Francesco D’Isa, quando gli errori dell’AI diventano opere d’arte

In occasione del finissage della mostra “Scoletta dell’Arte: Digital Reform,” tenutosi alla Scoletta dei Battioro e Tiraoro a Venezia, si è discusso del futuro dell’arte digitale. Un evento che ha visto la partecipazione di diversi artisti impegnati nella sperimentazione artistica contemporanea. Tra loro, Francesco D’Isa, filosofo e artista, che ha presentato la sua opera Error#0, un esempio di come la tecnologia e l’intelligenza artificiale possano essere utilizzate per esplorare nuove forme di creatività.

In Error#0, primo NFT della serie Errors, D’Isa sfida il software di intelligenza artificiale text-to-image, utilizzando prompt progettati per generare errori di sistema e produrre risposte inaspettate. Questi errori, che sembrano discostarsi dalla richiesta originale, mantengono comunque una coerenza interna che li rende affascinanti. L’artista descrive questo processo come un’esplorazione di uno spazio latente, simile alle visioni ipnagogiche che gli esseri umani possono sperimentare nella fase pre-sonno o durante la meditazione. Invece di antropomorfizzare la macchina, D’Isa spinge l’intelligenza artificiale oltre i suoi limiti programmati, trasformando gli errori della macchina in dichiarazioni visive deliberate.

Error#0 è un’opera unica, selezionata con attenzione tra centinaia di immagini create dall’artista, che rappresenta il fulcro del progetto: trasformare gli errori della macchina in scelte artistiche consapevoli. La tecnologia blockchain garantisce l’immutabilità e la permanenza di quest’opera, rendendola il punto di partenza di un’intera serie dedicata all’esplorazione del concetto di errore.

Con la sua visione innovativa e il suo impegno nel coniugare arte e tecnologia, D’Isa ha offerto un approfondimento su come le piattaforme digitali stiano trasformando il panorama artistico. Di seguito, un’intervista all’artista in cui riflette su alcune delle tematiche chiave legate al suo lavoro.

Nel processo creativo di Error#0, hai deliberatamente cercato di generare errori nel software di intelligenza artificiale. Quali sono stati gli aspetti più sorprendenti o inaspettati di questo approccio, e come hanno influenzato la tua visione finale dell’opera?

L’aspetto più sorprendente è che palesa come l’errore umano sia un elemento importantissimo della nostra creatività: l’errore avviene per caso, ma sta a noi disconoscerlo come tale e capire che è invece portatore di interessanti novità.

Francesco d’Isa Pearls 1 Stable Diffusion 2024 Image courtesy of Francesco d’Isa

In che modo il concetto di “errore” come fonte di creatività si collega al tuo background filosofico? C’è un parallelo tra l’imprevedibilità del processo tecnologico e le idee filosofiche che hai esplorato nelle tue opere precedenti?

In un certo senso si collega alla mia idea di creatività come scelta: nulla appare dal nulla, ma molteplici scelte (come quella di non considerare più un errore tale) fanno apparire qualcosa di inedito.

L’uso della blockchain per garantire l’immutabilità e la permanenza di Error#0 introduce una dimensione di eternità nel mondo digitale. Come percepisci questa interazione tra tecnologia e arte, e in che modo pensi che influenzerà il futuro delle opere d’arte digitali?

Il concetto di immutabilità secondo me non appartiene al mondo digitale, che è comunque fisico. Tutto è deperibile, anche un contratto criptato, anzi, per certi versi può essere più deperibile di altri materiali. Può però essere uno strumento prezioso per assicurare quell’unicità che consente di entrare nel mercato dell’arte, aiutando chi lavora sul mezzo digitale, che per via della sua riproducibilità è sempre più difficile da monetizzare. È uno strumento utile, anche se è stato sfruttato in modi nefasti da molti speculatori.

Error#0 rappresenta l’inizio di una serie dedicata agli “errori” generati dalle macchine. Puoi condividere con noi quali direzioni future prevedi per questa serie e come intendi continuare a esplorare il concetto di errore nell’arte digitale?

