il Sogno del Doganiere Rousseau tramutarsi in un folle arazzo digitale, la dea Demetra trasformata nel protagonista di un videogioco immaginario, le piazze d’Italia di De Chirico stilizzate in puri flussi di luce e i celebri Quadrati con cerchi concentrici di Kandinsky riprendere vita in versione cinetico-pop.
