Ancora su Panorama Monferrato, un commento ex post

È la geografia di un passaggio in cui viaggiare lentamente, quella del Monferrato, tra colline con appezzamenti di colori diversi che vanno dal caffelatte, al marrone scuro, e poi i verdi dei filari, che fanno da sfondo a piccoli borghi in salita con le strade di ciottoli. Qui Stefano Guazzo ambienta e pubblica nel 1574, “La civil conversazione”, uno de testi più importanti dell’epoca, in cui si celebra e si scopre l’importanza del dialogo come elemento imprescindibile per uno sviluppo etico umano. Il suo protagonista isolato a seguito di una pandemia, attraverso il rapporto con un medico, rivela l’importanza di una relazione civile, non tanto in un’accezione puramente etimologica (cittadino), quanto piuttosto nella sua “qualità dell’animo”. 

Il testo cui si è ispirato il curatore di questa edizione di PANORAMA, magistralmente condotta dallo storico Carlo Falciani, trova analogie tragiche con la contemporaneità. Nell’oggettività totale dell’assenza di un dialogo storico per un ordine di motivi diversi (politici, ideologici, economici, ecc.), sono “gli ambasciatori della cultura” come li chiama Lorenzo Fiaschi (cofondatore di Galleria Continua, insieme a Mario Cristiani e a Maurizio Rigillo) presidente di ITALICS (la rete di gallerie italiane), a promuovere riflessioni possibili attraverso il linguaggio dell’arte. 

La manifestazione arrivata alla sua quarta edizione, dopo Procida, Monopoli e l’Aquila, si èn sviluppata intorno a quattro frazioni. Per quattro giorni dal 4 all’8 Settembre, Camagna, Vignale, Montemagno e Castagnole, hanno ospitato 63 artisti e 62 gallerie con una mostra diffusa su 16 sedi, e quattro testi di Guazzo di edizioni diverse. Opere antiche, moderne e contemporanee, alcune prodotte  per l’occasione, iniziative di confronto attraverso incontri pubblici, attività con gli artisti, proiezioni a teatro, e un premio Italics d’Oro, assegnato quest’anno a Paolo Icaro

Ogni paese indaga tematiche universali, il lavoro e le radici a Camagna Monferrato, il ritratto e l’identità a Vignale Monferrato, la caducità e la morte a Montemagno Monferrato e a Castagnole Monferrato la sacralità dell’arte anche laica.  

La Culiëta della Chiesa di Sant’Eusebio si vede da lontano, ma per raggiungere l’ex Cottolengo di Camagna occorre percorrere le vie strette del paese. La struttura ruvida e in decadenza ospita opere altrettanto “ferrose e terrose”, come suggerisce il curatore. Le opere di ferro cemento di Giuseppe Uncini, le sculture in acciaio di Armando Andrade Tudela, e quelle di Arcangelo Sassolino. Ma anche l’apparente leggerezza delle opere di Richard Meitner, e le immagini di una vita rurale di Lala Meredith-Vula e di Franco Vimercati, insieme alla poetica delle mucche volanti sugli aquiloni, nel video di Shimabuku, solo per citarne alcuni. 

A Vignale il rimando al concetto di ritratto e alla ricerca dell’identità trova rappresentazione in una serie di interventi, esposti nel medievale Palazzo Callori, recentemente ristrutturato. Il percorso olfattivo di Elisabetta Di Maggio con il tappeto di saponi di Marsiglia, e la trapunta tradizionale libanese di Akram Zaatari che fa da sfondo alle immagini dei fabbricanti locali. Le sculture di vetro di Diego Perrone e quelle di Markus Schinwald, i dipinti di Romina Bassu, le immagini di Francesco Jodice (nel Teatro) e l’installazione di Susana Pilar, con le immagini delle figure femminili della sua famiglia. Identità che si materializzano nella presenza classicheggiante di una scultura antica del II secolo d.C., e nei ritratti di Mirabello Cavalori (1565) e di Carlo Amalfi (della seconda metà dei Settecento). L’identità è celata invece nel progetto fotografico di Edson Chagas, così come nel calco del corpo di Patrick Tuttofuoco (privo della testa), esposto nella suggestiva nella Chiesa dei Battuti.  

La scenografia del Castello di Montemagno incornicia la mongolfiera di bambù con un intervento sonoro di Marco Bagnoli, e le sculture decadenti truccate da Francesco Vezzoli. È qui che il tema della caducità e della morte trova le sue forme. Il sotterraneo del castello ospita il fondale di Latifa Echakhch, il tappeto di Ariel Schlesinger, il dipinto di Giuseppe Cesari detto Cavalier d’Arpino e il video di Theaster Gates ambientato nella St. Laurence Church di Chicago. Appena più sotto al castello, sotto la Chiesa dei Santi Martino e Stefano, nei Voltoni della Scalea Barocca il mobile da toilette in legno del XIX secolo anticipa i neon di Claire Fontaine, e gli intensi lavori di Marzia Migliora.

A Castagnole il percorso si fa più evanescente con le installazioni luminose di Michel Verjux, nella Chiesa del paese. La mostra si diffonde all’interno delle strade cittadine raggiungendo La Casa della Maestra che offre una vista sulle valli, con l’opera di Fausto Melotti e quella di Giorgio Morandi. Nei sotterranei l’installazione perfetta per il luogo Nel tempo che tace, realizzata con polveri e cenere locali di Maria Elisabetta Novello, e sempre dalle ceneri (ma di un oggetto di scena) l’opera di Invernomuto che inquadra l’architettura dell’Ex Asilo Regina Elena. La scultura di Giò Pomodoro all’ingresso, i lavori sulle scale prodotti da l’Atelier dell’Errore che sembrano parte integrante delle pareti segnate dal tempo, come il trittico di Pieter Vermeersch. Il percorso si fa accidentato nel pavimento di specchi da attraversare di Alfredo Pirri, per concludere con quello olfattivo di Luca Vitone. 

Il consiglio è quello di perdersi tra le vie strette, affrontare le scalinate impervie dei sotterranei, seguire tragitti imprevisti di una mostra diffusa su più sedi, solo apparentemente faticosa. Perché ogni tappa rivela tutta la grazia di un paesaggio silenzioso, che dialoga con l’arte e la sua storia.

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