In fondo al pozzo. Nell’osceno “giorno dell’onore” neonazi in Ungheria, Zerocalcare ripercorre il dramma di Ilaria Salis

Oggi in Ungheria si celebra il “Giorno dell’Orrore”, sì, perché non si può chiamare altrimenti il raduno nazista che si tiene ogni anno a Budapest. “Il giorno dell’onore” lo chiamano, giornata nella quale si celebrano le truppe con la divisa nazista, quelle tra le quali c’erano molti ungheresi, quelle delle quali troppi ungheresi ancora non si vergognano.

Il Giorno dell’onore è un anniversario legato alle vicende della Seconda Guerra Mondiale, ma non è una ricorrenza ufficiale. La data è quella dell’11 febbraio, il luogo è Budapest. Per ricordare il giorno in cui le truppe di Hitler nel 1945 provarono a rompere l’assedio dell’Armata Rossa, dunque, arrivano a Budapest ogni anno nella capitale ungherese gruppi di estremisti, di nostalgici e di fanatici italiani, francesi, tedeschi, scandinavi, balcanici, richiamati e intruppati in manifestazioni non sempre autorizzate, ma ampiamente tollerate e in certi casi anche finanziate dal regime di Orbán, il leader populista e autoritario che ha fatto dell’antieuropeismo, della xenofobia e dell’antisemitismo i suoi cavalli di battaglia. Manifestazioni frequentate da gente che se ne va in giro vestita tranquillamente in divisa nazista, che urla slogan razzisti, fa discorsi dichiaratamente antisemiti e negazionisti. Gente, è il caso di dirlo, pericolosa, non banali e innocui nostalgici: basti dire che proprio a Budapest, tra il 2008 e il 2009, furono perpetrati numerosi assalti con pistole, granate e bombe molotov alla comunità rom da parte degli stessi militanti neonazisti che sfilano annualmente per la città, assalti che provocarono la morte di sei persone, tra cui un bambino di 5 anni.

Com’è noto, esattamente un anno fa, l’11 febbraio del 2023, Ilaria Salis, militante antifascista e maestra elementare, viene arrestata con l’accusa di aver aggredito militanti neonazisti a questa manifestazione. Ilaria faceva parte di quelle ancora troppo poche persone che arrivano da tutta Europa per opporsi all’orda neonazista che da ogni dove arriva in Ungheria in occasione della giornata dell’onore.

Poche settimane fa, la militante italiana è comparsa in aula a Budapest per partecipare alla prima udienza del processo, dove rischia una condanna pesantissima (16 anni per un’aggressione che ha causato a un militante neonazi contusioni guaribili in 5 giorni): è comparsa ammanettata mani e piedi, in palese violazione dei suoi diritti di detenuta in attesa di giudizio, raccontando di una prigionia terrificante, tra isolamento, trattamenti inumani e umilianti, topi e scarafaggi ovunque. In questi giorni, poi, all’avvicinarsi della ricorrenza della giornata “dell’onore” neonazi, la maestra italiana è stata oggetto di insulti, non solo dall’uomo della strada, manipolato da una propaganda ultraconservatrice martellante, ma addirittura da parte del direttore di un quotidiano, Laszlo Szentesi, che dalle pagine del suo giornale ultraconservatore ha detto: “fino a cento anni fa una persona come lei sarebbe stata lapidata. Noi invece le faremo un regolare processo. Qui qualsiasi spazzatura ha diritto a difendere sé stessa davanti alla legge.” Non c’è insomma limite al peggio in Ungheria, qui si tocca il fondo: è il baratro della civiltà, non solo giuridica e politica, ma anche umana. Lo testimonia un osceno manifesto, comparso pochi giorni fa sui sempre muri di Budapest, in cui si vede la militante antifa italiana impiccata – proprio come è accaduto ai tanti partigiani e oppositori antifascisti un’ottantina di anni fa.

Oggi, a ricordare l’allucinante vicenda del cosiddetto “giorno dell’onore” e della prigionia di Ilaria, è “sceso in campo” Zerocalcare, il fumettista romano che è spesso in prima fila in molte battaglie civili e politiche: il quale, dalle pagine di “Internazionale”, ha detto la sua su questo tema, ripercorrendo le tappe dell’allucinante vicenda di cui è vittima Ilaria Salis.

Il titolo del fumetto è In fondo al pozzo – una storia di nazisti, galera e responsabilità (la storia è stata resa disponibile online gratuitamente e si può scaricare da questo link, ndr). Il fumettista italiano parte disegnando sé stesso a Budapest, in Ungheria, in occasione di un Festival del fumetto, dove comincia a chiacchierare con un po’ di ragazzi e ragazze, suoi fans, che gli raccontano cosa succede a Budapest “in quei giorni”: “quei giorni”, spiega il fumettista, sono proprio “quelli intorno all’11 febbraio”, quando appunto da tutt’Europa calano a Budapest migliaia di nostalgici e di fanatici neonazi, e dove le persone che possono essere oggetto di aggressione – per esempio i ragazzi con la pelle scura – vengono invitati dalle fidanzate “a stare a casa”, per non rischiare di essere aggrediti. Ed è proprio lì che inizia tutto, l’11 febbraio del 2023, il “giorno dell’onore” appunto, quando gruppi di nazisti di tutta Europa – “Se pò dì almeno che questi so’ nazisti?”, si chiede polemicamente il fumettista – “scendono” a Budapest e sfilano per le vie della città.

