Khalid Albaih. La stagione della migrazione a Nord è la prima mostra personale in Italia di Khalid Albaih, artista sudanese di origine e attivista, noto per le sue opere dissidenti e i suoi commenti politici disseminati online. L’esposizione, ospitata al Museo di Santa Giulia di Brescia e curata da Elettra Stamboulis, si inserisce nell’ambito del Festival della Pace e sarà visitabile dal 9 novembre 2024 al 23 febbraio 2025. Essa prosegue l’impegno della Fondazione Brescia Musei nel trattare temi legati ai diritti umani attraverso l’arte contemporanea, ospitando artisti internazionali come voce di un’espressione critica e incisiva sulla società e i suoi conflitti.
Il titolo della mostra si ispira al romanzo omonimo dello scrittore sudanese Tayeb Salih, un’opera simbolo della letteratura postcoloniale africana che esplora la migrazione come atto fisico e culturale. Attraverso un percorso articolato in quattro sezioni tematiche, Khalid Albaih intreccia storie di identità, migrazione e resistenza, riflettendo su temi legati alla perdita e alla memoria e trasformando la propria esperienza di artista migrante in una narrazione visiva.
La stagione della casa è la prima sezione, e pone al centro l’identità e le origini. La grande installazione Toub, realizzata in collaborazione con l’artista sudanese Khalid Shatta, riporta al vissuto personale dell’artista, alla casa di famiglia in Sudan ormai distrutta, e invita a riflettere sulle migrazioni forzate che segnano la vita di molte donne sudanesi. Haboba rappresenta, invece, la figura della nonna, ritratta come emblema della trasmissione culturale e delle radici. Collaborando con gli artisti Marcello Gobbi e Davide Sforzini, Albaih presenta una scultura morbida e simbolica, posta su un angareeb (il letto nubiano che accompagna la vita sudanese dalla nascita alla morte), come simbolo di continuità e forza.
Segue La stagione della matita acuminata, sezione dedicata ai disegni politici che hanno portato Albaih a essere noto come “Khartoon!” sui social, unendo le parole “cartoon” e “Khartoum”. Le sue vignette, semplici e dirette, spaziano dalla Primavera araba del 2011 alle proteste in Sudan, divenendo virali per la loro capacità di sintesi critica. La diffusione dei suoi disegni online lo ha reso bersaglio delle autorità sudanesi, impedendogli il rientro nel Paese e facendone una figura chiave dell’attivismo digitale.
La terza sezione, La stagione dell’attraversamento dei confini, affronta il tema della migrazione attraverso l’installazione Camp, in cui Albaih racconta l’esperienza dei migranti attraverso tende realizzate a forma di passaporti, ognuno simbolo di un viaggio e di una storia individuale. Le voci di sei migranti residenti a Brescia, provenienti da paesi come Afghanistan e Senegal, narrano la loro odissea per giungere in Italia. L’installazione Bahr (mare) esplora invece la lotta per attraversare il Mediterraneo, riportando la cruda realtà di chi cerca di superare i confini europei attraverso video registrati da migranti e soccorritori.
L’esposizione culmina con La stagione dell’agire artistico come possibilità di cambiamento, una sezione dedicata all’attivismo culturale di Albaih e alla sua opera collettiva Sudan Retold. Curato in collaborazione con il Goethe-Institut, questo volume raccoglie le visioni di 31 artisti sudanesi su storia e futuro del Sudan, dando voce a narrazioni alternative e indipendenti che sfidano le rappresentazioni convenzionali. Il video The Story of Civil Rights is Unfinished, che documenta un viaggio di Albaih negli Stati Uniti per esplorare i diritti civili, mette in luce le connessioni tra le lotte per la giustizia sociale in America e le proteste nel mondo arabo, rendendo esplicito il carattere universale della sua ricerca artistica.
La Fondazione Brescia Musei, oltre alla mostra, ha organizzato una serie di eventi pubblici, tra cui un ciclo di incontri e visite guidate e una “Carta bianca” al Cinema Nuovo Eden, dove Albaih propone quattro film sulla resilienza e l’identità. Il catalogo edito da Skira documenta l’esposizione, presentando i testi della curatrice e un contributo dello stesso artista, insieme a una audioguida che permette al visitatore di seguire il percorso espositivo in modo autonomo.
Con questa iniziativa, Brescia rinnova il suo impegno a favore dei diritti umani, accogliendo l’arte di Khalid Albaih come simbolo di una lotta culturale che attraversa confini e barriere, creando un dialogo tra comunità diverse e offrendo una riflessione profonda sul significato di appartenenza e sulle radici che ogni migrante lascia, e porta, con sé.