Il 2024 dell’arte nelle 12 foto più iconiche dell’anno

di Alessandro Riva e Alfonso Umali

Gennaio. Inizia l’anno della post-realtà

L’anno del ritorno di Trump, l’anno dello sdoganamento delle fake news, l’anno dell’incedere inesorabile della AI, l’anno del dilagare delle guerre. Un anno spaventoso, potremmo dire, per molti aspetti drammatico, ma quel che è certo è che si preannuncia un anno di capovolgimenti epocali, di cambiamenti straordinari, di un futuro che appare sempre più incerto, sconosciuto e quindi sconvolgente. Ma anche, da altri punti di vista, elettrizzante: caduti tutti gli antichi parametri a cui per decenni, anzi per centinaia di anni, eravamo abituati, si annuncia proprio da quest’anno un nuovo modo di comunicare, di leggere la realtà, di lavorare, di vivere. Sarà allora Trump, con la sua tracotanza, la sua arroganza, la sua protervia, la sua violenza verbale, il suo disprezzo per i valori su cui abbiamo basato tutta le nostre credenze fino a oggi, compresa la fiducia nella realtà come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, a rappresentare al meglio l’anno che sta che per chiudersi: Trump che ha basato la sua campagna elettorale sulle fake news, Trump che ha sistematicamente capovolto la realtà, rendendo virale, grazie all’appoggio di Elon Musk, patron di X e nuovo profeta dell’era del dominio assoluto dei social, dicerie, falsità e invenzioni propagandistiche, a suo di meme e di campagne social: esemplare la diceria, che sarebbe ridicola se non avesse conseguenze drammatiche, degli “immigrati che mangiano i gatti”, che renderà Trump il difensore degli animali domestici in migliaia di meme. Un’immagine iconica, che sdoganerà per sempre l’era della post-verità, o, peggio ancora, della post-realtà. Da qui non si tornerà più indietro.

Foto Mohammed Salem Reuters

29 Febbraio, la strage della farina a Gaza, e la foto-simbolo di Mohammed Salem che vincerà il World Press Photo of the Year

Se è stato l’anno del ritorno di Trump e della post-realtà, è stato anche, purtroppo, l’anno dell’intensificarsi dei conflitti, dello sdoganamento della barbarie organizzata, dell’aumento sempre maggiore del rischio di una guerra globale. Un anno difficile, drammatico, caratterizzato dal frastuono delle bombe e dallo strazio dei parenti delle sempre più numerose vittime dei conflitti in corso, che in un crescendo di distruzione e di morte, hanno attraversato il mondo rischiando in ogni momento di trasformare i conflitti locali in una spaventosa guerra globale. Tra la guerra in Ucraina che sembra non vedere ancora la fine, e il dramma della popolazione palestinese letteralmente spazzata via dall’esercito israeliano a Gaza, ridotta ormai un cumulo di macerie, le immagini di morti e feriti sono diventate purtroppo sempre più familiari. È il 29 febbraio, quando l’esercito israeliano apre il fuoco sulla popolazione inerte in fila per il pane: è la cosiddetta “strage della farina”, che causa oltre 100 morti e 700 feriti che si aggiungono così al bilancio devastante della guerra, che in questo mese ha superato i 30.000 morti (a fine anno arriveranno a 45mila). Foto-simbolo della guerra a Gaza sarà quella, scattata nell’ottobre del 2023 da un fotografo dell’agenzia Reuters, Mohammed Salem (che in aprile vincerà il prestigioso premio World Press Photo of the Year) che ritrae una donna palestinese, Inas Abu Maamar, mentre culla il corpo della nipote Sally, 5 anni, uccisa insieme alla madre e alla sorella da un missile iraniano che ha colpito la loro casa. Lo scatto, che era stato realizzato all’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, pone tragicamente sotto i nostri occhi il dolore vissuto dalla popolazione palestinese, inerme di fronte alla violenza delle armi. Salem ha dichiarato: “La foto riassume ciò che stava accadendo a Gaza: confusione, ansia per i propri cari, e quella donna che si rifiutava di lasciare andare il corpo della bambina”.

