Ho deciso di partire, come novello viaggiatore austroungarico da un preciso ed arcinoto quartiere di Lubiana: Metelkova.
Proprio da qui, da un vero e proprio centro delle arti contemporanee rubato alle ruspe che volevano abbatterlo, inizia un viaggio attraverso lo Stivale che vuole portarvi a scoprire alcuni sentieri artistici (e culinari) non troppo battuti del nostro paese, con l’intento di dare alla vostra estate un senso diverso dal semplice bruciarsi pelle e carte di credito in giro per i lidi affollati. Perché Metelkova? Perché Lubiana? Beh è una scelta anticonformista visto che sarebbe del tutto semplice immaginarsi un viaggiatore parigino o, cosa ancor più semplice, un baronetto inglese in cerca di avventura ma vuoi mettere pensarsi un nobile di una antica landa slava, con dei tratti un po’ gitani e diabolici ed un eccentrico modo di vestire, in giro per il Bel Paese?
Una volta passato il confine, invece di recarsi come una ciurma di famelici giapponesi direttamente in Piazza san Marco, c’è il primo piccolo gioiello da scoprire, nella cittadina di Muggia. L’ideale sarebbe arrivarci in un orario compreso tra le undici ed il mezzogiorno in modo tale da poter visitare con calma il bellissimo Duomo dedicato ai Santi Giovanni e Paolo, preclaro esempio di gotico veneziano con una forte declinazione dalmata. Per la rubrica interna a questo vademecum del moderno Grand Tourist “nomi assurdi e dove trovarli”, vi parlo subito del mitico Arlongo De Visgoni che negli anni sessanta del XIII secolo consacra la chiesa, uno personaggio scaltrissimo come molto spesso ricordiamo nella gerarchia clericale.
Da quel momento in poi il Duomo ha subito due rimaneggiamenti nel XV e nel XIX secolo ed è stato proprio questo ad essere quello sensibilmente più importante, perché abbassa la facciata di mezzo metro. Si conserva intatto il rosone, che al centro porta una Madonna con bambino di notevole intensità anche se l’apice si raggiunge nella lunetta dove abbiamo La Trinità adorata dai Santi Giovanni e Paolo. A questa virtuosistica facciata trilobata si contrappone un interno a tre navate abbastanza spoglio, se si eccettuano alcune presenze ad affresco negli archi dell’ambiente centrale, ma che nella sua estrema eleganza completa quella visione quasi metafisica che si ha della chiesa, partendo proprio dagli elementi di facciata. Il tutto condito in salsa di lastre bianche di pietra istriana che la stagliano contro il cielo come un imperituro baluardo gotico. Sensazionale! Dopo un’attenta riflessione sulle tendenze architettoniche venete rappresentate dal Duomo di Muggia attraverso ben sei secoli, sarebbe cosa buona e giusta correre verso La Cambuseria. Uno splendido ristorante con affaccio su porto della cittadina, in verità un po’ affollato e quasi chiassoso (soprattutto di sera) ma con un fritto di pesce e dei crudi di mare che vi faranno apprezzare anche i marmocchi che imperversano tra i tavoli a guisa di Unni.
Solo a pancia piena si può ripartire verso Venezia, ma prima uno stop obbligatorio è quello presso la mitica Libreria Antiquaria Umberto Saba di Trieste: qui hanno circolato i maggiori cervelli della letteratura giuliana del XX secolo e, ovviamente, primo tra tutti Umberto Saba che amava chiamare questo luogo il suo “antro buio”. In un’epoca in cui si perde totalmente l’uso della carta a scopi di scrittura, posti come questo sono ancora gli ultimi bastioni di una lotta, di resistenza letteraria e destano stupore come una vera e propria opera d’arte. Giusto il tempo di acquistare qualche buon libro da leggere, in treno verso Venezia… sì, perché da lì non ci si può non passare, ogni dannatissimo Grand Tour che si rispetti deve necessariamente passare per la laguna. Non è casuale la scelta del treno, unico mezzo di trasporto che all’arrivo in laguna sembra galleggiare sull’acqua, svelando pian piano uno skyline che difficilmente dimenticherete, emozionatevi pure, commuovetevi se necessario… Venezia merita le vostre lacrime. Appena usciti dalla stazione vi si parerà davanti uno spettacolo che vivrete unicamente lì, che non sarà replicabile da nient’altro al mondo e, una volta smaltita la sbornia, percorrete il ponte che è subito alla vostra sinistra e cambiate sponda.
Superate come veri eroi i venefici odori di Burgher King, che troverete ai piedi del ponte e infilatevi lestissimi dentro la chiesa di San Simeon Piccolo che cela un incredibile segreto che ci permetterà di dare uno “sguardo veloce all’arredamento” (cit. Morgan) ed intrufolarci nelle catacombe. Sarebbe del tutto sgradevole, infatti, non condire questo Grand Tour senza una intensa avventura archeologica e allora quale situazione migliore di una serie di catacombe sotto Venezia?
