La realtà alienante nelle tele di Yann Leto

È stata inaugurata lo scorso venerdì 21 giugno, presso la Galleria Andrea Festa Fine Art di Roma, la nuova personale di Yann Leto “Those That Watch,Those That Know” a cura di Andrea Festa.

Yann Leto è un artista francese attualmente residente a Roma. Il suo curriculum annovera numerose collaborazioni con importanti gallerie e i suoi lavori sono presenti in collezioni come il MoMA di San Francisco, Benetton Foundation o CAC di Malaga. Solitamente si esprime grazie al linguaggio pittorico ma non disdegna le installazioni. La sua pittura è densa, dettagliata. Ciò che Leto ricrea è un vero e proprio collage, dove elementi tipografici convivono e dialogano apertamente con elementi classici e moderni. Non si può non scorgere la sua inclinazione a citare alcuni tra i più grandi maestri del passato, dal Romanticismo a Francis Bacon, cui l’artista è chiaramente ispirato.

Entrando nello spazio espositivo siamo accolti da un tripudio di blu che ci avvolge completamente. Le opere spiccano nell’oscurità, ma la loro è una luce anch’essa “oscura”. Le atmosfere sono cupe, ci tengono attaccati a loro, ci sovrastano e non possiamo fare altro che assecondarle.

Il tema di fondo dell’intera esposizione è la solitudine dell’essere umano. In un mondo sempre più veloce, dove siamo tutti uniti grazie al miracolo della connessione, dove tutti partecipiamo, volenti o nolenti, alla vita degli altri e ci sentiamo parte integrante di un tutto che funziona e va avanti senza sosta, il rischio è quello, paradossale, di essere soli. Soli con le nostre interiorità, con i nostri dubbi, desideri, paure e aspirazioni. La parte di noi che giunge subito all’altro è quella fittizia, quella che sta in superficie, quella che tutti possono scorgere. La nostra parte più profonda, vera, insostituibile perché “nostra” e intima,  quella che, in una parola, può essere definita come la nostra essenza, quella che in pochi hanno l’opportunità e la fortuna di poter accogliere, resta silente, sopita all’interno del nostro Io.

Non tutti riescono però a fare questa distinzione. L’essere umano viene spesso travolto, soggiogato da un sistema che prevede un contatto diretto continuo. Essere online, però, non significa essere presenti. Essere presenti con cuore e mente nello stesso tempo, è un’altra cosa. 

È questa la realtà che Yann Leto ricrea magistralmente nelle sue tele. Dalle figure prive di emozioni assorte nel guardare la tv ritratte in Breaking News, a quelle apatiche, riportate alla realtà da improrogabili impegni quotidiani di La fine della giornata; ogni opera è carica di pesantezza, è pervasa da un forte senso di irrealtà e lontananza emotiva.

Ciò che però salta agli occhi è anche il senso di speranza presente in ogni lavoro. Esattamente come accade nella vita, la luce è difficile da scorgere, ma c’è. C’è ed è più forte del buio, della disfatta e della sopraffazione. Lo capiamo dagli innumerevoli simboli che Yann Leto inserisce nelle sue tele o da quel perfetto uso di colori e ombre che ora mettono in risalto i vinti e ora i vincitori. “I miei personaggi”, ha detto l’artista in un’intervista, “spesso sono clown malformati e distorti… Abitano una realtà parallela, che rappresenta frattalmente la nostra. I miei personaggi stanno cercando di ritagliarsi un posto in questa società complessa. Così, mi piace pensare alla mia pittura come ad un luogo piacevole e accogliente in cui far vivere i miei personaggi, tuttavia sono consapevole che l’aspetto psicologico a volte è così carico da diventare un po’ opprimente…”.

A un primo sguardo, i dettagli positivi sembrano sfuggirci, non diamo loro importanza, come se il resto, la solitudine, la tristezza e l’apatia avessero la meglio. Sta allo spettatore conferire un alito di positività a ciò che vede. Sta al singolo la possibilità di salvarsi e salvare. Di aprire le braccia all’altro, di accettare e di dare un senso alla bellezza che lo circonda, di dire sì alla vita. “Theodor Adorno una volta scrisse che l’arte è un crimine non commesso”, ha detto ancora l’artista, “ma contrariamente alla violenza presente nella società, l’arte è anche curativa. Secondo Joseph Beuys, l’arte può trasformare la società e cambiare il mondo da malato a sano”. Forse è proprio questo l’effetto dei quadri di Yann Leto, quello di aiutarci a liberarci dalle nostre ossessioni.

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