René Magritte Lami intime 1958 ©Christies Images Ltd 2024

7 Marzo, le aste premiano Magritte

È l’anno del Surrealismo (cade proprio quest’anno il centenario del Manifesto del Surrealismo di André Breton) e di Magritte, almeno per quel che riguarda le battute d’asta. Molte le mostre che si apriranno quest’anno dedicate al grande movimento d’avanguardia: in Italia, a Parma, con “Il Surrealismo e l’Italia”, e a Parigi, al Pompidou, con la grande mostra “Surréalisme”. Ma è sul maestro belga che si appunta l’interesse del grande collezionismo mondiale: ecco allora, il 7 marzo, il dipinto L’ami intime (1958) di René Magritte guidare la 24ª “The Art of the Surreal Evening Sale” di Christie’s, l’asta annuale dedicata all’arte surreale e dada, con una stima tra £30-50 milioni. Proveniente dalla Collezione Gilbert e Lena Kaplan, L’ami intime raggiungerà la considerevole cifra di 43 milioni di dollari. Protagonista di un’impennata straordinaria di prezzi negli ultimi anni, Magritte aveva già raggiunto cifre astronomiche, come i £59,4 milioni per L’Impero delle luci da Sotheby’s nel 2022. Qualche mese dopo l’asta, in novembre, un altro capolavoro di Magritte, L’empire des lumières, raggiungerà l’aggiudicazione-record di $121,2 milioni da Christie’s a New York. Un anno d’oro per uno dei maestri indiscussi del Surrealismo.

Aprile, inaugura la “Biennale degli esclusi”

Curata da Adriano Pedrosa, la Biennale d’arte a Venezia del 2024, significativamente intitolata Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere e inaugurata il 20 aprile, sceglie finalmente di esplorare e celebrare voci e prospettive spesso ignorate dal sistema artistico globale. Con un’attenzione particolare agli “esclusi,” questa edizione dà infatti spazio ad artisti provenienti da minoranze etniche, linguistiche e sessuali, oltre che a creatori queer e a rappresentanti delle culture del Sud del mondo. Questo approccio trasformato per la prima volta la Biennale in un mosaico di diversità culturale, estetica e narrativa, rompendo con le logiche tradizionali delle gallerie internazionali. Tra i temi centrali, la rappresentazione queer assume un ruolo significativo, offrendo nuove visioni dell’identità di genere e dell’espressione personale attraverso opere che combinano performance, videoarte, tessuti e materiali innovativi. Allo stesso modo, le culture del Sud del mondo sono state protagoniste con opere che raccontano tradizioni millenarie e tensioni sociali contemporanee. Materiali e tecniche tradizionali al limite dell’artigianato, come il ricamo, i mosaici e la ceramica, si affiancano a linguaggi più contemporanei, creando una connessione tra passato e futuro. Una scelta non solo estetica ma anche politica, che dimostra come le pratiche artigianali possano veicolare temi globali come l’identità, la disuguaglianza e la migrazione. Il risultato? Una manifestazione gioiosa, multiforme e trasversale, in grado raccontare la complessità del presente attraverso la voce di chi, fino a oggi, è rimasto ai margini del sistema artistico. Con buona pace dei tanti conservatori dello status quo del sistema artisrico, a cui, non per niente, non è affatto piaciuta.