Il gruppo principale che organizza la marcia è Legio Hungaria, “un’organizzazione suoprematista bianca antisemita”, raccont

a Zerocalcare, che “organizza la conferenza dei difensori della razza” (“ma che devono fa’ de più?”, si chiede il fumettista, “i pogrom a caccia di ebrei? Ao, fanno pure quelli!”, come nel 2019, “quando hanno assaltato un centro culturale ebraico al grido di Juden Raus”.). Insieme ad altre realtà dell’estrema destra (come gli Hammerskin, Blood & Honour, Nordic Resistance, “gruppi italiani, francesi, tedeschi, scandinavi, balcanici”, annota il fumettista, “che hanno all’attivo centinaia di aggressioni, a volte omicidi, contro stranieri, omossessuali e minoranze”), sono loro i maggiori responsabili della parata dell’11 febbraio, oltre di organizzare concerti nazi-rock, rievocazioni storiche con gente vestita da SS, ed altro, con la complicità e la benevola tolleranza del potere politico (“L’organizzatore”, annota sempre Zerocalcare, “è il genero del Presidente del Parlamento, pensa”).

Per capire meglio quello che succede in Ungheria in quei giorni, Zerocalcare chiede anche ad una ragazza italiana in Erasmus: “Quanto so significativi ‘sti gruppi? – “Allora, elettoralmente poco”, risponde la ragazza: “Orbán si è progressivamente magnato tutto”. Ma è “il rapporto di questi gruppi col potere che è ambiguo, ambiguità che attraversa tutte le attività collaterali al giorno dell’onore”. Aggressioni, intimidazioni, una “presa di possesso” della città da parte dei neonazisti che fa venire i brividi, e tutto con la blanda tolleranza e la complicità delle autorità.

Come scrive il fumettista romano, però, “l’11 febbraio del 2023 la paura cambia campo”: arrivano infatti le contromanifestazioni al corteo nazista, giovani da tutt’Europa che vengono a opporsi a questa dimostrazione di forza del peggior rigurgito del Novecento. Ma la situazione assurda vede chi si è schierato dalla parte giusta della storia venire inghiottito dal buco nero del sistema penitenziario ungherese: tirata giù da un taxi perché sospettata di aver partecipato alle contromanifestazioni contro i nazisti, la maestra italiana Ilaria Salis viene imprigionata e rimane per mesi in isolamento, in una cella stretta, tra topi, cimici e mancanza di servizi essenziali.

Zerocalcare, con il suo stile ironico e tagliente, cerca di far luce su questa vicenda, mettendo in evidenza le contraddizioni e le responsabilità del sistema giudiziario ungherese, ma anche le complicità e le omissioni del governo italiano. Non si limita a raccontare i fatti, ma li inquadra nel contesto politico e sociale dell’Ungheria, governata da Orbán. In una legislazione di emergenza che porta i militanti che hanno semplicemente partecipato alle manifestazioni anti-naziste ad essere accusati di complicità con organizzazioni che il regime di Orbán considera “criminali”, senza alcuna prova né evidenza che ci sia stata alcuna reale partcipazione ad alcuna organizzazione; quanto a Ilaria, sottolinea Zerocalcare, “manco li conosce i coimputati”, ma “il fatto stesso che il reato saerebbe stato commesso nell’ambito di quell’organizzazione, qualsiasi cosa voglia dire, è sufficiente a far scattare le aggravanti”: in quanto “l‘associazione è un costrutto giudiziario servito a colpire più duramente gli imputati”, “e farli rispondere di tutti gli episodi, anche quelli scollegati tra loro e dove nessuno era stato identificato”: “non importa chi ha svolto un ruiolo attivo, chi era solo presente ai fatti. Tutto uguale, tutti la stessa cosa”: “una specie di labirinto“, conclude il fumettista, “costruito per fare in modo che alla fine davanti a te trovi sempre un pozzo”.

In fondo al pozzo del sistema penale ungherese ci finisce anche un amico di Ilaria, un attivista antifascista tedesco, Tobi. Chi si è schierato contro il montante neonazismo, invece di ricevere un riconoscimento, si trova addosso un sistema giudiziario repressivo e degradante. Zerocalcare invita a riflettere sul prendere posizione e sulla responsabilità: “chi ha deciso di fronteggaire i nazisti a Budapest un anno fa, ha fatto una scelta. Ognuno l’ha fatto a modo suo, e può essere discusso. Con qualcuno ci sentiremo più affini, con altri meno. Ma per me so’ tutti fratelli e sorelle miei. Perché si sono tutti fatti carico di una responsabilità”, e “chi percepisce questa responsabilità, in qualsiasi modo, merita rispetto”.

In questo clima avvelenato, invece, chi è andato a quella contromanifestazione è stato demonizzato, imprigionato, vilipeso: sono diventati tutti “Nemici Pubblici“, mostri da sbattere in prima pagina. Una deriva fanatica e violenta, che non guarda davvero che cosa sia stato fatto o non fatto, ma crea solo nemici, bersagli, criminali. Una questione che oggi ci riguarda tutti, perché la democrazia, i diritti e la libertà non sono mai scontati, ma vanno difesi e conquistati ogni giorno. In fondo al pozzo è una storia che merita di essere letta, condivisa e diffusa, perché non si può continuare a stare in silenzio di fronte al rovesciamento della verità e alle ingiustizie.

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