Checco Zalone è uno dei più grandi sabotatori semantici della retorica italiana contemporanea. Da anni ormai, la sua ironia è chirurgica: colpisce dritto al punto, senza mai cadere nella trappola della predica. L’Ultimo Giorno di Patriarcato è solo l’ennesima dimostrazione della sua capacità di usare la risata come un’arma letale contro il perbenismo, i moralismi di facciata e le convinzioni incrollabili di un’Italia che ancora fatica a guardarsi allo specchio.
Zalone lo fa da sempre, sin dai tempi di Zelig, quando la sua comicità sembrava solo un gioco leggero, un mix di canzoncine dialettali e stereotipi portati all’eccesso. Ma dietro quella maschera di semplicità, c’era già un’intelligenza affilatissima. Il suo esordio al cinema con Cado dalle Nubi (2009) era una parodia della paura dell’omosessualità e del provincialismo ottuso. Con Che Bella Giornata (2011) prendeva in giro la paura dell’immigrazione, mostrandoci un protagonista ignorante ma incredibilmente più umano e accogliente di chi si ergeva a difensore della patria. E poi è arrivato Sole a Catinelle (2013), che smontava il mito dell’imprenditore “fai da te” e dell’ossessione per la ricchezza come unico valore.
Il vero capolavoro satirico, però, è stato Quo Vado? (2016), un attacco impietoso alla mentalità impiegatizia italiana, al culto del posto fisso e alla nostra incapacità di accettare il cambiamento. Qui Zalone ha dimostrato di non essere solo un comico brillante, ma un osservatore acutissimo della società, capace di ridere di noi senza mai mettersi su un piedistallo. Quando poi nel 2020 ha pubblicato Immigrato, una canzone che prendeva in giro il razzismo ipocrita dell’italiano medio, il dibattito si è acceso: Zalone era un genio o stava solo facendo il gioco del populismo? La verità, come sempre, era nella sottigliezza della sua satira: chi rideva con lui rideva anche di sé stesso, che lo volesse o meno.
E come dimenticare La Vacinada (2021), il suo irresistibile omaggio alle donne vaccinate contro il Covid, con un’icona come Helen Mirren nei panni di una femme fatale immunizzata. Il video era una parodia della retorica erotica del latino amante, con Zalone nei panni di un uomo che non resiste al fascino di una donna matura perché, più di tutto, è “protetta con AstraZeneca”. Il capolavoro della canzone era il modo in cui riusciva a trattare un tema delicato, la campagna vaccinale, senza mai risultare né pedante né divisivo. Con il suo tipico stile da ignorante furbacchione, Zalone prendeva in giro la paura del vaccino, il maschilismo che vuole le donne giovani e attraenti, e perfino il turismo sanitario, in un solo colpo.
L’Ultimo Giorno di Patriarcato si inserisce perfettamente in questa tradizione. Il video è una sintesi magistrale del suo metodo: creare un personaggio apparentemente ottuso, fargli dire ad alta voce quello che in tanti pensano in silenzio, e poi spingere il tutto così oltre da rivelare l’assurdità del punto di partenza. In questo caso, la vittima è il maschio italiano medio, smarrito e confuso di fronte alla fine di un’era in cui tutto gli veniva servito su un piatto d’argento. In un’Italia che ancora dibatte su ruoli di genere, femminismo e mascolinità tossica, Zalone ha scelto di non fare sconti a nessuno: con il suo stile inconfondibile, prende per mano lo spettatore e lo trascina dentro un mondo in cui il maschio alfa si sveglia e scopre, con orrore, che la pacchia è finita.

L’ambientazione è un colpo di genio: San Masculo, il paesino fittizio dove si consuma la tragedia del patriarcato defunto, è un microcosmo di quell’Italia che ancora considera il maschio il re del focolare e la donna la sua devota ancella. Quando un decreto ufficiale abolisce il patriarcato, gli uomini si ritrovano in uno stato di panico puro, come se fosse crollato l’asse portante della loro esistenza. Zalone, nei panni del marito disperato, è la perfetta incarnazione di un’epoca che si spegne tra lamenti e ridicoli tentativi di resistenza. La sua performance è una commedia grottesca e spietata, che mette alla berlina la mascolinità fragile e l’incapacità di adattarsi a un mondo più equo.