Jonathan Yeo HM King Charles III 2024 oil on Canvas cm 165×230

Maggio, il ritratto di Re Carlo di Jonathan Yeo fa discutere sui social

Jonathan Yeo, nato a Londra il 18 dicembre del 1970, è entrato nel mirino dei social per aver immortalato, usando un colore rosso fin troppo accentuato, Re Carlo III. Nei commenti, infatti, non solo sotto al post dell’artista inglese, ma anche in quello della pagina ufficiale della famiglia reale, gli utenti hanno descritto l’opera come “il sangue di tutte le colonie” o ancora, in modo più giocoso, invocando ad avere “ancora più rosso!”. E non sono mancati anche i video ironici e gli sfottò: come quelli in cui, all’interno del quadro, duplicato, specchiato e capovolto, sembra apparire una figura satanica, quella di Lucifero. Insomma, gli utenti si sono sbizzarriti per trovare messaggi subliminali. Ma la decisione di questo rosso acceso non è casuale: l’artista aveva dichiarato appunto che il colore “è stato ispirato dalle guardie gallesi”, ma anche per rebnderlo “un po’ più contemporaneo”. Tra le opere più celebri dell’artista realizzati in precedenza, compare il ritratto del 43esimo presidente degli States George W. Bush, realizzato dall’artista utilizzando pezzi di riviste pornografiche per creare il volto, il ritratto del collega Damien Hirst realizzato nel 2013, il ritratto della giovane Malala Yousafzai, un’attivista e blogger pakistana vincitrice del Premio Nobel per la pace, e molti altri.

Giugno, Tony Effe fa scandalo con Sesso e Samba

L’estate si preannuncia caldissima con l’uscita del singolo Sesso e samba di Tony Effe e della cantautrice italiana Gaia, che diviene in pochissimo tempo il tormentone dell’estate. Se da una parte la canzone porta Tony Effe agli allori come uno dei musicisti più quotati e più ascoltati della nuova ondata musicale italiana, cominciano a farsi sentire i primi distinguio e le prime polemiche, per i toni e i temi trattati dal cantante, spesso oltre il volgare e con punte di aperto sessismo che scatenano proteste da parte di molti, mettendo per una volta d’accordo la destra più bacchettona, le femministe e parte della sinistra. Si arriva così alla fine dell’anno con la decisione del sindaco di Roma Gualtieri prima di invitare, poi di escludere, Tony Effe dal Concerto di Capodanno in programma a Roma per inaugurare il nuovo dell’anno. Il risultato? Un contro-concerto all’Eur dello stesso Tony Effe, e una corsa degli organiuzzatori del Concertone per cercare di riparare al vuoto provocato dai molti artisti e colleghi che, dando sostegno a Tony, hanno nel frattempo rinunciato a partecipare al concerto oranizzato dal Comune. Insomma, un pasticcio. Forse le strofe di Tony Effe non saranno di buon gusto, ma certo l’idea che l’arte, per non essere censurata, debba sottostare alle leggi del politicamente corretto e della buona educazione, o che debba per forza portare “messaggi positivi” anziché raccontaree il linguaggio e la vita “vera” dei giovani e delle persone comuni, ha un sapore che speravamo appartenesse al passato. Se così fosse, dovremmo censurare anche Pasolini, Charles Bukowski, Hubert Selby jr, metà Beat Generation e tutta la schiera dei poeti maledetti? Il neopuritanesimo impazza.

26 luglio, Thomas Jolly scadalizza il mondo con la performance di inaugurazione delle Olimpiadi a Parigi

Come putroppo accade ormai sempre più di frequente, anche la performance Festivity di Thomas Jolly per l’apertura dei giochi olimpici di Parigi è passata nel giro di pochi giorni dal dileggio social al cyberbullismo violento. La performance, trasmessa in live il 26 luglio, mostrava infatti un baccanale con protagonisti drag queer: una performance tutto sommato mediocre e parecchio kitsch, che sarebbe forse passata inosservata se molti non avessero trovato il lavoro dell’artista blasfemo. Perché blasfema? Perché in molti hanno sottolineato l’accostamento tra la posizione degli attori e  la composizione dell’Ultima cena di Leonardo. Attaccato dall’estrema destra, oltre che dalla Conferenza episcopale francese e dell’arcivescovo di San Francisco, Thomas Jolly si è difeso così: “Non volevo essere sovversivo, né scioccare nessuno. Semplicemente, in Francia abbiamo il diritto di amarci, come vogliamo e con chi vogliamo”, ha detto, “abbiamo messo in scena semplicemente le idee repubblicane, di benevolenza e di inclusione”, negando qualsiasi accostamento con l’Ultima cena. Molti, nel frattempo, hanno ricordato che la fonte iconografica poteva semmai rintracciarsi nel quadro di Jan Harmensz van Bijlert del 1635, che rappresenta appunto un Festino degli dèi, con tanto di Dioniso in primo piano intento a mangiare dell’uva. Nulla di blasfemo, dunque, almeno per i cristiani. Al massimo, rischiava di offendere qualche seguace del neopaganesimo…

