L’artista napoletano Sergio Fermariello, esporrà ancora per qualche giorno, fino al 15 di giugno, presso gli spazi dello Studio Trisorio, all’interno del cortile grande del seicentesco Palazzo Ulloa di Lauria adiacente alla Villa Comunale, sulla Riviera di Chiaia.
L‘esposizione conta 6 opere di dimensione medio/grande, in cui la forza espressiva nell’incisiva profondità delle linee, richiama all’attenzione immediata l’occhio indagatore, nel tentativo di riconoscerne le tecniche utilizzate.Le piatte cromie primarie producono le giuste radiazioni elettromagnetiche stimolando le cellule coniche dell’occhio e il gioco è fatto. Si resta inevitabilmente catturati.
Le installazioni composte da materiali plastici che sporgono di circa una ventina di centimetri dalle pareti, sembrano tele ma sono montaggi polimaterici, composti da più pannelli le cui forme irregolari, ma perfettamente sagomate, concretizzano le linee del disegno.Il pennello è stato sostituito dal laser che incide la superficie N° 1 colorata e posizionata in primo piano rispetto la superficie N° 2 nera sottostante, in tal modo il segno viene percepito come nero profondo, materia oscura ignota.
La profondità del segno è quindi dovuta alla reale profondità del pannello nero, rispetto alla superficie intagliata in primo piano.
Questo gioco di livelli, sprona a guardare con maggiore confidenza dentro la linea, tra la crepe, indagando l’ignoto, la materia non materia fatta di assenza e presenza, di pieno e vuoto, ma la funzione antiriflesso del nero, contrario dello specchio riflettente e della conoscenza, determina un senso di inafferrabilità, una dichiarazione di inesistenza dentro la forma luminosa e cromatica in primo piano, quasi una scelta di icasticità della forma primitiva e vibrante, oltre la quale non c’è nulla. Non ci resta che osservarne l’esterno brillante.
Fermariello, artista multimaterico ed eclettico, in una video-installazione tutt’ora esposta presso la Fondazione Made in Cloister di Napoli, in occasione della biennale Interaction curata da Demetrio Paparoni, dal titolo Avviso ai naviganti, costringe il fruitore ad uno sguardo scomodo, in posizione zenitale, rivolto al soffitto e nel video fa muovere, tra le correnti marine, quelle che sembrano sagome di figure primitive, tracciate con segni semplici, durante un naufragio.
La sua vocazione per la sperimentazione materica è una dichiarazione di appartenenza alla generazione che ha dato il via ai linguaggi ultra-contemporanei, e alla totale apertura nei confronti dell’evoluzione tecnologica e che vanno di pari passo alla sensibilità verso le tematiche sociali, al problema del comportamento umano.
Del resto Fermariello proviene da quella cultura Pop ben coltivata da Lucio Amelio nella Napoli degli anni 80, ricca di variabili e intrisa di materia del mondo reale, in cui tutto serve per la rappresentazione.
Una volta rotti gli indugi ed indagata la materia, la rappresentazione si dispiega con le sembianze archetipiche di un geroglifico, in cui gli elementi segnici essenziali della “i” e della “o” invitano ad un’interpretazione formale semplice, e in cui la “i” rappresenta la lancia, forma aperta, e la “o” lo scudo, forma chiusa, oggetti di guerra, difesa e deterrenza, di fatto argomenti attuali.
Il progetto di Fermariello della reiterazione spaziale del segno tribale, con ritmo ordinato e organizzato, evidenziano la necessità di creare un Alfabeto antropomorfo concreto, del quale troviamo una definitiva consacrazione su una superficie quadrata di 150 x 150 cm che simula la rocciosa materia di una lastra calcarea, come una stele ritrovata in un immaginario scavo archeologico mediterraneo.
Un codice preistorico da decifrare nei piccoli graffi bianchi, che trascrivono probabilmente un messaggio primitivo a qualche divinità della guerra, la narrazione di un conflitto storico, o semplicemente trasmettono tecniche di difesa da probabili attacchi di entità esterne, per le generazioni a venire.
Lo stesso messaggio che ritroviamo ingrandito nelle cromatiche rappresentazioni plastiche, in cui sono raffigurati momenti che precedono una battaglia tribale. Si rivelano d’un tratto i cavalli e i guerrieri muniti di arco e freccia, lance e scudi Maasai.Nella sintesi della forma di tutta l’opera di Fermariello, riconosciamo l’attitudine utilizzata in diverse epoche del periodo contemporaneo dal secondo dopoguerra.
La semplificazione del segno fu una caratteristica tipica dell’Art Brut, ma qui l’aspetto sgraziato del post-bellico e del post-informale viene corretto ed educato ad un comportamento maggiormente decorativo e ultra-contemporaneo, mediante la reiterazione del segno che genera pattern che si ripropongono all’infinito, assurgendo ad una funzione simbolica.
Per altri versi, il racconto tramite forme semplici, è input per divagazioni sull’espressionismo astratto, viene alla memoria in tal senso parte del lavoro fatto dall’artista americano Cy Towmbly, con i grandi cicli pittorici come l’imponente serie della battaglia di Lepanto, conservata al Museum Brandhorst di Monaco, in cui il racconto si dispiega su diverse superfici affiancate e di grandi dimensioni, campiture tenui tendenti al monocromo su cui forme elementari come barche in mare, procedono la loro navigazione che da apparentemente tranquilla, diventa terrificante e sanguinaria. A Lepanto, nello scontro tra Cristiani e Ottomani, morirono in 5 ore circa 40.000 uomini.
Come per le tavole dell’artista americano, in Fermariello l’elemento primitivo sembra ricordare che lo sfoggio di potenza bellica sia in realtà una discendenza tribale, proveniente da ambienti primitivi, in cui la comunicazione è ridotta ai minimi termini. Lo fa tramite la grazia della decorazione, valorizzando il segno, dandogli compostezza e forza dirompente, tramite piatte iper-cromie che dichiarano appartenenza al suo tempo.