Una piccola e angusta scaletta vi catapulterà diversi metri sotto il piano di calpestio e sotto il livello del canale dove scoprirete una serie di ventuno ambienti, alcuni dei quali ancora murati ed inesplorati, che raccolgono sepolcri che hanno verosimilmente ospitato i resti alcuni parrocchiani del sestiere. In un labirintico incrociarsi di due corridoi che si raccolgono intorno ad un altare, si possono distinguere ottime testimonianze di un affresco con le dodici stazioni della via crucis. Riemergete dalle catacombe come Indiana Jones nell’Ultima Crociata (peraltro lui in quel film riemerge davvero dalle catacombe di Venezia ma spunta in campo San Rocco) e ritornate verso Strada Nova fino alla chiesa di San Felice, fortunatamente fuori dai giri del turismo massivo ma che contiene una perla della fase giovanile di un pittore che adoro totalmente: Tintoretto.
Se il genio si vede da giovane il suo doveva essere chiaro a tutti e lo dimostra perfettamente la paletta che si trova proprio in questa piccola chiesetta raffigurante San Demetrio ed il donatore dove è già ampiamente presente quella sua caratteristica unica, quel pennello sciabolato che avrà le massime conseguenze in San Rocco, tra i molti esempi. Ma è qui, in questa piccola chiesa che si scoprono i prodromi di quel pazzesco genio che fu Jacopo Robusti il quale riesce a ricreare, come fondale della scena, un paesaggio che profuma di metafisica novecentesca, pre-dechirichiano per certi versi.
La vostra prossima tappa, a questo punto, non può che essere un altro piccolo tesoro al quale, ironia della sorte, passano accanto milioni di persone al giorno senza neanche prenderlo in considerazione: la chiesa di San Giovanni Crisostomo, conosciuta dagli indigeni come Santuario della Madonna delle Grazie. L’anonimo impianto esterno cela, in realtà, uno scrigno pieno di tesori a cominciare dalla Pala di San Giovanni Crisostomo, opera de celeberrimo Sebastiano del Piombo, che fa bella mostra di sé sull’altare maggiore.
Il braccio destro della pianta a croce greca ospita un capolavoro assoluto di un ultimo Giovanni Bellini, la sua Pala con i Santi Cristoforo, Girolamo e Ludovico da Tolosa si data al 1513 quindi a tre anni dalla scomparsa. È incredibile notare come in quest’opera così matura si avvertano delle fortissime tendenze precaravaggesche, che ci fanno comprendere quanto la volontà di una rappresentazione naturalistica fosse un obiettivo fondamentale per Bellini. Fa da controcanto a questa monumentale pala da 3 metri un masterwork scultoreo assoluto di Tullio Lombardo… aggiungerei: fieramente firmato TULII LOMBARDI OPUS.
Un concentrato di leonardismo riversato a secchiate in scultura, sembra che il cenacolo si sia alzato da Milano per uno spritz in laguna. Sarà a questo punto che, tramortiti da tutta questa inimmaginabile bellezza, uscirete da san Giovanni e verrete certamente inglobati dalla fiumana di ignari viaggiatori che muovono verso la Piazza… ma voi resisterete e, una volta in campo san Bortolomio, strenuamente lascerete scorrere la tempesta dei vacanzieri per trovare riparo nella splendida chiesa di San Salvador. Qui non rimarrete immuni allo stupore provocato da un Tiziano in splendida forma con due opere magnifiche: la Trasfigurazione, posta sull’altare maggiore, e L’Annunciazione.
Vi consiglio soprattutto di osservare, con molta attenzione, il vaso di fiori in basso a destra nella tela considerando che quell’elemento diventerà un must assoluto per tutti i pittori di nature morte del periodo caravaggesco, lo stesso maestro lombardo utilizza lo stilema del vaso di fiori (o delle caraffe riflettenti) in molte sue opere. E proprio in questa chiesa si cela uno dei rarissimi capolavori che veramente e direttamente discendono dalla tradizione del Merisi, Il Battesimo di Cristo di Nicolas Regnier, in verità un bel po’ sacrificato dietro ad un fonte battesimale abbastanza anonimo. La fulgida bellezza di questa paletta riluce anche se incastonata in mezzo a tutto il resto di questa zona della chiesa, panche comprese.
Nel percorso di uscita dalla chiesa soffermatevi sull’altare che ospita la pala di Palma il Giovane Madonna con bambino e i santi Antonio abate, Giovanni battista e Francesco d’Assisi e soprattutto date un occhio ai due gioiellini di Alessandro Vittoria, glorioso scultore veneziano tra il XVI ed il XVII secolo, che con i suoi San Sebastiano e San Rocco ci regala un saggio di capacità tecnica, del tutto esemplare. Alla fine di tutto questo vi sarete meritati di salire su un taxi e far trasportare le vostre stanche, ma soddisfatte, membra verso l’hotel Excelsior al Lido… affittate una di quelle splendide cabine anni Trenta fronte mare e voltate il vostro sguardo verso destra, verso quella cattedrale dell’eclettismo che è uno degli alberghi più carichi di storia al mondo.
Ordinate uno Chablis, decomprimete e riprendetevi… tra poco si riparte lungo la Romea.
La prossima puntata del Grand Tour la trovate qua:
Grand Tour (pt. 2): da Padova scendendo verso Sud, tra architettura e natura