Il celebre artista urbano ha realizzato un nuovo murales sulla facciata di Casa Kiss Kiss, e per l’occasione, ha concesso a noi di Artuu una brevissima riflessione proprio su questa nuova opera.
È stata un’icona e non solo per il pubblico italiano: Raffaella Carrà ha fatto la storia della televisione del Bel Paese lasciando un segno indelebile anche al Festival di Sanremo, conducendo tra l’altro anche la cinquantunesima edizione nel 2001. Così la kermesse canora l’aveva perfino omaggiata con un medley dedicato ai suoi brani più celebri a pochi mesi dalla sua scomparsa nel febbraio 2022. Quest’anno, invece, ci ha pensato Jorit a ricordarla, nel quartier generale di Radio Kiss Kiss poco distante dal Teatro Ariston.
In occasione del 74esimo Festival di Sanremo è infatti apparso, su una delle facciate della costruzione antistante il porto vecchio, un grande ritratto del più celebre caschetto biondo televisivo, firmato da Jorit Agoch, all’anagrafe Ciro Cerullo, artista urbano classe 1990.
Nato a Quarto Flegreo, vicino Napoli, Jorit balza agli onori della cronaca nel 2005 grazie ad una serie di graffiti eseguiti nel capoluogo partenopeo, ma è solo nel 2013 che decide di dedicarsi esclusivamente alla raffigurazione realistica del volto umano. L’artista ritrae personaggi celebri o di cronaca con due inconfondibili strisce rosse sulle guance: un rimando alla procedura della scarnificazione, rito che in molte culture segna il passaggio simbolico dall’infanzia all’età adulta. Il singolo accantona in parte la propria individualità per entrare nella cosiddetta “Human Tribe”.
I suoi ritratti sono così comparsi ai quattro angoli del globo mostrando al grande pubblico i volti di Maradona, Pier Paolo Pasolini, Nelson Mandela, Martin Luther King, Lucio Dalla, Pino Daniele, Che Guevara, Picasso, Salvador Dalì e molti altri. A questo “pantheon”, che non sempre è sfuggito alle polemiche come nel caso dell’intervento a Mariupol, si è ora aggiunta Raffaella Carrà. Jorit stesso ci ha spiegato la genesi dell’opera e il suo destino finita la kermesse canora.
Come mai hai scelto di ritrarre Raffaella?
J.: Ciò che unisce quello che faccio è la scelta di focalizzarmi su persone che in qualche modo abbiano contribuito al progresso dell’umanità. C’è un aspetto di Raffella Carrà che si conosce poco, ma che va in tale direzione. Lei era una donna che si è impegnata molto in primis per l’emancipazione femminile, riuscendo però a mantenere sempre una sorta di empatia nei confronti di tutti i tipi di pubblico, anche di chi non la pensava come lei. Ad esempio, con le sue canzoni riusciva a rovesciare gli stereotipi dell’epoca: una donna che non si sottometteva al volere dell’uomo, ma ribadiva il suo potere di scegliere e di essere artefice del proprio destino. Raffella, con simpatia ed allegria, cercava di promulgare una sorta di rivoluzione culturale. Non è stata famosa solo in Italia, ma anche in Sud America. Si metteva sempre nei panni del grande pubblico, non delle dive o divi televisivi. Mi ricordo che una volta in un’intervista aveva lasciato spazio ad un operaio dopo aver invitato a parlare, se non sbaglio, l’allora presidente di Confindustria. La Carrà si interessava dei problemi di tutta la popolazione, non solo di alcune fasce della stessa, in un’Italia che all’epoca era piena di contraddizioni, ma anche di voglia di giustizia. Io la interpreto così: una grande donna non solo dal punto di vista artistico, ma anche sociale.
E infatti Jorit non sbaglia: nel 1986 durante due puntate di Domenica In, Raffaella Carrà diede il medesimo spazio di espressione a Luigi Lucchini, proprietario di impianti siderurgici e presidente di Confindustria, e a Mario Varianti, rappresentante dei lavoratori di uno degli stabilimenti di Lucchini in sciopero per le condizioni d’impiego. Effettivamente un lato della conduttrice, cantante, attrice ed autrice che probabilmente alcuni non conoscono.
Ma una volta terminato il Festival, il murales che fine farà?
J.: L’opera verrà smontata e portata a Napoli nella sede di Radio Kiss Kiss.
Ancora una volta il Festival di Sanremo, grazie agli eventi che intorno ad esso gravitano, conferma di non occuparsi solo di “canzonette”.