Continuerò a cercare di far impazzire le macchine, almeno finché verranno prodotte con mille limitazioni, blocchi e censure! Se in futuro queste dovessero diminuire e diventasse più accessibile la loro personalizzazione, gli errori saranno ancora più facili e l’uso dello strumento ai fini creativi si faciliterebbe.

Nel tuo progetto Errors, come scegli i “bug” da generare? C’è un particolare tipo di errore che preferisci esplorare rispetto ad altri?

La selezione degli errori non segue una logica predefinita. Si tratta di immagini che, proprio perché divergono dagli standard della produzione AI, riescono a generare forme e ibridazioni inedite. Nel mio processo creativo, cerco quel momento in cui un errore smette di essere tale e si trasforma in qualcosa di nuovo. L’elemento casuale è fondamentale, poiché genera quelle piccole deviazioni che, sotto lo sguardo dell’artista – ma non solo – diventano opportunità per una riflessione conoscitiva.

Il rapporto tra arte e tecnologia è un tema centrale nelle tue opere. Come pensi che l’intelligenza artificiale influenzi la definizione stessa di autorialità nell’arte contemporanea?

Più che influenzare la nostra idea di autorialità, l’intelligenza artificiale ne rivela i limiti. L’uso di enormi quantità di dati collettivi durante il training evidenzia come ogni processo creativo sia, in fondo, il prodotto di una rete collettiva. Se pensiamo a figure come Picasso o Einstein, dobbiamo chiederci: avrebbero creato il cubismo o la teoria della relatività se fossero nati nel 1300? Probabilmente no. Ogni opera è il frutto di agentività multiple, umane e non. L’arte ha metabolizzato questa consapevolezza: non è sorprendente che un artista affidi la realizzazione tecnica di un’opera a terzi, cosa che accadeva anche in passato. Così come è naturalissimo ispirarsi ad altri artisti per il proprio lavoro.

L’idea che l’AI possa essere un autore anziché uno strumento, invece, è legata a una cattiva interpretazione del termine “intelligenza artificiale”. Conoscere davvero il mezzo significa riconoscere che è inerte senza la nostra guida e che, come ogni strumento, dà vita a una forma di co-creazione.

In che modo il tuo background filosofico contribuisce alla tua pratica artistica? Ci sono concetti specifici che cerchi di tradurre visivamente nelle tue opere?

Per me, la ricerca filosofica coincide con quella artistica. Fare arte significa portare avanti un’indagine filosofica attraverso altri linguaggi, spesso ibridati tra loro. Sebbene le due attività possano sembrare distanti, nel mio caso condividono la stessa spinta di ricerca e la stessa poetica.

Il progetto Error#0 ha una dimensione fortemente concettuale. Come riesci a bilanciare l’aspetto tecnico e la narrazione artistica all’interno della tua creazione?

È difficile separare la tecnica dall’ideazione. Non parto mai da un’idea che poi cerco di rappresentare fedelmente, come faceva Magritte. Ogni creazione è piuttosto un dialogo, che sia con l’AI, con il linguaggio scritto – che ha una sua vita autonoma – o con un semplice foglio di carta e dell’inchiostro. Più che cercare di bilanciare tecnica e ideazione, non riesco a individuare un momento preciso in cui i due aspetti divergono.

TAEX è diventata una piattaforma molto dinamica per l’arte digitale. In che modo pensi che questa stia ridefinendo il rapporto tra artisti, curatori e collezionisti? Quali opportunità vedi per l’evoluzione dell’arte digitale attraverso spazi come TAEX?

È la prima volta che collaboro con TAEX, e ho molto apprezzato l’accurata curatela e l’attenzione per l’opera prima che per gli aspetti di mercato. Uno dei problemi degli NFT era la totale assenza di curatela e di conseguenza di valore artistico di molte opere vendute. Il collezionismo digitale del futuro penso che debba passare da queste buone prassi.

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