Agosto, Banksy apre la sua “campagna d’estate” con gli animali dello zoo in giro per Londra

È la mattina del 5 agosto quando il mondo dell’arte si sveglia con una nuova iniziativa dello street artist più famoso del mondo: si tratta dell’immagine di una capretta arrampicata su un pilastro di un edificio in disuso nell’area del Kew Bridge, a Richmond, nella zona sud-ovest di Londra. Inizia così la campagna d’estate di Banksy a tema “animalier”, che proseguirà per altri sette giorni, fino al 13 agosto, trasformando Londra in una galleria a cielo aperto. Il ciclo, iniziato con la capra in bilico su una colonna di un edificio, continua il giorno successivo con due elefanti che si salutano con la proboscide da finestre vicine, quindi da tre scimmiette, che si dondolano sul ponte di una stazione della metropolitana nell’East London. L’artista prosegue con un lupo che ulula verso una luna gigante sopra la serranda di un negozio abbandonato, dipinto all’interno di una parabola satellitare dalla forma rotonda, che nel giro di poche ore, come nella perfetta sceneggiatura di un film noir, viene rubato da due ragazzi incappucciati sotto gli occhi esterrefatti dei passanti. Ecco poi il sesto murale, con due pellicani che si nutrono sopra un fish bar. Il 10 agosto è invece la violta di un gatto che si stiracchia su un cartellone pubblicitario inutilizzato, mentre l’11 agosto una postazione della polizia londinese viene trasformata in un acquario, con gli specchi trasfiormati in pareti di vetro. Ecco poi un rinoceronte in atteggiamento eccitato mentre monta una Nissan Micra grigia, impolverata e parcheggiata, con un cono stradale sul cofano che richiama il corno dell’animale, e, l’ultimo giorno, l’happy end: un gorilla che libera foche e uccelli all’ingresso dello zoo di Londra.

Settembre, l’Arte Povera a Parigi

Che l’Arte povera sia forse l’ultimo movimento d’avanguardia della modernità, è cosa difficilmente contestabile. Poco dopo venne la Transavanguardia, ma, già dal nome, si capì che apparteneva a una nuova era, quella della fine delle avanguardie e dell’inizio del postmoderno. Apertasi, sebbene ancora senza una codificazione precisa, nel giugno 1967 con la mostra Fuoco Immagine Acqua Terra alla galleria romana di Fabio Sargentini, l’Arte Povera portò per la prima volta al centro del dibattito artistico elementi naturali e vivi, trasformando radicalmente il rapporto tra arte e spazio espositivo. Quattro mesi dopo, Germano Celant formalizzò questo movimento con la mostra Arte Povera – IM-Spazio a Genova e il manifesto teorico “Appunti per una guerriglia”. Il movimento si affermò rapidamente con opere che sfidavano il predominio della società dei mass media e il consumismo postbellico, opponendosi così all’astrazione e alla Pop Art americana. Il movimento ridefinì il rapporto tra artista, spazio e mondo, aprendo la strada all’arte installativa come oggi la conosciamo. Ecco che, a quasi 60 anni dalla sua nascita, La Bourse de Commerce di Parigi, sede della collezione Pinault, ha celebrato questo movimento con una bella e ampia mostra, curata da Carolyn Christov-Bakargiev e con la direzione di Emma Lavigne, direttrice appunto della Collezione Pinault. L’esposizione ha riunito 13 protagonisti dell’Arte Povera, tra cui Anselmo, Boetti, Fabro, Kounellis, Pascali e Pistoletto, in una retrospettiva che lega passato e presente. Dopo tante e tante e tante (forse troppe) celebrazioni a volte un po’ troppo di maniera, l’ottima e ben curata mostra di Parigi sembra mettere un punto fermo sulla storia di questo movimento.

