La mostra Vivian Maier. A colori arriva a Forma Meravigli, Milano, dal 24 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020. In esposizione una selezione finora inedita di fotografie a colori della ormai celeberrima “tata fotografa”, divenuta postuma e in pochissimo tempo una delle più famose street photographer al mondo.
Vivian Maier nasce nel 1926 a New York da padre americano e madre francese. Dopo la separazione dei genitori, Vivian si trasferisce con la madre nel Bronx ospite da un’ amica, Jeanne Bertrand fotografa professionista. Forse è proprio in quell’occasione che Vivian scoprì la fotografia, ma non possiamo saperlo con certezza. Vivian Maier è sempre stata una ragazza molto riservata, con pochi amici e un rapporto conflittuale con gli uomini. La relazione più importante avviene all’età di 25 anni, quando Vivian acquista la sua prima e celebre Rolliflex, con cui inizia il suo percorso artistico nel mondo della fotografia. Se Vivian Maier abbia fatto dei corsi o degli studi fotografici rimane un mistero, ma ci piace pensare che la fotografia per lei sia stata una vocazione, come se quest’arte fosse stata la sua compagna per combattere quella solitudine che l’avrebbe accompagnata per tutta la vita. Certo è che Vivian trascorse tutta anni affinando la tecnica su manuali e non lasciando niente al caso. Anzi, sperimentando consapevolmente le tecniche della luce e delle angolazioni, appostandosi alla ricerca del momento giusto per immortalare le persone: quelle comuni, ma anche divi come Frank Sinatra o Cary Grant.
“La mostra Vivian Maier. A colori arriva a Forma Meravigli, Milano, dal 24 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020. La mostra è a cura di Alessandra Mauro, realizzata in collaborazione con la Howard Greenberg Gallery di New York. Forma Meravigli è una iniziativa di Fondazione Forma per la Fotografia in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano e Contrasto. Per la prima volta in mostra una selezione finora inedita di fotografie a colori della ormai celeberrima “tata fotografa”, molte delle quali inedite, che raccontano il quotidiano americano tra gli anni Cinquanta e la metà dei Settanta. L’ironia, il calore umano, il paesaggio urbano, i ritratti, i bambini: Maier ha il dono di essere l’obiettivo invisibile per le strade di Chicago e New York, componendo un racconto che ha il carattere di una rivelazione.” Fondazione Forma
Per tutta la vita la fotografia rimase una passione per Vivian, non lavoro con cui sostenersi economicamente: per vivere Vivian si improvvisò tata prima presso la famiglia Gensburg (1956-1972),e successivamente dai Raymonds (1967-1973) a Chicago. La vera Vivian Maier, però, visse nei giorni liberi o nelle ore dopo il lavoro dove fotografa tutto quello che le capitasse a tiro. Il suo mirino è preciso e pulito; i soggetti ritraggono scene di vita quotidiana, persone ai margini della società, bambini, sconosciuti e passanti. Celebri sono i suoi autoritratti, scattati davanti a “specchi” incrociati nel suo cammino, come le vetrine dei negozi. In queste foto la si scorge riflessa a testa alta, sguardo fisso sicuro e con un velo di malinconia. Attraverso i suoi scatti Vivian ha raccontato New York e Chicago dei suoi tempi, la sua storia e la sua gente. Ma non solo: nel 1959, infatti, Vivian intraprese un viaggio da sola attraversando le Filippine, la Thailandia, l’India, lo Yemen, l’Egitto, l’Italia e la Francia, scattando migliaia di fotografie di cui nessuno seppe nulla fino alla sua morte. Le fotografie di Vivian Maier non si limitano a raccontare la storia della società americana, ma hanno un qualcosa di enigmatico e indecifrabile. In questo senso, incarnano perfettamente la personalità di Vivian, che per tutti è una tata, una donna rigida, diffidente, ma con un lato misterioso e ben nascosto.
Come si evince dal libro biografico “Vivian Maier Developed. The Real Story of the Photographer Nanny” scritto da Ann Marks, l’enigmaticità di Vivian affonderebbe le radici in un’infanzia da cancellare e da proteggere. Il padre era un alcolista, la madre una donna algida, il fratello un drogato, che poi si ammalerà di schizofrenia. L’unica donna che l’aveva amata e protetta era stata la nonna materna, la francese Eugenie Jaussaud. Vivian Maier fu tanto schiva al punto di non divulgare il suo vastissimo archivio di fotografia quando era in vita; anzi, pensate che ha scattato migliaia di fotografie senza mai svilupparle. Vivian Maier morì nel 2009, all’età di 83 anni, sola, senza un soldo e senza fama. Fu un agente immobiliare di nome John Maloof a consacrarla alla storia: dopo aver comperato ad un’asta per 380 dollari un box pieno di fantastiche fotografie, Maloof iniziò a ricercare l’autrice di quell’archivio meraviglioso. Leggendo il necrologio che riportava la notizia della morte di Vivian Meier John Maloof riuscì a trovarla, consegnandola alla storia dell’arte come una delle più grandi street photographer del ‘900. Vivian Maier ha alimentato il suo mito con la sua invisibilità; è stata un’osservatrice dell’umanità, una silente presenza. Vivian è la prova che spesso le apparenze ingannano: molte volte ci facciamo convincere che siamo il lavoro che facciamo, i vestiti che indossiamo, le persone che frequentiamo. Vivian Maier era semplicemente una donna che faceva la baby-sitter e nel tempo libero scattava foto che successivamente sono diventate leggenda.