Il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – inaugura la stagione espositiva della Project Room dell’anno 2024 con la mostra “Lynda Benglis e Properzia de’ Rossi: Sculpitrici di capriccioso e destrissimo ingegno”, a cura di Lorenzo Balbi, visitabile dal 26 gennaio al 24 maggio 2024. Presentata nell’ambito di ART CITY Bologna, la mostra è parte del variegato programma di esposizioni, eventi ed iniziative promosse dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera.
Il progetto espositivo intende esplorare epoche cronologicamente distanti per promuovere un inedito dialogo tra la scultrice Properzia de’ Rossi (Bologna, 1490 circa – 1530) e l’artista visiva Lynda Benglis (Lake Charles 1941). Unite dalla scultura, le due donne e artiste rappresentano dei simboli di affermazione femminile che hanno travolto l’ambiente artistico tramite la loro incredibile individualità creativa, imponendosi in un contesto lavorativo considerato prettamente maschile.
Non è casuale la scelta del titolo, che riprende una frase del Vasari, tratta dalla sua opera “Le Vite” e riferita a Properzia de’ Rossi ritenuta dall’autore la prima donna scultrice a meritare per il suo virtuosismo tecnico un posto all’interno della storia dell’arte. Emerse per capacità e determinazione, queste due artiste non solo sono un esempio di eleganza e abilità, ma anche di tenacia e costanza. Lontane dal punto di vista geografico e storico, di quasi cinque secoli, condividono l’approccio alla pratica artistica dichiaratamente in contrasto con i canoni e i modelli precostituiti.
In mostra è possibile ammirare una selezione contenuta, seppur oculata, capace di esplicare alla perfezione le caratteristiche stilistiche delle due scultrici accomunate da uno sguardo alla classicità e alle opere del primo rinascimento, oltre che dalla predilezione per linee sinuose. Similitudini evidenziate dall’accostamento di una serie di sette sculture in marmo di Lynda Benglis, realizzate tra il 2015 e il 2021 e provenienti da diverse collezioni italiane private, alla replica 3D della formella in marmo rappresentante l’episodio biblico Giuseppe e la moglie di Putifarre eseguita da Properzia de’ Rossi tra il 1525 e il 1526, il cui originale si trova nel Museo della Basilica di San Petronio. Le opere scultoree presentano superfici dall’aspetto morbido, quasi leggiadro, sebbene siano realizzate in marmo, materiale dal peso considerevole, su cui fluttuano luci e ombre che ne definiscono le forme senza mai irrigidirle.
La scena raffigurata da Properzia de’ Rossi fa parte del prestigioso apparato ornamentale del cantiere bolognese di San Petronio, lo stesso in cui lavoravano alle decorazioni marmoree dei portali e della facciata maestri come Niccolò Tribolo, Alfonso Lombardi e Amico Aspertini. Nella formella si riflettono l’animo intrepido dell’artista e la sua volontà di ribadire il diritto a presenziare tra i colleghi, non appare casuale la scelta di porre al centro della composizione Putifarre che domina la scena, mentre Giuseppe sembra fuggire intimorito dalla donna che afferra vigorosamente le sue vesti.
Come messo in luce già dal Vasari, la composizione restituisce un conflitto tra i sessi, dove appare dominante la figura femminile risaltata dall’abile chiaro scuro e dalla resa michelangiolesca. Ad accompagnare l’opera è difatti esposta anche una copia delle “Vite” aperta sulle pagine della biografia dell’artista, nelle quali è possibile leggere l’ammirazione per le doti della scultrice da parte dell’intellettuale aretino, seppur affiancata da una interpretazione pregiudizievole delle caratteristiche stilistiche delle sue opere. Difatti, il biografo descrive la potenza espressiva manifestata da Properzia come il frutto di una frustrazione più che di un’innata abilità tecnica e interpretativa.
L’atteggiamento sprezzante e rivoluzionario riscontrabile nell’operato della scultrice cinquecentesca si riflette nella biografia di Lynda Benglis, che fin dai suoi esordi ha sfidato i limiti sociali progredendo fino a diventare una pietra miliare dalla scultura contemporanea. Statunitense di origini greche, Lynda Benglis inizia la sua carriera negli anni Sessanta presentando opere estrose e colorate in chiara opposizione al dogmatismo del Minimalismo, movimento di punta al tempo, i cui principali esponenti sono stati Donald Judd e Robert Morris. Benglis plasma sculture che non hanno nulla in comune con la staticità e le forme rigorose predilette dai suoi colleghi e compatrioti, anzi le sue opere resistono a qualsiasi astrazione geometrica producendo forme in divenire, tornite, che celano una traccia antropomorfa richiamando i busti antichi senza mai copiarne del tutto le fattezze. Sono testimoni della sintesi tra natura e artificio e della costante trasformazione della materia.
Le opere presentate in mostra colpiscono per le brillanti sfumature cromatiche che non seguono la tendenza ad utilizzare solamente marmo bianco, frequente nell’arte a lei contemporanea per esempio nella produzione di artisti come Sol LeWitt, al contrario offrono una strabiliante ricchezza di spunti visuali esaltando la profondità delle pieghe, delle torsioni scolpite sulla superficie.
Ritroviamo uguale profondità di analisi e destrezza nella resa chiaro scurale nello “Stemma della famiglia Grassi con aquila bicipite”, in filigrana d’argento con inserti di noccioli di susina o albicocca intaglianti, proveniente dal Museo Medievale di Bologna e appositamente restaurato per l’occasione. Il prezioso reliquario presenta effigi di Sante e Apostoli finemente incise sui noccioli, perfetti esempi della grazia calligrafica e dell’abilità di Properzia che riesce a far emerge le figure con un rilievo accentuato seppur con un minuscolo scarto in profondità dei piani, instaurando un delicato equilibrio tra linguaggio classico e sperimentazioni formali di “maniera”.
La mostra “Lynda Benglis e Properzia de’ Rossi: Sculpitrici di capriccioso e destrissimo ingegno”, nata dalla collaborazione tra Settore Musei Civici Bologna, Settore Biblioteche e Welfare culturale del Comune di Bologna e Arcidiocesi di Bologna, rappresenta un ingegnoso modello di valorizzazione del patrimonio culturale che unisce passato e presente mirando a creare nuove intriganti narrazioni diacroniche capaci di affascinare dal punto di vista storico artistico, oltre a stimolare il dibattito su tematiche e problemi socio-culturali ancora attuali.
Per chi volesse approfondire il processo di realizzazione del progetto espositivo e la biografia di queste due magnifiche artiste è disponibile un catalogo edito da Silvana Editoriale in edizione bilingue italiano / inglese, con testi di Lorenzo Balbi, Vera Fortunati, Irene Graziani, David J. Getsy ed Eloisa Morra.