La polemica nasce dalla scelta di esporre immagini deumanizzanti e violente che ritraggono i prigionieri iracheni della prigione di Abu Ghraib
Le controversie legate alla 12a edizione della Biennale di Berlino non sembrano avere fine.
Questa volta l’accusa arriva da tre artisti iracheni – Sajjad Abbas, Raed Mutar e Layth Kareem – che hanno chiesto la rimozione delle loro opere dalla mostra.
La causa della protesta è la scelta del team curatoriale della Biennale di esporre accanto alle opere di artisti iracheni “Poison Soluble” – l’installazione dell’artista francese Jean-Jacques Lebel che rielabora le terribili immagini scattate dai soldati americani nel carcere di Abu Ghraib.
Le fotografie risalenti a un anno dopo l’occupazione statunitense del suolo iracheno sono estremamente crude e mostrano i corpi dei prigionieri seviziati e torturati.
I curatori hanno deciso di mostrare le immagini senza il consenso delle vittime, esponendole accanto alle opere di Abbas, Mutar e Layth senza che gli artisti ne fossero al corrente.
A sostenere la causa, è presto arrivata una lettera aperta affidata ad ArtForum dalla curatrice Rijin Sahakian e firmata da nomi celebri dell’arte irachena come Michael Rakowitz e Ali Cherri.
La Biennale di Berlino ha deciso, in un primo momento, di spostare le opere degli artisti così da eliminare l’associazione tematica con l’opera di Lebel, ma non è bastato.
Sahakian e gli altri firmatari della lettera criticano la scelta di mostrare immagini così deumanizzanti e drammatiche per il popolo iracheno nel contesto di una manifestazione che doveva favorire la decolonizzazione e la riparazione per le vittime di occupazioni ingiuste.