Il testo della canzone è un capolavoro di sarcasmo e sottotesti pungenti. Già dalle prime note, il protagonista implora la moglie di preparargli l’ultimo caffè, stirargli l’ultima camicia, come se si trattasse di un rito funebre per la sua virilità in disarmo. La scena è tragicomica: il maschio italiano si rende conto che da ora in poi dovrà badare a sé stesso, e la sua reazione è quella di un bambino lasciato senza la mamma. La nostalgia per un passato in cui la donna si occupava silenziosamente di ogni necessità domestica è palpabile e grottescamente patetica. Zalone non sta solo prendendo in giro i suoi personaggi: sta smascherando un’intera generazione di uomini che si sono aggrappati per troppo tempo a un modello ormai anacronistico.

Il video è costruito su una dinamica di ribaltamento dei ruoli. La moglie, interpretata dalla straordinaria Vanessa Scalera, non è più la figura servizievole e remissiva a cui il marito era abituato. Ora è lei a uscire per l’aperitivo con le amiche, a fare shopping mentre il consorte rimane a casa a pulire e cucinare. Lo squilibrio si inverte, ma l’assurdità della situazione fa capire quanto fosse ridicola già la premessa originale. Quando il protagonista canta verrà tutto bruciato e già lo so, rimpiangerai il patriarcato, si aggrappa disperatamente alla sua inettitudine domestica come giustificazione per il vecchio ordine. Come se la sua incapacità di cucinare una lasagna fosse una prova scientifica del fatto che le donne devono restare a casa.
La vera genialità di L’Ultimo Giorno di Patriarcato sta nell’uso delle esagerazioni per rivelare verità scomode. Ogni verso della canzone è costruito su un lamento maschile che, tolto dal suo contesto abituale, appare ridicolo e privo di fondamento. Quando il protagonista accetta di lavare, stirare e persino buttare la spazzatura, ma lo fa per amore e sottolinea che è contro natura, Zalone fa esplodere una delle più grandi ipocrisie del patriarcato: il lavoro domestico è sempre stato considerato naturale per le donne, ma un sacrificio eroico quando viene svolto dagli uomini.
L’apice della satira arriva quando la moglie, ormai completamente emancipata, si concede il lusso di desiderare un toy boy. Il protagonista, umiliato e sconvolto, si lamenta del fatto che fare l’uomo emancipato è bello, ma fare il cornuto un po’ meno. Qui Zalone tocca il nervo scoperto della mascolinità tossica: l’uomo che vuole una donna moderna e indipendente, ma solo finché non minaccia la sua fragile autostima. Il patriarcato, in fondo, non era solo un sistema di potere, ma un gigantesco meccanismo di rassicurazione per generazioni di uomini terrorizzati dall’idea di perdere il controllo sulle donne.
L’ultima scena del video è un colpo da maestro. Il protagonista ricorda con struggimento quando la moglie gli asciugava la gocciolina gialla dal bordo del water. Un’immagine volutamente disgustosa che racchiude l’intero senso del brano: il patriarcato, alla fine, si riduce a una serie di piccoli privilegi quotidiani a cui gli uomini si aggrappano come se fossero diritti sacrosanti. E quando questi privilegi svaniscono, il mondo maschile va in crisi.
Checco Zalone ha realizzato un’opera di satira perfetta, che non lascia scampo né agli uomini che si sentono defraudati dal progresso né a quelle donne che ancora accettano di essere le custodi del vecchio sistema. Con L’Ultimo Giorno di Patriarcato, dimostra ancora una volta di essere uno dei pochi artisti italiani capaci di fare critica sociale senza risultare moralista o didascalico. La sua ironia è un bisturi che incide con precisione, lasciando scoperti i nervi di una società che ancora fatica a dire addio al suo passato misogino.
In un panorama culturale sempre più polarizzato tra chi vuole spingere verso l’uguaglianza e chi si rifugia in nostalgie tossiche, questo video è una boccata d’aria fresca. Perché l’unico modo per smantellare davvero certi meccanismi è riderne fino a farli crollare. E su questo, Zalone è un demolitore straordinario.