Berthe Morisot in mostra a Parigi, la regina dell’Impressionismo tra Rococò e Action Painting

Chi era davvero Berthe Morisot? La timida allieva di Manet, o quella che aveva scardinato la compostezza del pittore parigino inondando i suoi neri di un bianco spumeggiante? La “mascotte” degli impressionisti o una delle capitane della squadra, forse la più selvaggia nello sfaldamento dell’immagine? La lettura del suo lavoro condotta sempre – immancabilmente – attraverso la lente dei colleghi uomini (del primo maestro, Camille Corot, e soprattutto dell’autore di Olympia) ha spesso falsato la narrazione sul personaggio, quando invece la giovane donna bruna, magra, dagli occhi immensi e dalle mani nervose, figlia di una famiglia dell’alta borghesia parigina (i cui principi non tradirà mai) si potrebbe collocare tra le pioniere dell’espressionismo. Basta guardare qualcuno dei suoi lavori più intimi o certi autoritratti – in particolare quando usa il pastello – per scorgere nel suo gesto deciso i primi vagiti della stagione più selvaggia dell’arte.

Una mostra, oggi, a Parigi (“Berthe Morisot and the Art of the 18th Century”), al Museo Marmottan Monet fino al 3 marzo, la racconta da un punto di vista nuovo. Non ancora quello di antesignana di Jackson Pollock, ma comunque seguendo percorsi inediti, sgombri dalle figure dei maestri di sempre, sulle orme delle affinità tra la pittrice parigina e i suoi colleghi del secolo precedente. E sul fatto che il museo abbia l’autorevolezza per segnare percorsi inesplorati non ci sono dubbi, visto che proprio per volontà degli eredi qui è conservata la più imponente collezione dell’artista: oltre cento opere tra oli, acquerelli e disegni.

Berthe MORISOT (1841-1895) Signora con il manicotto o Inverno, 1880 Olio su tela, 74,9 x 61,6 cm Dallas, Dallas Museum of Art, dono della Meadows Foundation, Incorporated © Dallas, Dallas Museum of Art / immagine gentilmente concessa dal Dallas Museum of Art

La mostra vede sfilare accanto ai lavori dell’artista impressionista pezzi di Antoine Watteau, Jean-Honoré Fragonard, Jean-Baptiste Perroneau, François Boucher e poi George Romney e Louis Albert. Una ricerca intorno alla leggerezza, allo sfaldarsi dell’immagine nelle volute sognanti del Rococò, che in fondo non contraddice la teoria secondo la quale Morisot è la prima vera rivoluzionaria del gesto. A uno sguardo veloce, si fa fatica a individuare subito quale sia il dipinto dell’Ottocento e dove si annidi, invece, l’arte precedente, tanta è la complicità di scenari e di soggetti, soprattutto femminili. E le somiglianze sono spesso sorprendenti.

Berthe MORISOT 1841 1895 da François BOUCHER 1703 1770 Venere va a chiedere le armi a Vulcano 1884 Olio su tela 114 x 138 cm Collezione privata © Christian Baraja SLB

Non solo nei d’après, come l’olio Venere chiede le armi a Vulcano, vera e propria citazione di un dipinto mitologico di Boucher che Morisot rielabora come un’apparizione, con le nuvole che si dissolvono quasi, ingoiando le due figure femminili. Ma anche negli altri lavori in mostra. C’è un piccolo olio, ad esempio, Giovane donna che annaffia un arbusto, del 1876, dove la figura di spalle è una citazione di una sanguigna del 1765 di Fragonard (a lungo indicato come suo parente, cosa che, invece, la mostra smentisce), fino al gesto speculare della mano. E se in Fragonard è il segno netto a dare la misura dei volumi della stoffa (di cui appare evidente la consistenza lucida e rigida nonostante la monocromia), in Morisot l’abito candido acquista consistenza grazie a una serie decisa di pennellate orizzontali, assolutamente astratte, mentre all’orizzonte il paesaggio è puro gesto e segno.

Berthe MORISOT (1841-1895) Giovane donna che innaffia un arbusto, 1876 Olio su tela, 40 x 31,7 cm Museo delle Belle Arti di Richmond, Virginia. Collezione del signor e della signora Paul Mellon © Foto Katherine Wetzel / Museo delle Belle Arti della Virginia

E poi c’è la Dama col manicotto, sinfonia di bruni e di ocra datata 1880, dove i riferimenti al Ritratto di Mrs Mary Robinson di Romney (dipinto esattamente cento anni prima) sono quasi letterali: dalla postura alla direzione dello sguardo, fino alla ritmica delle cromie. Ma forse la triangolazione più interessante è quella che si crea intorno a un piccolo olio su tela tardo, del 1892 (tre anni prima della morte); un lavoro dalle tinte più intense rispetto agli altri di Morisot, con un sapore già quasi post-impressionista.

Berthe MORISOT 1841 1895<br>Giovane donna in grigio sdraiata 1879<br>Olio su tela 60 x 73 cm<br>Collezione privata<br>© Studio Christian Baraja SLB

In questo Riposo (ragazza addormentata) si respira una sensualità che raramente l’artista ha rivelato. Non solo e non tanto per il seno nudo, ma soprattutto per la consistenza tiepida della pelle, per i capelli scomposti e per la bocca, che pare arricciata in un bacio nonostante gli occhi chiusi. Molte le similitudini con il Ritratto di Madame Perroneau addormentata, realizzato dal marito nel 1766; ma le radici di questo lavoro di Morisot sembrano soprattutto affondare nel più erotico dei pittori in mostra: François Boucher, quello che fece di una delle amanti di Luigi XV – l’adolescente Marie-Louise O’Murphy – un’icona, ritraendola nuda a pancia in giù su un’ottomana. E’ certamente alla sua Ragazza addormentata che si ispira Morisot, libera – oramai anziana – di osare una pittura più esplicitamente sensuale: identici sono l’abbandono della testa sul cuscino, l’espressione di seduzione che trapela dietro la finzione del sonno, e identici sono i seni piccoli, sodi e tondi, dai capezzoli rosei bene in vista.

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