Le dame, i generali, gli ultracorpi e non solo: Baj e i suoi personaggi a Palazzo Reale

Si apre con la Apocalisse la mostra di Enrico Baj a Palazzo Reale di Milano, una retrospettiva antologica fra critica, poetica e impegno sociale che porta in mostra cinquanta opere del poliedrico artista.

Enrico Baj 1964

A rendere più potente la visione dell’allestimento pensato come una scenografia le parole di amici scrittori e poeti. Tra questi la poesia di Edoardo Sanguinetti è quella che meglio incarna l’arte di Baj.

Infatti, Baj lo aveva invitato a contribuire alla mostra “Apocalisse” che stava allestendo allo Studio Marconi di Milano, Sanguineti accettò e all’inaugurazione del 1982 distribuì su foglietti variamente colorati 21 poesie, una per ogni lettera dell’alfabeto, una per foglietto. I testi esprimevano con le parole, forse è meglio dire con i suoni, il degrado, la sofferenza, la morte, l’apocalisse che il pittore aveva rappresentato mediante immagini e colori.

anime amiche all’aspro astro afroditico,
abnepoti dell’albero adamitico,
audite le mie antifone acide & ascetiche,
anche di angui & di anguille arcialfabetiche:
apro abissi di aleppi apocalittiche,
ansimo ansie di angosce & di asme asfittiche:
adattatemi auricole atte & attente,
annunzio un acre, acerrimo accidente:

Apocalisse di <em>Enrico Baj a Palazzo Reale di Milano Ph Lorenzo Palmieri<em>

Si procede poi con il passo di un pellegrinaggio laico, verso un’opera bizzarra, patafisica come tutte quelle di Baj, ma dotata di una solennità perfetta per trasmettere il contenuto. Funerali dell’anarchico Pinelli, tre metri di altezza e dodici di larghezza ha come fulcro la figura dello stesso anarchico che giganteggia al centro precipitando dall’alto. Sopra di lui, mani protese che lo scagliano dalla finestra, o alcune, quelle dei cittadini, le nostre, che cercano di trattenerlo. Alla sua sinistra, la gente che assiste ai funerali, maschere intrise di dolore e di indignazione. Sul lato di destra, un’altra folla, sono i tipici Generali di Baj che qui rappresentano il potere costituito. La citazione di Guernica dichiara l’intento di inserirsi nella lunga tradizione della pittura di protesta civile.

<em>Funerali dellanarchico Pinelli di Enrico Baj a Palazzo Reale di Milano Ph Lorenzo Palmieri<em>

Il viaggio nel mondo di Enrico Baj è arricchito da luoghi, episodi, incontri, si intrecciano vita e arte, raccontato, come già detto, attraverso la voce dei grandi scrittori del Novecento che intrecciarono le loro parole con le sue immagini liriche. Da André Breton a Raymond Queneau, da Marcel Proust a Italo Calvino, da Edoardo Sanguineti a Umberto Eco. La letteratura fu una grande passione di Baj, a cento anni dalla nascita, il maestro, genio irriverente, anarchico scanzonato, artista patafisico, viene omaggiato dalla sua città in questa bellissima mostra.

I suoi personaggi sono entrati nell’immaginario comune, le Dame e i Generali, gli Ultracorpi, gli Specchi, i Mobili creature frutto dell’universo surrealista e fantascientifico di questo artista che si è servito dell’ironia e del grottesco per denunciare il conformismo borghese e schierarsi contro ogni forma di potere costituito.

Enrico Baj Vieni qua biondina

Sono dieci le sezioni tematiche, pensate come una quinta teatrale, della mostra, un gioco di specchi in un crescendo di forme e dimensioni fisiche delle opere monumentali, con soluzioni site-specific, come nel caso delle trecento sagome dell’Apocalisse oppure delle otto sculture della serie Meccano, disposte come un reggimento in parata.

Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera dopo la Seconda guerra mondiale, Baj aderì a numerosi movimenti artistici d’Avanguardia durante la sua vita, dai quali prese numerosi spunti per elaborare uno stile inconfondibile. Nella sua arte permane l’idea del riuso e dell’ assemblamento perseguita dagli artisti del Nuovo Realismo, l’irrazionalità tipica del Surrealismo, il concetto di eccezione introdotto dalla Patafisica e i concetti di anti-accademismo e di denuncia legati al Movimento Nucleare, del quale fu uno dei fondatori nel 1951. 

L’esposizione, curata da Chiara Gatti e Roberta Cerini Baj, promossa dal Comune di Milano-Cultura e realizzata da Palazzo Reale con Electa che durerà sino al 9 febbraio è una ricerca espressiva che dai primi anni ’50 arriva agli inizi del 2000.

Come ci ha raccontato Chiara Gatti (nell’intervista che trovate qua), “la mostra è un omaggio, a questo grande artista, che rappresenta anche uno spaccato della storia di Milano, dal secondo dopoguerra in avanti, di cui lui è stato interprete e assolutamente protagonista. L’esposizione è, quindi, un grandissimo racconto, è una sorta di apocalisse nella sua arte”.

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