Valeria Magli a Bologna, per una ridefinizione del femminile attraverso l’anti-spettacolarità

Morbid è l’aggettivo scelto da Valeria Magli (Bologna, 1952. Vive e lavora a Milano), come titolo per il suo lavoro che riprende costantemente l’assonanza con la figura femminile descritta come morbida in contrapposizione alla solidità e alla rigidità attribuita tipicamente alla figura maschile. Artista e coreografa, Magli concentra quindi l’attenzione sul lavoro di ridefinizione della donna e del femminile attraverso un anti-spettacolarità in chiave ironica portando al limite i linguaggi dell’intrattenimento.

Veduta della mostra Valeria Magli. MORBID Foto di Carlo Favero

L’azione artistica per Magli è femminista; la sua missione è liberare l’immaginario del corpo della donna per renderlo autonomo: “il corpo si rende autonomo alla parola (come la donna da uomo) per poter interagire con essa in un rapporto che non sia quello ormai logoro che conosciamo” (Magli 1977). A circa vent’anni Magli si avvicina al Collettivo femminista bolognese e verrà casualmente immortalata in un’immagine iconica che verrà scelta come copertina dell’LP Alle sorelle ritrovate di Antonietta Laterza, diventando involontariamente un simbolo intergenerazionale della liberazione del corpo femminile.

Valeria Magli Pupilla Foto di Carla Cerati

Magli si fa spesso interprete di corpi femminili fuori da sé. Come nel caso di Pupilla (1983), una bambola che si trasforma per raccontare le sue età in maniera grottesca e perturbante: diventa lo specchio della fabbricazione sociale della donna, un desiderio che su di essa si proietta e che si trasforma in un’automa-cyborg femminile per interpretare una donna trasfigurata sia da se stessa che dagli altri.

Milleuna, 1979, è sicuramente tra le opere più celebri di Valeria Magli, nata dalla collaborazione con Nanni Balestrini e Demetrio Stratos. Presentata per la prima volta a Milano durante la rassegna Sex Poetry, è stata protagonista della Terza Settimana Internazionale della Performance, curata da Leonetta Bentivoglio presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Balestrini compone una poesia formata da cento parole che iniziano per “S” che alludono alla sessualità e sulla traccia audio Magli costruisce un anti-coreografia che sfida la proiezione erotica del pubblico sul suo corpo femminile.

«Cento parole che iniziano con la S e che hanno
Un più meno vago riferimento al sesso,
da ripetere secondo le istruzioni dell’autore,
dieci volte più una (la parola d’inizio)
Voce ed azione seguono un andamento speculare
La voce ripete in crescendo di intensità sonora e di
Ritmo fino alla quinta volta, decresce dalla sesta
Alla decima. 
L’azione è un altro rispetto e al testo e alla
Interpretazione vocale: quello che si 
Viene a creare sono delle sfasature tra
Significato testuale sonoro e gestuale entro 
Cui dovrebbe venire e trovarsi lo spettatore.
Una delle intuizioni è di mettere in rilievo
Da una lato la fisicità della voce dall’altro
l’astrattezza mentale a cui può paradossalmente
giungere il corpo. Anche l’azione è speculare![…]
Un contrasto tra la mobilità e le vitalità
del corpo e la fisicità delle pose che esso assume
via via» (Magli 1979). 

È infatti in un’alternanza di luce e buio che Magli si muove. Si pietrifica ogni volta che la luce torna per illuminare la scena, in una sequenza di cinque figure che ciclicamente ripete. La vocalità della poesia di trasforma in un’anti-danza che spinge il pubblico ad immaginare il movimento di un corpo che non c’è.  Entrando nella stanza che il Mambo ha interamente  dedicato a Magli, si ha proprio l’impressione di varcare la soglia di una delle sue opere, questa volta resa tangibile. Avvolto da grandi lenzuola di tulle rosa, l’intero allestimento risulta essere un omaggio alla sua essenza di ballerina e performer, oltre che un richiamo al titolo della mostra, Morbid, e alla messa in scena di Banana Morbid (1980).

Veduta della mostra Valeria Magli MORBID
Foto di Carlo Favero

Il concetto di morbid per Magli ritorna in modo ciclico; è la complessità del rapporto tra il maschile e il femminile – un tema suggerito già nel titolo dell’opera con una nota ironica: banana richiama la rigidità fallica maschile, mentre morbid, con il suo doppio significato (che richiama sia la morbidezza sia l’idea di qualcosa di morboso), evoca la complessità della femminilità.

Lo spettacolo si sviluppa come uno strip-tease al contrario: all’inizio, Magli è avvolta soltanto da un leggero velo rosa, per poi aggiungere progressivamente gli strati di un abito progettato da Cinzia Ruggeri sulle musiche di John Cage. L’aspettativa del pubblico viene ancora una volta ribaltata: lo svelamento nella produzione di Magli non arriva mai. Le lenzuola, semi-trasparenti, pendono dalle pareti come veli sospesi, creando un’atmosfera rarefatta. Su di esse, gli oggetti appartenuti alle performance di Magli diventano frammenti di memoria fluttuanti in una dimensione di anti-spettacolarità, cifra distintiva del suo lavoro. 

Il silenzio della stanza è interrotto dalle musiche di alcuni dei suoi spettacoli. Le voci, la musica e i ritmi della sua danza sembrano emergere da un passato mai del tutto trascorso, trasportandoci in una dimensione che Magli crea sul palco dove il corpo, lo spazio e il tempo si fondono in un’unica esperienza tra corporeità e astrazione.

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