La sezione New Entries di Artissima riconferma il suo ruolo di scouting tra le gallerie con meno di 5 anni di attività. La giuria composta dal comitato delle gallerie della fiera ne ha selezionate 15, di provenienza nazionale e internazionale, tra cui la parigina Hatch, la croata Manuš e l’italianissima Matta di Milano, che hanno ricevuto un premio in denaro per la realizzazione dello stand, grazie a contributo del fondo Artissima New Entries Fund, arrivato alla sua 2ª edizione.
La milanissima Matta intrepreta (a parere di chi scrive), l’espressione del sogno The Era of Daydreaming, tema proposto dal curatore Luigi Fassi per questa edizione, e l’idea di ciò che significa sperimentare, anche in occasione di una vetrina con vocazione commerciale. Lo spazio dedicato interamente a Clara Hastrup, artista danese, mette in scena ambienti visivi e sonori suggestivi, a partire dalla serie di sculture a uovo che si illuminano con i led. Culminando all’interno di uno spazio buio che accoglie lo spettatore con acquari pieni di pesci, in cui i loro movimenti, attraverso un meccanismo di sensori, azionano gli xilofoni collegati producendo dei suoni. Tra i pionieri dell’uso delle luci e dei laser nell’ambiente naturale Magdalena Jetelova’, che alla Lohaus Sominsky di Monaco porta un’immagine fotografica in cui sono segnati proprio attraverso il laser, i confini tra le placche pacifica e continentale della crosta terreste, in Patagonia.
È ancora un’immersione sensoriale nella galleria parigina Spiaggia Libera, che dedica l’interno stand a Jack Warne, in un dialogo tra pittura e tecnologia. L’artista inglese pur muovendosi prevalentemente su superfici piane della tela, simula una visione alterata della realtà, introducendo elementi tecnologici che amplificano e dilatano lo spazio pittorico, attraverso l’utilizzo dello smartphone e di QR code.
Il futuro si fa distopico nei corpi proposti dalla londinese Albion Jeune con le formazioni di Ivana Basic, e gli scenari immaginati da Su Yu-Xin. Sebbene con linguaggi e estetiche differenti le armature futuristiche della prima, sembrano suggerire la presenza di specie umanizzate. L’immaginario visivo si sposta all’interno di nuove geografie negli eleganti dipinti della taiwanese, creando atmosfere stranianti in ambienti originari. Come originaria è l’estetica della galleria messicana Banda Municipal, che propone un bell’allestimento con le immagini fotografiche di María José Sesma, e i residui di una presunta umanità nei lavori di Arturo Hernández Alcázar. Frammenti, materiali naturali, memorie dei luoghi che costituiscono una nuova archeologia, in dialogo con i mondi umani (interiori) e non umani (naturali) delle immagini di Sesma.
Il paesaggio si infuoca nei dipinti di Mario Uliassi nella galleria cremose Triangolo, con la potenza del colore (rossi, aranci, gialli, bruni), nei boschi e nelle foreste dipinte sulle tele, come esito della rovina che incombe sulla contemporaneità. E il colore tesse le opere di Maria Appleton alla galleria della Ville Lumière Hatch, con un’intricata maglia di fili che rappresentano per l’artista portoghese, corpo e mente in un delicato equilibrio precario. Tessuti preziosi, in alcuni casi sospesi nello spazio, diventano memorie che si intrecciano. Gli intrecci li ritroviamo nei fili di lana che compongono le opere coloratissime, inquadrate in geometrie che rappresentano paesaggi di Guido Yannitto nell’argentina Remota. Come geometriche sono le installazioni pop di Matías De la Guerra, mentre la pittura di Mar Pérez si adagia su materiali metallici. Alla galleria croata Manuš le opere si fanno geometriche nella figura perfetta e simbolica del cerchio, che è l’elemento caratterizzante nel lavoro di Dubravka Rakoci e di Matt Mullican. Gli acquerelli delle cosmologie e i disegni di Mullican si relazione perfettamente con le grandi tele di Rakoci proposte in fiera (ma i suoi interventi sono spesso anche in luoghi pubblici), che sfrutta invece le potenzialità e il simbolismo energetico della forma circolare seguendo le pieghe dello spazio, con una paletta di colori ogni volta diversa.
Nella londinese Alma Pearl il formalismo e i colori delle opere di Margarita Gluzberg dialogano con le architetture dei dipinti Jhonatan Pulido, che diventano tracce della cultura rurale colombiana. Mentre il duo Cullinan Richards tra dipinti, specchi e un tavolo con bottiglie di Campari mette in scena in chiave attuale A Bar at the Folies-Bergère di Édouard Manet. È ancora una galleria di Londra Alice Amati, che porta con una delicata leggerezza piccoli quadri come fossero ricordi, immagini prelevate dalla memoria e dal sogno, del polacco Rafal Topolewski. L’ambiente è surreale invece, con le maschere di Ferdinand Dölberg nella berlinese Anton Janizewki, mentre alla Lohaus Sominsky i ritratti di Staack Juergen sono quasi evanescenti, e le opere di IIit Azoulay sono una stratificazione di oggetti e di storie.Nell’austriaca Petra Seiser le sculture e le installazioni di Isabella Kohlhuber ruotano intorno ai codici del linguaggio, mentre da theStable i confini si stratificano nelle opere dell’artista svizzero Yves Scherer, così come nella ricerca pittorica di Gianna Dispenza. Eppure, è ancora la materia protagonista nell’elegantissima Nendo di Marsiglia, che crea uno degli stand più coerenti da un punto di vista visivo. Gli elementi scultorei (in ceramica, argilla, gres, polistirolo), di Damien Fragnon, Pauline Bonnet e Dan Kim disegnano un percorso e una sintesi perfetta tra loro, tra le sbavature della materia, i corpi solidi che si increspano nel processo di realizzazione, e l’iconografia che si riempie di forme imperfette e per questo uniche.