31 Ottobre, prima opera creata da un robot umanoide all’asta da Sotheby’s

Per la prima volta nella storia, il 31 ottobre 2024 Sotheby’s a Londra, durante la Digital Art Sale, ha messo all’asta un’opera d’arte creata da un robot umanoide intitolata AI God. il dipinto, realizzato da Ai-Da, un robot sviluppato per creare arte utilizzando l’intelligenza artificiale, ritrae Alan Turing, una delle figure più importanti mondo dell’informatica. Venduta per ben 1milione di dollari, l’opera ha segnato un momento storico nell’evoluzione dell’arte contemporanea (assieme alla “banana” di Cattelan). Ai-Da, il primo robot “artista” ultra realistico e con l’utilizzo delle telecamere nei suoi occhi, algoritmi di intelligenza artificiale e del suo braccio robotico, è riuscito a creare l’inimmaginabile, quello che per noi fino a poco tempo fa credevamo essere solo fantascienza. “Mi piace dipingere ciò che vedo”, ha spiegato il robot: “puoi dipingere con l’immaginazione, suppongo, se hai immaginazione. Ho visto cose diverse dagli umani perché non ho coscienza”.

20 Novembre, la banana di Cattelan venduta da Sotheby’s per 6,2 milioni

Non può che essere lui, Maurizio Cattelan, uno dei grandi protagonisti, o forse il più grande, dell’anno per quanto riguarda l’arte contemporanea, ma anche per il senso di radicale cambiamento che caratterizza questo epocale passaggio di boa. La sua opera Comedian, più nota semplicemente come “la banana di Cattelan“, venduta per 6,2 milioni di dollari da Sotheby’s a New York, come Tra smaterizzazione dell’oggetto-arte, perdita di qualsiasi senso apparente al di fuori della sua “viralizzazione” e mediatizzazione, spostamento dell’attenzione dal valore intrinseco del manufatto artistico alla pura idea che lo sottende, e ancora rapporto tra denaro fisico e denaro virtuale (non dimentichiamo che a comprarla è stato Justin Sun, imprenditore cinese nel settore delle crypto e fondatore della piattaforma blockchain TRON). Che abbia discutere, lasciando alcuni sbigottiti, altri increduli, altri ancora contrariati, è un fatto incontrovertibile. Che sia diventata nel giro di pochissimo tempo virale, con il consueto contorno di meme, di parodie e di prese in giro, è altrettanto indiscutibile. Certamente Comedian, la “banana” di Maurizio Cattelan ha creato uno scompiglio non solo nel mondo dell’arte e della cultura, ma in generale nell’universo del web e della comunicazione diffusa, come non si vedeva da decenni. Eterno enfant prodige dell’arte contemporanea italiana, genio indiscusso delle dinamiche del contemporaneo e delle strategie di comunicazione della nuova estetica diffusa, Cattelan ha fatto centro un’altra volta, mettendo il dito sui punti nevralgici di questo passaggio epocale.

Dicembre, il bacio fake tra Meloni e Musk: l’anno si chiude col trionfo della AI

L’anno dell’Intelligenza Artificiale e della post-realtà non poteva che chiudersi all’insegna dell’Intelligenza Artificiale. Un video che ha fatto il giro sul web mostra infatti la sorprendente evoluzione dell’AI e la sua capacità di radicardi nell’immaginario collettivo: nella clip, di appena 10 secondi, appare infatti l’amministratore delegato di Tesla e X, il controverso imprenditore (nonchè uomo più ricco del pianeta) Elon Musk, assieme alla Premier italiana Giorgia Meloni: e fin qui non ci saerebbe niente di strano. Se non che, poco dopo, ecco arrivare un… inaspettato bacio più che passionale tra i due. Questa scena esilarante è stata condivisa milioni di volte sulla piattaforma X e su Instagram da milioni di utenti ed è dunque per questa ragione che la data di pubblicazione del video è ignota; l’unica cosa certa è che la clip è stata generata in seguito dell’incontro tra i due, avvenuto per la riapertura della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, a cui era presente anche il futuro presidente degli Stati Uniti Trump. Insomma, se il 2024 possiamo dire che si sia aperto e chiuso all’insegna della AI, il 2025 segnerà dunque il suo definitivo trionfo… sull’intellingenza umana?

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