I’m Back: il ritorno viscerale di Emanuele Parmegiani tra segno, colore e visione

Mercoledì 12 marzo 2025 alle ore 18.00, nelle sale del Museo Fondazione Venanzo Crocetti, inaugura la mostra personale I’m back di Emanuele Parmegiani, a cura di Alberto Dambruoso e promossa da Supergas Italiana. Un ritorno atteso, quasi una dichiarazione di intenti che, a distanza di quattro anni dall’ultima personale, segna il riemergere di un artista la cui energia pittorica non ha mai smesso di accumularsi, per poi esplodere con una nuova intensità. Il titolo I’m back – sono tornato suona dunque come un atto di rinascita, un’affermazione identitaria che attraversa ogni opera esposta, rinnovando il linguaggio visivo di Parmegiani senza tradirne la matrice originaria.

Il segno e il colore rimangono i protagonisti assoluti del suo lavoro, mantenendo un equilibrio instabile tra espressionismo, graffitismo e arte informale. Un universo visivo in cui il pop si contamina con la gestualità istintiva della street art e la materia pittorica si riversa sulla superficie con una forza centrifuga che cattura lo sguardo. Come scrive Dambruoso, «il segno di Parmegiani è vorticoso, serpentino, si ispessisce fino a formare reticoli che diventano la struttura portante sia dei dipinti che dei disegni». Questa trama fitta, quasi un intrico organico, è il filo conduttore della sua pratica artistica, un codice visivo che si articola tra caos e controllo.

Nelle nuove opere pittoriche, il colore è protagonista di esplosioni vitalistiche, steso con impeto e lasciato colare sulla tela senza timore, creando vibrazioni che rendono ogni quadro un campo di tensioni luminose. Ma se i dipinti si impongono con il loro impatto cromatico, è nei disegni in bianco e nero che si manifesta il volto più intrigante della sua ricerca recente. Qui il segno raggiunge un grado di complessità ancora maggiore, oscillando tra il horror vacui più manifesto e momenti di respiro in cui il bianco dello sfondo prevale, lasciando spazio a silenzi grafici altrettanto espressivi. Il disegno diventa così un territorio di sperimentazione, in cui si alternano registri tragici e ironici, dalla densità vertiginosa di New York, Parigi, Roma durante il discorso del Duce, in cui il segno accatastato evoca la massa indistinta delle folle oceaniche, alla costruzione grottesca e caricaturale di The lady beauty, che trasforma il volto in una maschera ilare e deformata.

Ma la produzione recente di Parmegiani è un territorio multiforme, popolato da immagini che si muovono tra l’astrazione e il figurativo, tra la realtà e il surreale. L’artista sembra agire come un demiurgo visionario, generando creature ibride e deformi che ricordano le metamorfosi oniriche di Goya, con cui instaura un gioco di rimandi e ribaltamenti. Se il pittore spagnolo ammoniva che «Il sonno della ragione genera mostri», Parmegiani sembra suggerire che sia proprio il sogno – e non la ragione – a dar vita ai suoi mostriciattoli. Ma a differenza delle creature inquietanti di Goya, i suoi esseri non spaventano: pur mostrando denti aguzzi e forme distorte, conservano una goffaggine infantile, un’ironia ludica che li rende meno minacciosi e più evocativi di un immaginario fanciullesco.

È forse proprio questa la chiave della sua arte: la capacità di farci guardare il mondo con gli occhi di un bambino, risvegliando una percezione istintiva e non mediata dalla razionalità adulta. Eppure, dietro questa leggerezza apparente si cela un sottotesto più inquietante: i suoi piccoli mostri possono anche essere letti come metafore dell’uomo moderno, ingabbiato in una società abitata da esseri famelici di potere e controllo. In questa lettura, le opere di Parmegiani diventano una sorta di allarme visivo, un monito a non cedere alle costrizioni imposte da un sistema opprimente, un invito alla libertà dell’autodeterminazione.

La mostra I’m back si configura quindi come un punto di svolta, un ritorno che è anche una riconferma. Parmegiani non torna con un approccio nostalgico, ma con un rinnovato slancio, pronto a rimettere in discussione il proprio linguaggio senza rinnegarne la matrice originaria. L’energia del segno, la materia cromatica esplosiva, la tensione tra ironia e inquietudine sono gli elementi cardine di un percorso che si nutre di contrasti e sovrapposizioni. Il suo è un ritorno che non chiede permessi, non si annuncia con discrezione, ma si impone con la forza di un gesto liberatorio, con la potenza di un segno che non smette di farsi voce e movimento.

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